Divorzio, Cassazione: "L'assegno va calcolato in base alla storia familiare e al contributo dato da entrambi coniugi"

di Valentina Stella Il Meridione 12 luglio 2018

Una sentenza della Corte di Cassazione ribalta il criterio per concedere l'assegno di divorzio, che andrà valutato in base a un "criterio composito". Lo ha reso noto ieri un comunicato della Suprema Corte. La decisione era attesa dal 10 aprile. Scrivono gli ermellini delle sezioni unite civili della Cassazione che il contributo fornito alla conduzione della vita familiare "costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell'unione matrimoniale" e per questo va considerato nello stabilire l'assegno di divorzio. Pertanto “all'assegno di divorzio deve attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa. Il parametro così indicato si fonda sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l'unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo". Perciò, "ai fini del riconoscimento dell'assegno si deve adottare un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall'ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all'età dell'avente diritto". La Cassazione ha sciolto così un conflitto di giurisprudenza dopo che la sentenza sul divorzio dell'ex ministro dell'Economia Vittorio Grilli aveva escluso il parametro del “tenore di vita”. Soddisfatti i matrimonialisti. A spiegare, infatti, la portata della sentenza è Gian Ettore Gassani, presidente dell'Ami (Associazione avvocati matrimonialisti italiani): "la Suprema Corte ritiene questa volta che non tutti i divorzi sono uguali e che il giudice debba valutare ogni vicenda caso per caso. Per esempio, non si possono valutare allo stesso modo la fine di matrimoni di breve durata da quelli di lungo corso".  Illustrando i termini della decisione, Gassani dice che “se il coniuge che richiede l'assegno di divorzio dimostra di aver contribuito alla crescita sociale ed economica dell''altro coniuge, il giudice dovrà riconoscere un assegno di divorzio. Cade, insomma, il principio assoluto dell'indipendenza economica laddove ci sia una sperequazione economica tra le parti e uno dei due coniugi sia in grado di dimostrare il proprio contributo alla crescita dell'altro più ricco. L'assegno dovrà in tal caso compensare e riequilibrare le differenze economiche". Per Gassani, “tuttavia l'assegno compensativo e perequativo non potrà poggiarsi sul principio del tenore di vita, principio ormai superato dalla giurisprudenza. Il giudice valuterà caso per caso l'ammontare dell'assegno. Con questa sentenza a Sezioni Unite che mitiga quella precedente del 10 maggio 2017 la Cassazione sancisce maggiore equità nei divorzi. Restano fermi i principi secondo cui in caso di matrimonio breve e di palese indipendenza economica dei coniugi non debba essere riconosciuto l'assegno di divorzio. Da questo momento i coniugi più deboli che proveranno di essere stati artefici della crescita dell'altro riceveranno un assegno di divorzio, anche se indipendente economicamente, che possa consentire loro una vita dignitosa. Pertanto la Cassazione tutelerà, anche per motivi costituzionali, l'impegno dei coniugi e la loro dedizione, anche in caso di fine del loro matrimonio. Per l'AMI questa sentenza à sicuramente più giusta dal punto di vista morale e sociale". Il nuovo pronunciamento potrebbe rimettere in discussione gli accordi di divorzi famosi, tra cui quello di Silvio Berlusconi e Veronica Lario.

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