Intervista a Federico Gianassi

 Valentina Stella Dubbio 19 ottobre 2023

Com’è noto la maggioranza ha trovato un accordo sulla riforma della prescrizione e ha presentato un emendamento alla proposta di legge ora all'esame della Commissione Giustizia della Camera. Un emendamento firmato da tutti i capigruppo in Commissione del centrodestra: Carolina Varchi (FdI), Ingrid Bisa (Lega) e Pietro Pittalis (FI). Ne parliamo con il capogruppo del Partito democratico in commissione giustizia della Camera Federico Gianassi che ci dice che la maggioranza in materia di giustizia porta avanti un metodo confusionario e contraddittorio e che è pericoloso fare della prescrizione una bandiera politica. Intanto oggi i dem hanno organizzato al Senato alle 12 una conferenza stampa dal titolo “La giustizia in ginocchio ai tempi della destra”.

Onorevole partiamo dal merito: cosa ne pensa dell'emendamento della maggioranza sulla prescrizione?

L’emendamento delle destre mette in campo una delle ipotesi formulate dalla Commissione Lattanzi. È certamente un passo in avanti rispetto all’ipotesi disastrosa della ex Cirielli che avevano messo in campo solo dieci giorni fa. Ma non so se questa sarà la loro ultima posizione. Ci hanno ormai abituati su questo tema a continui cambi in corsa.

In queste ultime settimane sono uscite diverse ipotesi su quale sarebbe stata la soluzione. Ad un certo punto era spuntata anche una ipotesi Nordio. Come inquadra questo modo di agire?

La maggioranza si è attivata con cinque diverse proposte di legge. Si è poi vociferato del ritorno alla Orlando, ma hanno votato in Commissione la ex Cirielli. Si è parlato di un lodo Sisto per una Bonafede 4.0, ora la Lattanzi. Domani chissà? È un comportamento schizofrenico, un modo di procedere confusionario e alimentato da ideologismo. Obiettivo è cambiare per cambiare - poco importa come -  perché della prescrizione si fa una battaglia simbolica.

Vi è stato fatto notare che state difendendo la riforma di mediazione Cartabia, ossia l'improcedibilità, e non un possibile ritorno ad una riforma che prendeva il nome di un vostro ex Ministro. Come replica?

Falso. La legge Orlando è stata un’ottima riforma della prescrizione, lo abbiamo sempre detto e lo diciamo anche oggi. È curioso invece che la destra, dopo averla duramente criticata, oggi al governo riconosca finalmente che le riforme fatte dal Pd erano le migliori. Ne siamo contenti, meglio tardi che mai. Tuttavia, prima avevano detto di valutare il ritorno alla Orlando, però poi hanno votato in commissione la Ex Cirielli. Ora mettono in campo una nuova e diversa proposta recuperata dalla Commissione Lattanzi. Noi li sfideremo in aula con gli emendamenti, ma qui c’è un problema di metodo e di sostanza grande come una casa che non si vuole affrontare. È in vigore da due anni la riforma Cartabia, i tempi dei processi in appello secondo i dati del Ministero si stanno riducendo. Insomma sembra funzionare e allora perché cambiare senza una linea precisa e senza valutare attentamente gli effetti della riforma a cui sono, peraltro, agganciate le risorse PNRR? Davvero serve la quarta riforma della prescrizione in sei anni? Davvero possiamo mettere a rischio i fondi del PNRR per il comparto giustizia?

La soluzione dell’improcedibilità si è resa necessaria politicamente ma tecnicamente persino Giorgio Lattanzi non l’avrebbe certamente preferita. Perché allora scommettere su di essa?

I dati danno ragione alla riforma. Meno procedimenti e tempi ridotti il che contraddice le dichiarazioni del relatore Pittalis. Avevamo chiesto alla maggioranza di approfondire i dati in possesso del ministero, ma ci è stato risposto negativamente. Non c’è volontà di approfondire, per loro non è una questione di merito.

Sull’improcedibilità si sono trovati d’accordo accademia, avvocatura e magistratura nel criticarla. Invece di rendere efficiente il sistema lo avrebbero complicato. Che dice su questo?

Si è trattato di una rivoluzione copernicana ed è comprensibile che si siano confrontati punti di vista diversi. Ogni posizione è rispettabile e merita di essere ascoltata ma i fatti dicono che questo intervento sta funzionando in relazione all’obiettivo della riduzione dei tempi del processo, riduzione che si sta verificando già prima che la riforma abbia pienamente dispiegato i suoi effetti.

È malizioso ritenere che dietro il vostro voto contrario si celi la volontà di mantenere aperto un filo di comunicazione sulla giustizia con il M5S? E se sì ha senso preoccuparsi di questo se il Movimento è ormai un concorrente e non un vostro alleato?

Sì, è molto malizioso ritenerlo e chi vuole sostenerlo deve sforzarsi di cercare altri esempi, certamente non questo sulla prescrizione. Noi sosteniamo che è opportuno difendere la riforma Cartabia, i Cinquestelle invece dicono che è opportuno tornare alla legge Bonafede con cui cancellarono la nostra riforma, la legge Orlando. Dove sarebbe la sudditanza del Pd? Semplicemente non esiste.

In generale secondo lei la maggioranza e il Governo come si stanno comportando in tema di giustizia?

Campioni negli annunci, bocciati nei fatti. Avevano promesso meno reati e meno intercettazioni e dopo un anno di governo ne abbiamo molti di più. Su interventi di sistema siamo a zero o quasi. E i pochi interventi sono per lo più animati da furore ideologico. È sbagliato quando la politica ideologizza le questioni anziché stare sul merito, ma diviene addirittura pericoloso quando lo fa utilizzando il sistema penalistico. 

 

Tre esponenti importanti del suo Partito - la Segreteria, la Serracchiani, la Rossomando - hanno partecipato qualche settimana fa al Congresso di Area. Proprio per quella partecipazione qualcuno ha sostenuto che quella corrente di magistrati si è iscritta al campo largo con la benedizione di Conte e Schlein. Che dice in merito?

Polemica strumentale e smentita ovviamente dai fatti. Dove siamo invitati e c’è occasione di confrontarci noi andiamo. La partecipazione ad un congresso o ad un convegno costituisce un momento utile di approfondimento e di scambio. Ovviamente ruoli e responsabilità restano ben diversi e ciascuno custodisce gelosamente, come è giusto che sia, le proprie idee e le proprie prerogative.

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