Com'è morto stefano dal corso?

 Angela Stella Unità 21 ottobre 2023


Come è morto Stefano Dal Corso, il quarantaduenne romano trovato impiccato nel penitenziario Massama di Oristano il 12 ottobre 2022? Se lo chiedono sua sorella Marisa, assistita dall’avvocato Armida Decina, l’onorevole di Italia Viva Roberto Giachetti che ha presentato una interrogazione al Ministro Nordio e Rita Bernardini, Presidente di Nessuno Tocchi Caino, tutti presenti ieri ad una conferenza stampa alla Camera. L’uomo era in carcere per reati legati alla droga ma tra sette mesi sarebbe arrivato il fine pena. Per il parlamentare “ci troviamo dinanzi ad una circostanza incomprensibile e abbiamo il dovere di capire cosa è successo con tutti gli strumenti possibili”. Partiamo da quello che sappiamo: il 4 ottobre 2022 Dal Corso viene provvisoriamente trasferito da Rebibbia a Oristano in vista dell'udienza fissata per il 6 ottobre. È collocato in una cella all'interno dell'infermeria del carcere; il 12 ottobre viene rinvenuto privo di vita, all'interno della propria cella, dal personale sanitario; il 13 l'ex compagna si reca presso l'istituto e apprende dall'infermiera del reparto che Dal Corso risulta «morto suicida» e che «lo stesso non aveva sofferto in quanto nel lasciarsi andare si era spezzato l'osso del collo che ne aveva provocato, quindi, la morte immediata». Inoltre, nel sentire parlare gli operanti presenti sul posto, apprende che «la vittima veniva rinvenuta appesa alla finestra con una gamba sul letto e una fuori, avendo preso male le misure perché le finestre di Rebibbia sono più alte»”. Il problema al centro della vicenda è che la procura della Repubblica di Oristano non aveva ritenuto opportuno di disporre l'autopsia e aveva chiuso il caso come suicidio. Invece la sorella ha sempre dubitato della morte per suicidio per tutta una serie di elementi. “È un mio diritto sapere come è morto mio fratello – ha detto la donna visibilmente emozionata – Voglio sapere se ha sofferto, in quanto tempo è morto. Anche sua figlia di 7 anni se lo chiede. Mio fratello, al di là della vita sbagliata che conduceva, voleva vivere. Non si sarebbe mai suicidato, soprattutto per il legame che aveva con sua figlia”. Secondo la sorella sono molte le incongruenze intorno alla vicenda e chiede che venga fatta luce: “il detenuto che era nella cella dinanzi a quella di mio fratello ci racconta che il giorno prima di morire Stefano viene pestato a sangue per difenderlo. Il tutto sarebbe nato da una discussione tra gli operatori del carcere e mio fratello: il detenuto soffriva di diabete ed erano cinque giorni che non gli davano la terapia e si sentiva male. Mio fratello aveva chiamato gli operatori ma gli avevano risposto che lì comandavano loro, non stava in carcere a Roma ma in Sardegna e che non aveva diritto alla parola. Stefano ha continuato la discussione e il testimone ci racconta che poco dopo degli agenti sono entrati in cella, hanno chiuso il blindo e si sono cominciate a sentire le urla di mio fratello”. Se sia tutto vero dovrebbe essere la giustizia a stabilirlo ma fino ad ora il percorso è stato accidentato. Più volte l’avvocato Decina ha avanzato denuncia con richiesta di esame autoptico, ma le richieste sono state sempre archiviate. Il 22 ottobre chiedeva alla direttrice del carcere di poter acquisire i filmati di quanto avvenuto nelle 24 ore del tragico evento nella zona dell'infermeria, ma veniva informata del loro mancato funzionamento. Il 19 luglio  il difensore avanzava istanza di riapertura delle indagini e finalmente il 4 ottobre 2023 la procura della Repubblica presso il tribunale di Oristano ha notificato all'avvocato Decina l'avvenuta riapertura delle indagini. Ha spiegato l’avvocato in conferenza: “ci sarebbero un taglierino e un lenzuolo tagliato (usati per l’impiccagione) trovati nella cella ma mai fotografati o repertati. Quando ho chiesto copia del fascicolo era quasi vuoto, con foto incomplete. Non posso basarmi su foto fatte ad un corpo vestito. Ho bisogno di escludere che non ci siano altri segni su di esso. Sono state avallate tre consulenze medico legali. La prima a sollevare un dubbio sulla sua morte è stata il noto medico legale Cristina Cattaneo. Esiste poi un diario clinico che non è stato firmato da nessuno. La morte sarebbe avvenuta tramite rottura dell’osso del collo, ma il corpo non è stato sottoposto a nessuna TAC, unico metodo per rilevare la circostanza. Per la Procura sarebbe pacifico il suicidio anche per le testimonianze univoche e concordanti. Peccato però che esse siano totalmente discordanti a partire dall’orario del decesso e da come viene rinvenuto. Ho trovato una annotazione di un agente di polizia penitenziaria datata 12 aprile 2023, sei mesi dopo la morte di Stefano, e mancante nel fascicolo che poggiava sulla richiesta di archiviazione, una annotazione minuziosa che avrei dovuto trovare subito. Dalla relazione dei nostri medici legali emerge che saremmo in presenza di uno strangolamento più che di un impiccamento. Come si può voler archiviare se ci sono tre medici legali che dicono che bisogna approfondire?”.  Al termine della conferenza Rita Bernardini ha inquadrato il contesto in cui questi fatti avvengono, a partire dal sovraffollamento: “su 189 istituti, su posti agibili effettivi pari a 47645, ci sono 58987 detenuti, pari ad un sovraffollamento del 124% che tocca picchi del 148% in 98 carceri”. Sempre ieri la Garante regionale dei detenuti della Sardegna, Irene Testa, ha scritto al Procuratore di Oristano per chiedere che sia effettuata l'autopsia, anche perché il corpo è conservato in una cella frigorifera.


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