Caso Verdini e processo mediatico

 Valentina Stella Dubbio 4 gennaio 2023

 

Nel giornalismo sportivo c’è un verbo che appare in maniera preponderante durante il periodo del calciomercato: si tratta di ‘spunta’, riferito a qualche giocatore che entra nella trattativa tra due o più squadre. Lo stesso verbo è apparso ieri mattina a caratteri cubitali in un titolo de LaVerità: «Caso Anas-Verdini jr, spunta perizia segreta del figlio di Mattarella». Risultato? Creare molta suggestione nel lettore ma attraverso una narrazione che non assume nessun significato rispetto all’inchiesta della Procura di Roma sulle commesse Anas, perché il figlio del Presidente della Repubblica non è indagato, ma avrebbe semplicemente redatto un parere. Altri giornali hanno dato conto dell’inchiesta ma persino uno sempre molto scrupoloso come il Corriere della Sera sembra aver concesso molto più spazio a temi marginali che ad elementi propriamente investigativi. Allora bisogna chiedersi se davvero abbia ragione  il responsabile giustizia di Azione, Enrico Costa, che nel voler vietare la pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare intende, tra l’altro, proteggere, dalla gogna mediatica i terzi estranei all’inchiesta. Come ha scritto su Twitter, allegando l’articolo del quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, «Si prenda un’intercettazione irrilevante con nome celebre che non c’entra niente. La si metta agli atti ben sapendo che verrà diffusa e pubblicata, si infila il nome celebre nel titolo vicino a quello degli indagati. Ed il cocktail di fango mediatico giudiziario è servito». Facile infatti, come in questo caso, fare un pot pourri  tra elementi rilevanti per l’inchiesta e questioni accessorie, a scopo di distrazione di massa, soprattutto per un giornale vicino al Governo volto a spostare l’attenzione da personaggi vicini al Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini al figlio del Capo dello Stato, la cui storia politica è ben lontana da quella degli esponenti dell’Esecutivo. Certo, ad essere sinceri, delle volte sono anche gli avvocati difensori ad usare la stessa tattica per dare in pasto alla stampa nomi di estranei importanti presenti nelle carte per abbassare l’attenzione sui propri assistiti. Ma questo è un capitolo da affrontare a parte. Tornando all’oggetto dell’articolo, se poi vogliamo prendere in esame quelle testate che hanno riportato gli estratti esatti dell’ordinanza, è facile rendersi conto come con l’approvazione dell’emendamento Costa, che prevederà solo un riassunto del testo, quindi una formula del tipo «secondo il giudice tizio avrebbe commesso tali atti per questi motivi…..», la nuova norma andrebbe ulteriormente a raffreddare la suggestione dell’informazione giudiziaria, improntata sempre in chiave colpevolista e voyeuristica. È ragionevole dunque credere che questa situazione stia rafforzando al Ministero della Giustizia la convinzione di aver fatto bene, dopo un niet iniziale, ad appoggiare l’emendamento Costa. Certo, ora bisognerà vedere come il Governo in fase attuativa modificherà l’articolo 114 c.p.p. (Divieto di pubblicazione di atti e di immagini). Come hanno giustamente fatto notare, tra gli altri su questo giornale, il giurista Glauco Giostra e l’ex presidente dell’Anm Eugenio Albamonte rimettersi alla discrezionalità del giornalista può creare più confusione e più danni di quanti ne possa risolvere. Insomma il caso Verdini sta diventando un vero e proprio caso politico, attraverso le distorsioni del processo mediatico preventivo. Nei giorni scorsi, seppur non esplicitamente, le opposizioni nel richiamare in Aula il leader del Carroccio per una informativa lo hanno di fatto accusato, come espresso sarcasticamente da Daniele Capezzone, del “reato di fidanzamento”. Ora certi giornali chiamano in ballo addirittura il figlio di Mattarella. Tuttavia l’elemento forse più paradossale è che ormai la pubblicazione delle intercettazioni da parte della stampa è così avanzata da riportare persino i commenti in cui gli indagati smontano l'indagine: «È sempre la stessa storia: c’è qualcosa di politico che vogliono trovare e che non c’è, ma che vogliono trovare, perché uno è Verdini, in testa c’è Salvini». A parlare, riferisce l’Agi, - intercettato dalla Guardia di Finanza – è Denis Verdini, ex parlamentare, indagato nell'ambito dell'inchiesta. Nell'intercettazione, datata 12 luglio 2022, Denis Verdini parla con suo figlio Tommaso e Fabio Pileri, socio di Verdini junior nella Inver, delle perquisizioni avvenute in precedenza: annota la Guardia di Finanza che l'ex leader di Ala «sostiene che dalla lettura del decreto è tutta fuffa» e «il problema è da vedere che cosa altro c'hanno». A ben guardare quanto sta accadendo, i cultori della materia, dai massmediologi ai giuristi esperti di comunicazione giudiziaria, dovranno aggiornare quanto prima i loro pamphlet. Intanto Tommaso Verdini, finito agli arresti domiciliari lo scorso 28 dicembre nell'ambito dell'inchiesta, ieri si è avvalso della facoltà di non rispondere nell'interrogatorio di garanzia davanti al gip. La stessa scelta è stata fatta dagli altri indagati raggiunti da misura, tra i quali Fabio Pileri, socio di Verdini nella Inver. «L'indagine è durata due anni, il giudice ha impiegato cinque mesi per scrivere l'ordinanza e la scelta di avvalersi della facoltà di non rispondere era obbligata - ha sottolineato l'avvocato Alessandro De Federicis, difensore di Pileri, al termine dell'atto istruttorio - Abbiamo visto molte cose sulle quali avremmo da dire, ma in questa fase dobbiamo prima verificare l'entità dell'accusa». Settemila sono infatti le pagine dell'informativa dei finanzieri, consegnate ai legali difensori degli indagati poche ore prima degli interrogatori, impossibili da esaminare da parte degli avvocati in così poco tempo. «Due annotazioni – ha proseguito De Federicis uscito dalla Cittadella giudiziaria di Piazzale Clodio  - : in questa inchiesta ci siamo dimenticati tutti della presunzione di innocenza e che i processi in Italia non si riescono più a fare a piede libero. Dopo due anni di indagini avevamo dato la disponibilità alla Procura, al deposito degli atti, a chiarire perché - ha spiegato il penalista - noi sappiamo di questa indagine da tempo, perché c'era stata una perquisizione nel luglio 2022. Tutto ciò non è avvenuto e oggi ci troviamo con le misure cautelari che privano la libertà a persone che potrebbero essere innocenti. I fatti si chiariranno tra mesi e mesi nel processo e in questo tempo dovranno subire una privazione della libertà sovradimensionata a nostro avviso. Valutiamo il ricorso al Riesame».  Per il gip le misure cautelari si sono rese necessarie per il pericolo di reiterazione dei reati. Le dichiarazioni di De Federicis rendono alquanto attuale la necessità di approvare al Senato la riforma contenuta nel ddl Nordio che prevede l’istituto dell’interrogatorio preventivo della persona sottoposta alle indagini preliminari rispetto alla eventuale applicazione della misura cautelare.

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