Caiazza: magistrati fuori dal ministero

 Valentina Stella dubbio 7 ottobre 2023

Stamattina nella sala gremitissima della Fortezza Da Basso di Firenze, Gian Domenico Caiazza ha tenuto, anche con pause di quasi commozione, la sua ultima relazione da Presidente dell’Unione Camere Penali, dopo cinque anni alla guida dell’Ucpi. Ha subito rivendicato “un cambiamento identitario e qualitativo del nostro essere associazione verso una dimensione di soggettività politica ben più marcata ed esplicita. Tanto era accaduto grazie alla sfida della raccolta delle firme intorno alla legge di iniziativa popolare per la separazione delle carriere, lanciata e vinta dalla Giunta presieduta da Beniamino Migliucci Quella raccolta delle firme , affrontata in perfetta solitudine senza delegarla a nessun partito, se non potendo contare sulla preziosa collaborazione organizzativa del partito radicale, cioè dell’unica realtà transpartitica esistente nella politica italiana, ci costrinse ad impolverare le nostre grisaglie per le strade di tutta Italia , aprendo banchetti, imbracciando megafoni, organizzando eventi intorno ai quali far convergere l’attenzione non più solo degli avvocati e degli addetti ai lavori, ma dei comuni cittadini. Quella iniziativa ha avviato senza ombra di dubbio l’Unione delle Camere Penali sul percorso della sua trasformazione da qualificata e del tutto peculiare associazione forense a soggetto schiettamente politico”. Ha ricordato poi la dura battaglia contro “deriva populista delle leggi penali che si annunciava impetuosa”. E “non fu certo un caso se il nostro avversario storico nel mondo della informazione si vide costretto a dedicare alle Camere Penali non più solo qualche iattante battutina al vetriolo, ma interi editoriali, in uno dei quali ci additò come i veri nemici del populismo penale, assegnandoci lo stigma di “lobbisti”. E noi dicemmo allora qu ello che ripetiamo senza esitazione oggi: sissignori, noi siamo i lobbisti della Costituzione, i lobbisti dei diritti di libertà della persona, i lobbisti della presunzione di innocenza, i lobbisti del diritto penale minimo, i lobbisti della finalità rieducativa della pena e della dignità delle persone detenute nelle nostre carceri”. Sul ruolo della magistratura ha dichiarato: “Credo sia straordinariamente utile mettere ben a fuoco, in questa pur assai sintetica ricostruzione di qu esti ultimi nostri cinque anni, il ruolo ed il posizionamento assunto dalla magistratura italiana. Perché il dato di fatto non controvertibile è che non solo ANM ha espresso esplicito sostegno sia alla Spazzacorrotti,  sia alla riforma della prescrizione, ma che già nell’ottobre 2018 aveva licenziato un documento politico--programmatico che esprimeva obiettivi di riforma del processo ben più estremi in termini di populismo giustizialista, rispetto allo stesso programma politico del Ministro Bonafede: basterà qui ricordare la esplicita proposta di abolizione del divieto di reformatio in peius, o della eliminazione secca del principio di immutabilità del giudice”. Dopo un capitolo sul periodo di Marta Cartabia a Via Arenula, il leader dei penalisti ha dedicato il suo intervento al Ministro attuale, Carlo Nordio: “La nuova maggioranza politica già in campagna elettorale si era segnalata per un dichiarato impegno verso alcune riforme della giustizia penale del tutto sovrapponibili alle nostre. Impegni tutti molto positivi e bene auguranti, per di più rafforzati dal preannuncio che il partito di maggioranza relativa avrebbe candidato al Ministero della Giustizia il dott. Carlo Nordio, figura che per noi non aveva bisogno di presentazioni, considerato il suo curriculum di giur ista dichiaratamente e convintamente liberale. Certo non era neanche facile sottacere alcuni tratti di ambiguità che sin dall’inizio sembravano accompagnare questa in verità singolare operazione della candidatura Nordio, soprattutto perché affiancata ad un o slogan molto caro alla leader di Fratelli d’Italia, che da subito ci aveva messo sul chi vive: <<garantisti sul processo, giustizialisti sulla pena>>. Uno slogan che, tecnicamente parlando, nella migliore delle ipotesi non significa nulla, ma che basta e avanza per rappresentare una idea allarmante della nozione di certezza della pena che sarebbe sottesa a quel “giustizialisti sulla pena”. Ebbene, in questa cruciale ed alquanto allarmante confusione di idee, ciò che destava in molti di noi un comprensibile sconcerto era il fatto che il futuro Ministro Nordio mostrasse di trovarsi, di fronte a quel maldestro slogan, perfettamente a proprio agio, rivendicando anzi la coerenza liberale di quella sgrammaticata nozione di certezza della pena. Ciononostante, buttammo il cuore oltre l’ostacolo, facendo fiducia alla persona di Carlo Nordio, a ciò che aveva sempre detto, pensato e scritto”.  Tuttavia “Non ho bisogno di dire qui a voi quale bilancio sia lecito formulare di questo primo anno del Ministro Nordio , con la doverosa onestà intellettuale che non può e non deve cedere il passo a simpatie, solidarietà politiche o, peggio ancora, partitiche, quando non addirittura a personali amicizie”.  E ha concluso: “Né da ultimo posso tacere su di un’altra connotazione allarmante. In questi cinque anni ho avuto a che fare con tre diversi Ministri di Giustizia, e fatemi fiducia se vi dico che non ho mai visto una magistratura ministeriale così forte e così padrona della gestione politica del Ministero di Giustizia come quella odierna. Il tema dei fuori ruolo è davvero un tema sempre più cruciale nel definire la persistente anomalia della politica della giustizia nel nostro Paese; una urgenza almeno pari a quella della riforma della separazione delle carriere. Se non poniamo fine a questa occupazione militare di via Arenula e dunque del potere esecutivo da parte del potere giudiziario, non verremo a capo di nulla. Questa assurda anomalia democratica, questa unicità mondiale deve terminare, e su questo obiettivo dobbiamo concentrare, a mio avviso, tutto il nostro impegno nei prossimi anni: fuori, fuori i magistrati dal Ministero della Giustizia!


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