crolla il processo contro lucano

 Angela Stella unità 12 ottobre 2023

Crollato ieri il processo contro Mimmo Lucano. È infatti clamoroso l’esito del secondo grado per l’ex sindaco di Riace: i giudici della Corte d’Appello di Reggio Calabria hanno stabilito infatti solo una condanna a un anno e sei mesi con pena sospesa per falso in relazione a una delibera del 19 settembre 2017. Mentre in primo grado era stato condannato a 13 anni e due mesi per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, associazione a delinquere e altri reati. Insieme a lui, condannata a un anno e tre mesi, anche lei con pena sospesa, Maria Taverniti. Assolti da tutte le accuse gli altri sedici imputati.  Revocate confische e sanzioni civili. Dunque il sistema criminale che i magistrati precedenti hanno letto dietro il modello Riace non esiste. L’inchiesta che aveva tentato di smantellare quel modello di accoglienza divenuto noto in tutto il mondo, ma in Italia perseguito come criminale, si è sciolta come neve al sole. Si tratta di una sconfessione totale dell’impianto dell’accusa, soprattutto in un momento delicatissimo di dibattito politico e giuridico in materia di immigrazione. Il sistema Riace era finito sotto la lente della procura di Locri dopo una relazione prefettizia che aveva evidenziato alcune criticità. Nonostante fosse stata in seguito smentita da una relazione successiva, per i magistrati di Locri era rimasta spunto per un’inchiesta che dietro il “modello Riace” aveva letto un sistema illegale. Nonostante le indagini avessero accertato che Lucano non si era mai messo in tasca un euro, per il tribunale di Locri l’allora sindaco avrebbe “strumentalizzato l'accoglienza”, diventando il capo “di un sistema clientelare” al solo scopo di ricavarne benefici politici. Eppure proprio in quei momenti aveva rifiutato diverse proposte di candidatura alle Europee o alle politiche. Inoltre le sue condizioni economiche non erano certo agiate e il suo conto corrente era sempre in rosso. “Condizione di mera apparenza”, avevano scritto i giudici del primo grado nelle oltre novecento pagine di motivazioni. Nulla era servito per vedere cosa hanno visto ieri i colleghi dell’appello. Ossia che Lucano non è un criminale ma un uomo il cui solo ed unico obiettivo era l'accoglienza e l'integrazione. I giudici della Corte d'appello di Reggio Calabria, presieduta da Elisabetta Palumbo, si erano ritirati in Camera di Consiglio nella mattinata di ieri, dopo che i sostituti procuratori generali Adriana Fimiani e Antonio Giuttari avevano svolto una breve replica. Per Lucano la Procura generale aveva chiesto la condanna a 10 anni e 5 mesi di reclusione per presunti illeciti nella gestione dei progetti di accoglienza dei migranti. Una pena inferiore a quella che era stata comminata in primo grado, nel settembre 2021, dal Tribunale di Locri. I consiglieri di appello hanno pronunciato la sentenza dopo circa sette ore di Camera di Consiglio. Mimmo Lucano non era presente in aula ad attendere la sentenza.  L’ex sindaco dell’accoglienza infatti è rimasto a Riace, ma una folla di attivisti per i diritti umani ha atteso il verdetto sulle scale del tribunale di Reggio Calabria. I difensori di Lucano, gli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, che da anni lo hanno difeso gratuitamente, nelle loro arringhe del 20 settembre scorso, avevano smontato punto per punto la sentenza di primo grado, evidenziandone debolezza e incongruenze. Avevano contestato la ricostruzione accusatoria chiedendo l'assoluzione per il loro assistito e parlando di “un accanimento non terapeutico”. Ma anche di “uno stravolgimento dei fatti” e di “un uso distorto delle intercettazioni” per arrivare a una condanna “a ogni costo” di Mimmo Lucano. Su una conversazione ritenuta “chiave” dai difensori, infatti, il Tribunale di Locri ha utilizzato una trascrizione della guardia di finanza dove c'è una frase “inesistente”, attribuita all'ex sindaco di Riace. Frase che non compariva nella perizia disposta dallo stesso Tribunale. Inoltre avevano sottolineato come quella di primo grado fosse “una condanna esorbitante”. Secondo l’ex sindaco di Milano Pisapia: “Manca il dolo e manca la consapevolezza e la volontà di un vantaggio economico”. Eppure, gli avevano attribuito i reati di truffa, peculato e associazione a delinquere. “Dalla lettura degli atti processuali – aveva dichiarato ancora Pisapia - risulta che non aveva un soldo sul proprio conto corrente, che ha messo tutto a disposizione degli altri, perfino i premi che ha ricevuto, che vive in condizioni di povertà. Falcone diceva di seguire i soldi. Vi prego, seguite i soldi di Lucano, non li troverete”. Chiaramente i giudici d’appello hanno seguito il consiglio del legale di Lucano. Sulla decisione di ieri: “Vedremo nelle motivazioni le ragioni di fondatezza per l’accusa restata in piedi”, ha dichiarato Daqua. La sentenza di ieri causerà non poco scompiglio nel centrodestra: chissà se il centrodestra e soprattutto Matteo Salvini criticherà i magistrati accusandoli casomai di voler sabotare le politiche sull’immigrazione messe in atto dal Governo. “Noi non avevamo dubbi: la solidarietà non può essere un reato” ha commentato invece il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, parlamentare dell'Alleanza Verdi Sinistra, che ha concluso: “ Ora anche un tribunale lo conferma facendo crollare il castello delle accuse contro Mimmo Lucano. Ne siamo davvero felici. Un abbraccio a Mimmo - conclude il leader di SI - per tutto quello che ha dovuto passare”.

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