Intervista a Giorgio SPangher

 Valentina Stella Dubbio 25 ottobre 2023

In che direzione sta andando la giustizia? Ne parliamo con Giorgio Spangher, emerito di procedura penale alla Sapienza di Roma.

Professore da osservatore acuto cosa sta succedendo in materia di giustizia?

Ci sono delle riforme che sarebbero dovute essere fatte e così però non è avvenuto. Mi riferisco alla scelta da parte del Parlamento dei criteri di priorità per l’esercizio dell’azione penale, come previsto dalla delega della riforma Cartabia.  Poi c’è la mancata riforma dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio Superiore della Magistratura: non si sa nulla al momento sui decreti attuativi. Inoltre c’è il problema delle videoregistrazioni: i tribunali si sarebbero dovuti dotare delle strumentazioni necessarie ma l’ottimismo di risolvere la questione in sei mesi è stato vanificato. Che si fa allora in caso di mutamento del giudice o del collegio? Si attua la Bajrami. Dopo c’è un altro aspetto importante.

Quale?

Sia la dottrina che gli avvocati avevano evidenziato una serie di criticità interpretative legate alle modalità di impugnazione. Il timore espresso riguardava la previsione delle norme che impongono un nuovo mandato e l’elezione di domicilio, a pena di inammissibilità, nell’atto di impugnazione. Si tratta di un ostacolo con effetti dirompenti destinato a escludere dalla filiera delle impugnazioni gran parte degli imputati assistiti da difensori di ufficio. Alcuni magistrati avevano cercato di tranquillizzare l’avvocatura ed era stato aperto ad aprile anche un tavolo di confronto al Ministero della Giustizia tra magistrati e avvocati ma a me risulta che non abbia dato alcun risultato. Per non parlare dell’informatizzazione, rispetto alla quale i ritardi sono enormi e i decreti ministeriali hanno determinato notevoli incertezze applicative. La giustizia penale meriterebbe maggiore lucidità di intervento e controllo, perché si va ad incidere sul processo e sulla vita e libertà delle persone. Parimenti si assiste ad una forte accelerazione del penalismo per cavalcare il consenso.

Intende tutti questi decreti del Governo?

Mi riferisco al dl Cutro e seguenti sull’immigrazione, all’omicidio nautico, al dl contro i rave party, alla nuova norma sugli incendi, al dl Caivano. A proposito di quest’ultimo, la criminalità minorile non è un fenomeno nuovo, avrebbe meritato più attenzione già nel passato e una riflessione più meditata. Per non parlare della stesa che da aggravante si trasforma in reato autonomo, come anticipato dal Sottosegretario Ostellari e confermato da Alfredo Mantovano. Invece c’è un rallentamento del ddl Nordio che davvero richiama la visione delle garanzie che ha il Ministro ma che sta incontrando delle difficoltà, a partire dalla difficile partita sull’abuso di ufficio. Al contrario si muovono velocemente le commissioni parlamentari sul Codice Rosso e quella sulla prescrizione.

A proposito di questo, c’è molto fermento. In Commissione Giustizia della Camera sarebbe stato raggiunto un accordo ma il Governo vuole intervenire. Che ne pensa?

È vero che il Governo sta cercando di interloquire con le iniziative parlamentari per risolvere alcuni contrasti politici interni alla maggioranza ma anche questo dà un senso di incertezza e scollamento dei progetti entro i quali ci si muove. Manca un centro di gravità, direbbe qualcuno.

Il Pd ha mostrato dei dati in conferenza stampa per cui la riforma dell’improcedibilità funziona. Lei ritiene invece che occorra tornare alla prescrizione sostanziale?

L’improcedibilità è stata una soluzione di compromesso. Ma il problema non è tanto la scelta tra la prescrizione processuale e quella sostanziale. Il problema è che quando si introduce nel meccanismo della giustizia penale l’improcedibilità, l’organizzazione giudiziaria si articola e adegua alla novità. Non entro nel merito delle decisioni politiche, ma non si può cambiare nel giro di dieci anni cinque volte la disciplina della prescrizione. L’unica dimensione sicuramente salda sugli strumenti di tutela è quella della Procura Nazionale Antimafia: Melillo ha le idee molto chiare e le cose che chiede vengono immediatamente ratificate dal Governo. Lo si è visto in merito al dl correttivo anche di una sola sentenza della Cassazione sulla criminalità organizzata e intercettazioni telefoniche. Non dico sia giusto o sbagliato quanto accaduto ma molti magistrati hanno sostenuto che la questione si poteva risolvere investendo le Sezioni Unite. Sempre su richiesta della Procura si sono realizzati server centralizzati delle intercettazioni: anche questa è una forzatura.

Dopo il caso Uss l’Anm convoca un’altra assemblea per gli attacchi alla giurisdizione e la pesante denigrazione dei singoli magistrati. Condivide il loro timore?

Non si tratta di un dato di novità. Io sono stato consigliere laico del Csm tra il 2002 e il 2006 e ricordo la frase di Ciampi: “criticare si può, delegittimare no”. Il problema è la soglia tra la critica e la delegittimazione. Per il resto ho molta fiducia nei magistrati e sono abbastanza convinto che abbiano le capacità per non farsi condizionare dalle critiche esterne. Certamente nella contrapposizione politica anche la magistratura esprime le proprie opinioni.

Sulle modalità di arresto della Saguto che pensa?

Evidentemente la previsione dell’art. 277 cpp (“Le modalità di esecuzione delle misure devono salvaguardare i diritti della persona ad esse sottoposta, il cui esercizio non sia incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto”, ndr) è stata disapplicata. Qui c’è un problema di responsabilità dei giornalisti che si sono recati sotto l’ospedale e di chi gli ha passato la notizia. I casi Tortora, Carra, Bossetti, Battisti, gli americani arrestati per l’omicidio di Cerciello Rega – al di là dell’innocenza o colpevolezza della persona – non hanno insegnato nulla. Mentre in Inghilterra quando fu arrestato Danilo Restivo (condannato per l’omicidio di Elisa Claps, ndr) il suo volto era coperto da un asciugamano rosso. Ma anche se non ci fosse il 277 cpp ci sono gli articoli 2 e 3 della Costituzione che impongono di rispettare i diritti e la dignità della persona. 


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