Carol Maltesi e il no della famiglia alla giustizia riparativa

 Valentina Stella dubbio 30 ottobre 2023

A settembre scorso a Davide Fontana, il bancario di 44 anni condannato in primo grado a trent’anni per l’omicidio, lo smembramento e l’occultamento del corpo di Carol Maltesi, è stata concessa, con la contrarietà del pm e delle parti civili, dalla Corte di Assise di Busto Arsizio l'ammissione all'istituto della giustizia riparativa, primo caso in Italia, almeno per il reato di omicidio, dell'istituto entrato in vigore il 30 giugno scorso, a seguito della riforma Cartabia. La decisione ha creato molto scontento nei familiari della vittima. La madre della giovane donna uccisa ha dichiarato: «Il sì dei giudici al reinserimento dell’assassino di mia figlia? Non è possibile, questa è un’ingiustizia...Adesso temo davvero che un giorno il mostro che ha massacrato e fatto a pezzi Carol possa tornare libero». Il padre di Carol si è dichiarato invece «allibito» dalla notizia, mentre l’ex compagno della donna ha affermato che non ci sarà mai alcun incontro tra loro e l’omicida. Polemiche sono giunte anche dalla Rete Dafne, Rete Nazionale dei servizi per l’Assistenza alle Vittime di reato, presieduta dall’ex magistrato Marco Bouchard: «La decisione della Corte d’Assise di Busto Arsizio favorevole alla richiesta di programma riparativo per Davide Fontana ci ha profondamente turbato. La Corte d’Assise viola il sentimento d’ingiustizia che a distanza di un anno e mezzo dai terribili fatti provano ancora le vittime alla sola idea di incontrare l’imputato e non riesce a cogliere nella loro indisponibilità il rischio di una clamorosa vittimizzazione secondaria che in questo caso – lo dice la Direttiva europea 2012 che sul punto ha effetto diretto – dovrebbe essere addirittura presunta poiché una di esse ha appena compiuto sette anni ed è figlio dell’uccisa. La Corte d’Assise lede lo stesso ruolo di mediatori perché li scavalca stabilendo in loro vece la fattibilità del programma riparativo mediante ricorso a vittime sostitutive (quante? di quale età?): e che fardello dovrà portare la vittima sostituiva nel mettersi nei panni di chi si è rifiutato di entrare nella stanza del mediatore?». A distanza aveva replicato l’avvocato di Fontana, Stefano Paloschi, che lo difende insieme a Giulia Ruggeri: «comprendo i sentimenti dei familiari di Carol Maltesi, ma al contempo ritengo che chi lotta contro la violenza di genere dovrebbe guardare con interesse a questo istituto che in altre circostanze ha dato ottimi risultati, e magari fare richiesta di partecipare al programma». Questo caso ha sviluppato ancora di più il dibattito tra contrari e favorevoli in merito ai percorsi di giustizia riparativa, sia per motivi giuridici sia per ragioni personali, come il dolore per una perdita. La contrarietà della famiglia di Carol Maltesi alla concessione del percorso riparativo si inserisce in quella visione di giustizia punitiva che mai risolve il conflitto, anzi, come ha scritto il magistrato Marcello Bortolato,  «lo alimenta con quel perverso meccanismo che conosciamo del “raddoppio del male”». Comprendiamo quanto possa essere difficile per un familiare che ha subìto un grave lutto, immaginare che l’assassino di una figlia, di un padre, di un fratello possa iniziare a ricucire il forte strappo che ha creato con la società e il nucleo parentale della vittima. Verrebbe da pensare che è quasi contro natura. Tuttavia, come disse l’ex Ministra della Giustizia Marta Cartabia, che fortemente ha voluto questa nuova norma, «la definizione più sintetica e più suggestiva della giustizia riparativa è a mio parere "la giustizia dell'incontro" dove l'incontro è tra tutti i soggetti coinvolti. Crea ambiti in cui il reo responsabile del reato può incontrare la vittima ma anche la comunità interessata insieme ad un mediatore, sempre e solo se liberalmente accolto». Facile a dirsi, difficile a farsi. Occorrono un salto culturale e una pedagogia collettiva sul senso dell’espiazione e della rieducazione in carcere troppo difficili da intraprendere, soprattutto quando il lutto è ancora troppo vicino. Quello che non aiuta è il contesto sociale entro il quale dovrebbero svilupparsi questi percorsi di giustizia riparativa: è quello della vendetta, dell’occhio per occhio dente per dente, del buttare via la chiave, del marcire in galere che impediscono anche solo di meditare di poter affrontare il nuovo percorso riparatore che non comporta alcun premio, sconto o beneficio processuale o carcerario. Eppure non si comprende che la finalità è di promuovere la possibilità che il colpevole percepisca e riconosca l’impatto che il male che ha fatto ha avuto anche non solo sulla vittima e familiari ma anche sulla collettività, fino magari a ripristinare il violato patto di cittadinanza impegnandosi in visibili forme di riparazione a favore della stessa. Non spetta a noi dare consigli alla famiglia di Carol Maltesi. Ma ai nostri contrari o dubbiosi sì. Guardare una mini seria trasmessa dalla Bbc e poi da Sky Italia "The victim": è la storia di una madre ancora in lutto per la perdita del figlio Liam, ucciso ormai 14 anni prima da un ragazzino poco più grande di lui, che finisce sotto processo con l’accusa di incitamento all’omicidio verso l'assassino di suo figlio. Il compagno della donna, vedendo la famiglia sgretolarsi per il processo e per l'odio che la moglie cova, la affronta: «Hai fatto di te stessa una vittima e ora gli hai dato il potere su tutti noi. Il ragazzo è stato condannato, la sua pena l'ha scontata. Che altro dovrebbe fare? Sei tu ad avere il potere, non lui. Lui non può cambiare niente, ma tu invece puoi per entrambi». E lei: «Non starai mica parlando di perdono? Liam è l'unico ad avere il diritto di perdonarlo». E lui: «Non parlo di quello che ha fatto a Liam, ma di quello che ha fatto a te». Lei: «Certe cose sono imperdonabili». E lui, magistralmente: «Ma sono le uniche volte in cui il perdono significa davvero qualcosa. Qual è il punto nel perdonare il perdonabile?». Alla fine i due protagonisti Si ritroveranno uno dinanzi all'altro separati da un mediatore per cercare di perdonarsi a vicenda.  La serie termina con una bellissima frase del poeta Rumi: « Al di là delle idee di male e di giusto c'è un campo: ti incontrerò lì».


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