Deposita proposta calderone

 Valentina Stella Dubbio 12 gennaio 2024

 

Deposita due giorni fa in Commissione giustizia della Camera una proposta di legge di Forza Italia, a prima firma Tommaso Calderone, dal titolo “Modificazioni al Codice di procedura penale in materia di attuazione dei principi del giusto processo”. Secondo quanto riportato nella relazione introduttiva « nell’ambito dell’articolo 430 del codice di procedura penale, che regola la delicata fase che intercorre tra la fine delle indagini preliminari e l’inizio del processo penale, si può notare come le garanzie poste a tutela della persona rinviata a giudizio sono di fatto eluse da disposizioni che possono integrare una grave compressione del diritto di difesa del cittadino sottoposto a procedimento penale. Come noto, il termine ultimo per la richiesta di accesso ai riti alternativi è costituito dall’udienza preliminare». È evidente «come l’assunzione di ulteriori prove da parte del pubblico ministero, unitamente alla ridetta preclusione costituita dall’udienza preliminare, nella sostanza rischia di inficiare in radice il giudizio prognostico fatto dall’imputato alla chiusura delle indagini preliminari circa l’opportunità di fruire o meno del patteggiamento ovvero del giudizio abbreviato». Come ci spiega il deputato la novità della norma è che dal termine delle indagini alla udienza preliminare «il pubblico ministero può solo assumere prove sopravvenute. Se ad esempio poteva sentire un testimone nella fase delle indagini preliminari e non lo ha fatto, non può più farlo quando sono concluse le indagini». Tuttavia « potrà assumere, nella sostanza, solo prove sopravvenute e non prove che doveva o poteva assumere nella loro sede tipica». Stessa cosa tra il rinvio a giudizio e l’inizio del processo. L’onorevole ci fa il seguente esempio: «Il giudice dell’udienza preliminare il primo del mese di febbraio 2024 rinvia a giudizio l’imputato e fissa la prima udienza dibattimentale il 30 aprile del 2024. In questo lasso di tempo il pubblico ministero può acquisire solo prove sopravvenute», ad esempio un nuovo testimone. «La novità significativa di questa norma – ci spiega Calderone – è che si deve rimettere in termini il giudizio abbreviato o il patteggiamento». Spieghiamo meglio: se l’imputato è sicuro che il pubblico ministero non ha prove sufficienti per la condanna, decide di andare a dibattimento. Tuttavia, se nel frattempo, la pubblica accusa ha acquisito nuove prove che potrebbero mettere in dubbio l’esito assolutorio, all’imputato verrà dato il diritto nella prima udienza del processo di accedere al rito abbreviato (che non ha bisogno dell’avallo del giudice) o al patteggiamento che è a discrezione del giudice invece. In sintesi « la proposta di legge, intende rendere pieno ed effettivo il diritto di difesa; nei casi di attività integrativa d’indagine procrastina per l’imputato l’opzione di accesso ai riti alternativi, così fondata sull’effettiva e completa conoscenza di tutti gli elementi a suo carico». Il sistema è stato proprio pensato per favorire i riti alternativi e questa proposta va in tale direzione.  La proposta, al termine, prevede anche l’abrogazione dei commi 1 ter e 1 quater dell’articolo 581 del codice di procedura penale. Secondo Calderone «è una norma inutile: non serve alla collettività, non serve all’imputato, non serve a velocizzare i processi. Inoltrw è dannosa per il difensore». Tale disfunzione della norma è stata più volte segnalata anche dal Cnf e a causa di essa l’Unione Camere Penali è da tempo in stato di agitazione. Il Ministro della Giustizia Nordio ha ricevuto per due volte una delegazione dell’Unione, manifestando in quelle sedi la propria convinta condivisione in ordine alla necessità della abrogazione di tali disposizioni ed alla opportunità di affidare la modifica normativa allo strumento legislativo più rapido. Ma ancora nulla è stato fatto. Da quanto appreso da fonti ministeriali e di Palazzo Chigi la richiesta di abrogazione delle previsioni normative introdotte dalla Cartabia avrebbe avuto il placet anche del sottosegretario Mantovano, colui che davvero dirige la nave della giustizia. E ora la palla sarebbe nelle mani del Ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto: deve avere il via libera dall’Europa perché se l’abrogazione comportasse una difficoltà per il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr sarebbe accantonata. Due le impressioni. La prima: questa sarebbe una ulteriore prova che senza Mantovano sulla giustizia non si muove nulla. La seconda è che l’Italia sia in una sorta di libertà vigilata da parte della Ue. 

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