Intervista a Massimo Brandimarte

 Valentina Stella dubbio 28 ottobre 2023


Stampa e parte della magistratura in questo giorni non hanno affatto preso bene la decisione del gip di Milano che ha che ha “osato” rigettare la richiesta di arresto avanzata dalla Dda per 140 persone. Ne parliamo con l'ex magistrato Massimo Brandimarte che ci dice: ''
l’esigenza di arrestare preventivamente qualcuno, non si costruisce su teorie, ma su   elementi di fatto, gravi ed evidenti. E’ la legge''.



Il gip Perna non  ha convalidato 140 arresti chiesti dalla DDA. C'è stata una rivolta mediatica e in una parte della magistratura. E' così anormale negare gli arresti?

Un GIP che respinge una richiesta di misure cautelari restrittive non è affatto un evento eccezionale, nel sistema di garanzie costituzionali. E’ fisiologia processuale. 
La patologia sta, al contrario, nell’alto numero di assoluzioni finali di soggetti già sottoposti a carcerazione preventiva. 
Un rigetto non significa che l’inchiesta è finita, ma che andrà  avanti, per il momento, senza la stretta necessità di privare qualcuno della libertà. 
In generale, vale sempre la regola secondo cui l’affermazione della responsabilità penale e, prima ancora, l’esigenza di arrestare preventivamente qualcuno, non si costruisce su teorie, ma su   elementi di fatto, gravi ed evidenti. E’ la legge.
Poi, stiamo nel campo delle valutazioni ed ognuna di esse merita rispetto.


Il gip ora è sotto la mira della stampa che lo accusa di aver fatto quasi un favore alla mafia ma l'Anm tace. Dovrebbero invece prendere le sua difese?

Ogni giudice indipendente decide secondo scienza e coscienza. E’ una premessa logica ed istituzionale inderogabile. Ovviamente le critiche, da parte dell’opinione pubblica, sono sempre ammesse, visto che la Giustizia è amministrata in nome del Popolo. Ma, quando sono disgiunte dall’approfondimento storico e dalla conoscenza del sistema, finiscono per scadere nel pregiudizio e producono rumore, turbando la serenità di chi è chiamato a giudicare eventualmente in seconda battuta. 
La legittima preoccupazione nei confronti del fenomeno mafioso, come di qualunque altro evento criminale, non dovrebbe prevalere, emotivamente, sulla forza del diritto, quasi sacrificandola. 
La magistratura tutta resta un baluardo della legalità. Nessun timore, nessuna paura. Se dovessero servire interventi correttivi sul provvedimento già preso, ci sarà sempre una magistratura a riesaminare. Funziona così. 
Dunque, non mi pare indispensabile una presa di posizione pubblica di bandiera da parte della magistratura associata su un episodio processuale di natura fisiologica, al di là del clamore suscitato dal numero elevato di soggetti coinvolti nell’indagine. 


Crede che i gip in Italia subiscano pressioni dalle procure per assecondare le loro richieste o i copia e incolla avvengono solo per mancanza di tempo?

La responsabilità di chi dispone del potere di richiedere l’arresto, cioè la magistratura requirente, non è pari a quella di chi, invece, dispone del potere diretto di arrestare, cioè la magistratura giudicante, soprattutto il gip. 
Il nuovo codice accusatorio (all’americana) ha tolto il potere di arresto diretto al P.M., il quale, forse per una sorta di compensazione psicologica, ha iniziato ad esercitare il potere di richiesta più di quanto non esercitasse, una volta, il potere di arresto diretto.
La realtà è che il P.M. appartiene ad un ufficio strutturato gerarchicamente e spesso procede in team. Il gip,invece, è colui che deve decidere da solo ed in solitudine, su richieste talvolta pressanti della procura, sostenute dagli organi di polizia, con uno sbilanciamento di forze evidente.

La separazione delle carriere potrebbe liberare i giudici da questa morsa?

Il coraggio morale e giuridico di chi ha il potere di richiedere un arresto non può essere pari a quello di chi deve disporlo, visto che la responsabilità finale e complessiva ricadrà su quest’ultimo. A quest’ultimo, perciò, deve essere  riconosciuto, con dignità ed onestà intellettuale, il maggior peso che grava sulle sue spalle.
Disporre un arresto, chiunque sia il destinatario, non è mai soltanto un esercizio di giurisprudenza, ma  è sempre anche un momento di coinvolgimento di sensibilità umana.
Chi si allontanasse da questa verità, perderebbe i contatti con la realtà quotidiana.
Conta poco la mia opinione sull’annosa questione della separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici.  
Di leggi tese a modificare il sistema processuale, in senso garantistico, se ne son fatte. 
Il problema resterà sempre quello della loro soggettiva interpretazione, all’interno di una normativa, che, per compromesso, finisce per affidare alla magistratura margini di discrezionalità valutativa maggiori di quanto dovuti.
Diceva il ministro francese Tayellerand ai suoi funzionari:  “Surtout pas trop de zèle”. Basterebbe questo!

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