L'avvocatura sia unita

 Valentina Stella Dubbio 7 ottobre 2023

«L’Avvocatura, tutta, istituzionale ed associativa, senza distinzione, seppur nella diversità delle posizioni, deve impegnarsi per porsi in maniera unitaria confrontandosi, soprattutto al suo interno, in maniera costruttiva sui temi che involgono e coinvolgono i diritti di difesa »: così ieri in apertura del XIX Congresso ordinario dell’Unione delle Camere Penali Italiane in corso a Firenze Nadia Germanà Tascona, Consigliera del Cnf che ha proseguito,  passando nello specifico, a parlare di impugnazioni. «La revisione di alcune parti normative del giudizio di appello è gravemente sintomatica dell’idea di ridurre il numero delle impugnazioni attraverso la limitazione di accesso al secondo grado di giudizio fondata sui criteri che nulla hanno a che vedere con gli ordinari parametri di valutazione della ammissibilità del gravame. Nella sostanza, in effetti, si ha un ritorno al passato. Il Cnf ha espresso assoluta contrarietà alla anzidetta limitazione ». Il titolo della tre giorni è «Ad armi pari – separare le carriere, garantire il contraddittorio, difendere il diritto di impugnazione ». Come ha chiarito il Segretario Eriberto Rosso nella sua relazione «Ad armi pari non significa medesimezza di strumenti ma un sistema di bilanciamento e di equilibrio tra le diverse prerogative. Se le indagini appartengono al pm, l’impugnazione di merito appartiene alla difesa; nel dibattimento il giudice è chiamato soprattutto ad assicurare il pieno esercizio del controesame, insomma l’essenza del contraddittorio, l’oralità e il diritto alla prova ». Per Rosso bisogna lavorare per «una idea di diritto penale e di processo finalmente uguale per tutti, che non sconti i limiti della straordinarietà e dell’emergenza, ma anche perché questo è il terreno dove il richiamo populista è più forte e la politica si è dimostrata incapace di affermare una sua autonoma progettualità ». Ne è un esempio «l’ultimo intervento normativo per consentire l’utilizzo delle intercettazioni – quelle senza limiti e più invasive – in tutti i procedimenti per reato associativo, anche non qualificato, addirittura determinando uno strappo con principi romanistici in punto di irretroattività della operatività della norma processuale, anche se – bontà loro – la maggioranza parlamentare ha poi definitivamente rinunciato a tale ultimo profilo ». Per Rosso «È tempo che l’Avvocatura penale militante si faccia carico, assieme agli studiosi della scienza penale, di aiutare la politica a misurarsi con categorie quali autoritarismo e democrazia per contribuire a rifondare i fondamentali della dottrina politica. Non può il potere, nella definizione della norma penale, prescindere dalla elaborazione dei soggetti politici portatori di visioni, interessi e specifici saperi. Certo, la sintesi appartiene alla autorità statuale, ma più quel potere si dimostra incapace di tenere conto di quei punti di vista più è destinato ad avanzare verso l’autoritarismo”. Tuttavia «nel militare la nostra soggettività politica, quali interpreti della difesa penale, abbiamo sempre avuto ben chiaro che nessuna mediazione è possibile sulla struttura delle garanzie. Se il processo è costruito come percorso probatorio, nella sua formazione deve attraversare lo stress dei diversi punti di vista, con l’iniziativa affidata alle parti, riservando al giudice il rigoroso controllo del rispetto delle regole e la decisione ». Non poteva mancare un riferimento al Ministro Nordio: dopo l’elenco di tutti i provvedimenti presi in questo anno dal Governo in materia di Giustizia, il Segretario dell’Ucpi ha sottolineato che «non vi è tra questi un intervento normativo che possa dirsi ispirato ad un diritto penale mite o all’attenzione per le garanzie nel processo. È credo evidente lo iato tra l’afflato liberale delle prese di posizione del Ministro Nordio e le nuove norme approvate. È probabile che dovremo trovare un altro passo della nostra interlocuzione. Forse il credito è finito ed è necessaria una ricarica. La qualità di questa spetta al Congresso e alla nuova Giunta ». «La battaglia è ora in Parlamento – ha proseguito Rosso -   Sulla necessità delle modifiche dei decreti attuativi, per l’immediato ripristino della prescrizione sostanziale, per una seria riforma dell’ordinamento giudiziario ». Tra gli interventi anche quello del vice presidente del Csm, Fabio Pinelli (di cui vi diamo conto anche in altro pezzo in merito alla polemica sulla giudice di Catania, ndr): «Va riconosciuto all'avvocatura, e in special modo all'Unione Camere Penali, un ruolo imprescindibile di contenimento di una visione autoritaria della giustizia e del processo penale, dell'arbitrio del diritto e dei suoi interpreti, dei profili patologici della società giudiziaria, in funzione e a favore della tenuta del sistema democratico ». Sulla questione di Catania è intervenuto anche Eugenio Albamonte, Segretario uscente di Area Dg: «nella vicenda di Catania abbiamo un provvedimento giudiziario in materia di libertà personale che non è stato gradito dal Governo e contemporaneamente la ricerca forsennata di un parametro, esterno al provvedimento e alla sua motivazione - la storia personale, le opinioni, la militanza civile della magistrata – per mettere in crisi la credibilità e l’affidabilità del provvedimento. Questo chiama ad una profonda riflessione comune. C’è il forte rischio di un intervento invasivo nella vita privata dei magistrati nella ricerca di elementi personali,  al di fuori della motivazione, per dimostrarne la faziosità. Io da otto mesi mi occupo di esecuzione penale. Mi chiedo e lo chiedo all’Ucpi: non devo rinnovare la mia iscrizione a Nessuno Tocchi Caino? Se dovessi fare un provvedimento non in linea con l’atteggiamento punitivo di questo governo, cosa dovrei aspettarmi? Che si vada a controllare nella mia vita privata? Chiedo all’Ucpi: vogliamo davvero un sistema in cui la terzietà di un giudice può essere affidata ai database delle forze dell’Ordine?». 

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