Intervista a Caiazza

 Angela Stella Unità 10 ottobre 2023

Il Congresso di Firenze ha chiuso l’esperienza di Gian Domenico Caiazza come presidente dell’Unione Camere Penali, che ora sarà sotto la guida di Francesco Petrelli.

Avvocato, 5 anni da presidente, 3 ministri della Giustizia durante il suo mandato,. Cosa le hanno insegnato questi anni in merito al rapporto tra giustizia e politica?

Che la politica nelle sue varie forme si è dimostrata almeno inadeguata a gestire i problemi della giustizia, in particolare di quella penale. È una politica che non sa affrancarsi dal peso improprio della magistratura. Non di rado la politica si è dimostrata addirittura lontana dalla Costituzione.

Lei qualche mese fa ha promosso con l’Unione una astensione per sostenere il Ministro contro chi gli stava impedendo di fare le riforme liberali. Lo avevate invitato anche al congresso ma non ha mandato neanche un messaggio. La delusione è forte?

Credo che la prima persona che dovrebbe essere delusa è lui. È entrato nella scena politica presentato come il Ministro delle riforme liberali. Invece, volendo fare il bilancio di questo anno in materia di giustizia penale, siamo dinanzi alla legislazione più illiberale degli ultimi decenni. Certo, siamo delusi anche noi e credo che dovrebbe darci anche delle spiegazioni. Se non lo fa, evidentemente questa è la sola politica che in concreto è in condizione di esprimere.  

Di cosa va maggiormente fiero di questi cinque anni e in cosa invece avrebbe voluto fare di più?

Sono fiero della crescita impressionante che l’Unione ha avuto in termini di comunicazione culturale e sociale. Abbiamo rotto il muro dell’isolamento, andando oltre l’interlocuzione con i soli addetti ai lavori. Siamo riusciti a crearci un'identità politica riconosciuta dall’opinione pubblica, come la voce più autorevole e più credibile per una idea liberale del processo e del diritto penale. Certo, avrei voluto ottenere più risultati di quelli raggiunti: ma noi rappresentiamo una idea minoritaria nel Paese, quindi tutto quello che riusciamo ad ottenere è sempre una conquista. Avremmo voluto fare di più proprio con Nordio. Io non ci sono riuscito, mi auguro ci riesca il mio successore.

Fuori i magistrati dal Ministero della Giustizia: è uno dei principali obiettivi dell’Unione. Ma invece di mandare fuori loro, non sarebbe più semplice far entrare anche voi?

Facendo questo ragionamento, facciamo scadere il problema in una contesa corporativa, per cui ‘vogliamo esserci anche noi’. Non credo che un avvocato, come libero professionista, possa essere protagonista del Ministero della giustizia. Quello che affermiamo è che invece non devono esserci magistrati nei ruoli apicali dell’Esecutivo, dove si determina la politica. Giusto interpellare avvocatura e magistratura, ma certe posizioni devono essere ricoperte da funzionari di carriera. Perché il capo di Gabinetto deve essere un magistrato? E perché il capo del legislativo non può essere un professore universitario?

Separazione delle carriere. Lei è andato al Congresso di Area a chiedere un dialogo costruttivo. Il segretario uscente Albamonte proprio da questo giornale ha replicato: “è impensabile che si possa aprire una trattativa con la magistratura sull’accettare forme meno virulente di riforma costituzionale”.

Vedo indubbiamente un irrigidimento, perciò ho fatto quell’appello. Si va alla ricerca di tutti gli aspetti divisivi della proposta di riforma, dopo che siamo riusciti a fargli capire che non vogliamo porre il pm sotto il controllo dell’Esecutivo. Ora sostengono che il nostro è un disegno di sottomissione della magistratura perché vogliamo togliere al Csm la sua funzione di terza Camera che ha acquisito in maniera autonoma, funzione che la Costituzione non gli assegna affatto. Sono temi però su cui si può discutere, se non lo si vuole fare significa che si vuole rimanere in una posizione ideologica che mi auguro si abbandoni.

Sui provvedimenti di Catania, sempre Albamonte dal palco del vostro congresso di Firenze le ha rivolto una domanda: “non devo rinnovare la mia iscrizione a Nessuno Tocchi Caino? Vogliamo davvero un sistema in cui la terzietà di un giudice può essere affidata ai database delle forze dell’Ordine?”

Non bisogna usare argomenti pretestuosi e suggestivi. Colgo i problemi di delicatezza della questione, quando si parla di manifestazioni pubbliche e di opinioni. Ma il problema che noi abbiamo posto non attiene al merito della decisione della giudice Apostolico che ho difeso perché il provvedimento non ha nulla di politico. Io ho richiamato un principio affermato dalla Cassazione: il giudice deve apparire imparziale. Invece di fare questi giochi provocatori occorrerebbe comprendere che ci sono situazioni che sono rimesse alla sensibilità della giudice e al rispetto della funzione giurisdizionale. Se un giudice va ad una manifestazione così connotata politicamente, dovrebbe essere proprio lui in primis ad astenersi. La magistratura ha raggiunto un tale livello di autoreferenzialità e di arroganza in alcuni casi che non riesce a cogliere neanche le più banali regole di opportunità. Certo, poi è ben chiaro che condivido la necessità di capire come questi video siano stati recuperati, come siano stati catalogati e finiti nelle mani del Ministro Salvini.

Quanto è in pericolo il diritto di difesa in Italia?

Moltissimo. Non volendo affermare una sorta di presunzione di impunità degli avvocati, è sotto gli occhi di tutti il moltiplicarsi di processi che coinvolgono in prima persona gli avvocati, criminalizzandone la funzione, quasi dando una lettura di favoreggiamento verso il proprio assistito. Ciò rappresenta una crisi gravissima dell’idea dell’avvocato e del diritto di difesa.

Cosa farà adesso?

Mi riposerò, sentendomi libero dal dovere quotidiano di svegliarmi e pensare a quali iniziative intraprendere. Ritornerò pienamente a fare l’avvocato. Poi si vedrà, la passione civile e politica non si estingue.

 

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