“Fuori fuoco”, la vita in cella raccontata senza filtri

di Valentina Stella Il Dubbio 18 luglio 2018

Presentato ieri a Roma, nel Palazzo dei Gruppi parlamentari, il docu film “‘ Fuori Fuoco” realizzato da Erminio Colanero, Rosario Danise, Thomas Fischer, Rachid Benbrik, Alessandro Riccardi e Slimane Tali, detenuti di massima sicurezza del carcere di Terni che per mesi hanno raccontato “senza filtri la vita, le emozioni e le speranze di chi conduce l’esperienza della detenzione”.

Prima della proiezione del docufilm, prodotto da Alba Produzioni, Rai Cinema e Casa Circondariale di Terni, con la sceneggiattura di Oreste Crisostomi e Ferdinando Vicentini Or- gnani, si è tenuto un dibattito, a cui hanno assistito anche alcuni detenuti protagonisti del film. Presente il presidente della Camera Roberto Fico che in questi giorni ha espresso le sue opinioni sulla questione del sistema penitenziario. A fare gli onori di casa l’onorevole Walter Verini: «Per me ha un senso battersi per un carcere umano. L’articolo 27 della Costituzione non è un optional. Rieducare un detenuto significa dare sicurezza ai cittadini perché vuol dire evitare la recidiva». L’onorevole Andrea Orlando, già ministro della Giustizia, ha dichiarato: «Questo docufilm non solo è utile per i detenuti ma soprattutto per la società perché la si costringe a guardarsi allo specchio. Il carcere è diventato un gigantesco alibi della società per cui i problemi si risolvono allontanando le persone colpevoli. Scaricare sul mostro è molto comodo per non guardare quella parte di mostro che è un po’ in tutti noi».

Sulla mancata approvazione dell’ordinamento penitenziario Orlando ha aggiunto: «Non mi rimprovero di non aver fatto tutto il possibile perché l’ho fat- to. Si possono anche perdere voti ma quello che non

bisogna mai perdere è il senso dell’umanità. Forse avrei dovuto pormi prima la domanda radicale che qualche giorno fa si è posta Beppe Grillo ossia se il carcere così come è concepito ha senso. La risposta è no. Un carcere che non da speranza è un carcere che non da sicurezza». Dopo di lui ha preso la parola Stefano Anastasìa, garante dei detenuti di Lazio e Umbria: «Questa produzione rappresenta una importante testimonianza di cosa è possibile fare nell’istituzione carceraria per combattere soprattutto i pregiudizi nei confronti delle persone detenute. La persona che ha commesso un reato non è solo il reato compiuto. Ha una storia e capacità che questo docufilm fanno emergere».

Per la dottoressa Chiara Pellegrini, direttrice della Casa circondariale di Terni, con questo film «abbiamo rotto un tabù, quello delle telecamere: di solito noi con le telecamere osserviamo i reclusi, con questo documentario invece le abbiamo messo liberamente in mano ai detenuti affinché potessero raccontare la loro quotidianità liberamente». La conclusione è stata affidata ai due detenuti autori del docufilm: «Non è stato facile per noi toglierci la maschera di una vita condotta fuori dalla legalità ma grazie a questa esperienza abbiamo capito che qualcosa di buono si può trarre anche da noi. Tutti devono avere la possibilità di redimersi».

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