Il rito stanco della giustizia che si guarda l’ombelico

 Angela Stella Unità 26 gennaio 2024

 

Forse ha avuto ragione il parlamentare di Azione, Enrico Costa, quando ha detto che ieri “l'inaugurazione dell'anno giudiziario è stato il solito stanco, ripetitivo, autoreferenziale rito in cui ciascuno degli attori, salvo eccezioni, ha ribadito l'importanza del proprio ruolo e lavoro, senza una visione complessiva”. Alla presenza del Capo dello Stato e delle massime autorità sono intervenuti i vertici della magistratura e dell’avvocatura. La prima presidente di Cassazione, Margherita Cassano, tra i diversi aspetti toccati, ha dedicato un capitolo al carcere: “Permane il sovraffollamento carcerario con una presenza di 62.707 detenuti (di cui 2.541 donne) rispetto ai posti disponibili pari a 51.179 anche se cominciano a registrarsi i primi effetti deflattivi della riforma del 2022”, affermazione che però appare in contraddizione con quanto da lei sempre detto ossia che “nel settore del diritto penale sostanziale ha ricevuto regolamentazione compiuta la giustizia ripartiva, è stata superata l’ottica carcero-centrica”. Ha confermato poi che la riforma Cartabia sta funzionando: “nel settore penale le pendenze si sono ridotte del 13% nei Tribunali e del 6,5% nelle Corti d’appello; un dato tanto più significativo ove si consideri l’aumento dei procedimenti di nuova iscrizione pari complessivamente nel 2023 a 2.447.467 rispetto ai 2.413,467 del 2022 e ai 2.423.842 del 2021 (+1,4% rispetto all’anno precedente).  Il numero dei procedimenti definiti è aumentato dell’8,3% in primo grado e del 10,6% in appello.   Il disposition time è sceso, in Tribunale, a 310 giorni, rispetto ai 386 del periodo precedente e, in Corte d’appello, a 689 giorni rispetto agli 815 del periodo precedente. È, quindi, possibile formulare una prognosi di conseguimento degli obiettivi fissati dal PNRR, pari, rispettivamente, a 282 giorni per i Tribunali e a 601 giorni per gli Uffici di secondo grado”. Il Procuratore generale Luigi Salvato si è scagliato contro i “verdetti resi dalla ‘smisurata giuria pubblica’ dei social media”. Ha ribadito che “’verità giudiziaria’ è solo quella raggiunta nell’osservanza del giusto processo di legge celebrato da magistrati ed avvocati; pretendere di sostituirla con improbabili indagini, abnormi plebisciti, significa distruggere le basi dello Stato di diritto e delle nostre libertà”. Intervenuto anche il vice presidente del Csm, Fabio Pinelli, a pochi giorni dalle polemiche sollevate durante la sua conferenza stampa. Stavolta ha mantenuto un profilo istituzionale, senza gaffe di ritorno. Nel suo intervento si è concentrato in parte sul ruolo del giudice, facendo tornare alla memoria il caso Apostolico e le polemiche suscitate a seguito dei suoi provvedimenti sui migranti: “la stessa contrapposizione tra i teorici del giudice ancorato alla stretta interpretazione della lettera della legge (il giudice bouche de la loi) e quelli del giudice capace da solo di ordinare gli interessi in gioco in funzione delle tutele che intende soggettivamente somministrare (secondo l’interpretazione “costituzionalmente orientata”), può dirsi ormai obsoleta”. Per il numero due di Piazza indipendenza la legittimazione del Giudice non è più fondata esclusivamente nella sottoposizione alla legge, ma nella modalità con cui esercita la funzione e dal conseguente rapporto di fiducia che si instaura con i cittadini. Mentre il Ministro della Giustizia Carlo Nordio ha esordito con ottimismo: “quello che si apre può essere considerato ‘l’anno giudiziario delle conferme’: conferme dei buoni risultati che cominciamo a registrare; conferme degli sforzi che non smettiamo di assicurare; conferme – soprattutto – delle opportunità che abbiamo di entrare in una nuova fase in cui la Giustizia è forza motrice di una rinnovata crescita del Paese”. Un piccolo accenno alla situazione carceraria: “I nostri padri costituenti conoscevano molto bene il dolore del carcere: anche per questo  hanno sancito, nell’atto fondativo della Repubblica, la funzione rieducativa della pena, principio che intendiamo attuare, favorendo anzitutto il lavoro per le persone private della libertà. Al contempo, operiamo per migliorare le condizioni complessive degli istituti penitenziari, in cui migliaia di servitori dello Stato prestano ogni giorno il loro alto servizio”.


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