Intervista a Petrelli

 Valentina Stella Dubbio 10 ottobre 2023

 

Francesco Petrelli è il nuovo Presidente dell’Unione Camere Penali. Una elezione avvenuta per acclamazione, considerato lo spirito unitario che si è costruito intorno alla sua figura, anche grazie all’opera del suo predecessore Gian Domenico Caiazza. Ecco la sua prima intervista.

 

Presidente, questa nuova avventura inizia con il Ministro Nordio che non accetta il vostro invito al Congresso e non manda neanche un messaggio. Segnale negativo?

Inizio oggi il mio mandato. Direi che affronteremo questo argomento dopo che avrò invitato il Ministro Nordio al nostro primo incontro.  

Possiamo dire che i nemici più forti sono il populismo penale e la retorica giustizialista ben radicati nella politica e nella società? La retorica giustizialista è per così dire il “braccio armato” del populismo penale. Elabora e diffonde slogan e parole d’ordine efficaci che affondano nella parte più istintiva della collettività, aprendo la strada a risposte irrazionali e inefficaci. D’altronde sono proprio quegli interventi legislativi volti solo a lanciare “messaggi” a certificare l’incapacità della politica di affrontare in maniera efficace i fenomeni della criminalità e della devianza. Cosa che andrebbe spiegata all’opinione pubblica. L’amplificazione dei casi di cronaca per ingenerare insicurezza e bisogno di risposte autoritarie produce un circolo vizioso che può precipitare l’intera collettività nel disordine sociale e nella barbarie del diritto.

In che termini il diritto di difesa è in pericolo?

Il pericolo si annida nella logica efficientista. Che un processo abbia una durata ragionevole è garanzia innanzi tutto dell’imputato, per cui non si può invertire questa logica e piegare le garanzie della difesa per velocizzare l’iter processuale. La normativa sulle impugnazioni è in tal senso emblematica: si sacrifica l’ineliminabile fine di giustizia all’idolo della velocità. La riforma Cartabia, imponendo l’allegazione di mandati ad impugnare o di inutili elezioni di domicilio, finisce con il pesare soprattutto sulle difese d’ufficio, ovvero sulle parti socialmente e culturalmente più deboli ed emarginate. Trovo inaccettabile che un fine di giustizia possa essere limitato da simili formalismi che mortificano l’esercizio dei poteri del difensore.

Assistiamo ad una espansione del doppio binario. Come arginare la deriva? Una volta deciso che diritti e garanzie dell’individuo possono essere considerate recessive di fronte allo “stato di eccezione” si apre una falla pericolosa per lo stesso Stato di diritto. I reati contro la P.A. sono stati omologati ai reati di mafia e si è ora anche rivisto il concetto di crimine organizzato. Le stesse misure di prevenzione, nate come strumento di contrasto al fenomeno mafioso, sono state progressivamente estese a categorie di soggetti ed a reati ad esso totalmente estranei. Si tratta di una escalation virtualmente infinita che ha perso di vista l’orizzonte valoriale di tutela dell’individuo dall’autorità dello Stato, affidandosi esclusivamente all’idea di efficacia dello strumento repressivo. Il timore è che si torni al “binario unico”, nel senso di una inclusione dell’intero sistema penale all’interno della legislazione speciale-emergenziale.

Lei nella sua relazione ha parlato di valori non negoziabili. Quali sono?

Sono i diritti fondamentali di libertà, la riservatezza delle comunicazioni, il diritto inviolabile di difesa, la presunzione di innocenza, la finalità rieducativa delle pene, il giusto processo, la centralità del contraddittorio nella formazione della prova, la ragionevole durata del processo come garanzia dell’accusato e ovviamente la terzietà del giudice come valore essenziale della giurisdizione. I nostri valori indeclinabili sono, a ben vedere, quelli scritti nella Costituzione.

Separazione delle carriere: l'unica strada è la riforma costituzionale? Non accetterete mai quella con legge ordinaria?

Su questo tema non si gioca una partita ideologica ma una questione pratica essenziale. La separazione delle carriere non può che passare attraverso la formazione di due diversi Consigli della Magistratura. Ogni altra soluzione, operata attraverso la legge ordinaria, inciderebbe soltanto su di una più o meno definitiva separazione delle funzioni che non spezzerebbe in alcun modo l’intreccio interno relativo alla carriera, alle nomine ed alla disciplina, la cui gestione resterebbe evidentemente comune a giudici e pubblici ministeri. Una riforma inutile e soprattutto tombale per la soluzione del problema che affligge il nostro sistema.

Che rapporto pensa di costruire con l'Anm? Vedi spazi di apertura al dialogo oppure no?

Non parlerei proprio di “spazi di apertura” perché il dialogo con ANM e con tutte le sue componenti non si è mai chiuso. L’esistenza di visioni diverse dei problemi e delle soluzioni, anche rispetto a questioni nodali della giustizia penale, non può certo essere motivo di una chiusura del confronto. L’unico auspicio è che la discussione si svolga in maniera laica lontano dalle preclusioni ideologiche o dai luoghi comuni. Come è già avvenuto in passato, sono molti i punti di incontro sui quali il confronto potrà proseguire.

Questione carcere e Cpr: la sofferenza in quei luoghi si protrae nell'indifferenza generale. Che fare?

Dalla discussione congressuale è emersa una evidente sensibilità dell’avvocatura a questi temi. Quando si ha a cuore la difesa della libertà e della dignità dell’individuo, cade ogni distinzione e tutti divengono cittadini della Costituzione e titolari dei suoi valori. Non è possibile fare nessuna distinzione fra detenzione e misure amministrative che si risolvono in una privazione della libertà. E’ per questo che l’Unione si è impegnata ad intervenire, anche con accessi diretti ai CPR ed agli altri luoghi di restrizione e di trattenimento, per vigilare e denunciare ogni violazione.    

«L’Avvocatura, tutta, istituzionale ed associativa, senza distinzione, seppur nella diversità delle posizioni, deve impegnarsi per porsi in maniera unitaria confrontandosi, soprattutto al suo interno, in maniera costruttiva sui temi che involgono e coinvolgono i diritti di difesa»: così Nadia Germanà Tascona, Consigliera del Cnf, al Congresso Ucpi. Concorda?

Dobbiamo tutti certamente concorrere al medesimo scopo di tutela della dignità della funzione difensiva e non credo che su questo punto vi possano essere importanti diversità di posizione. Il dialogo fra la componente istituzionale e quella politica specialistica, nel rispetto delle proprie competenze, è fondamentale soprattutto in questo momento nel quale si deve affrontare la crisi della giustizia penale che solo una radicale riforma ordinamentale e dei codici può risolvere.

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