Anm divisa, le ragioni di Mi: «Non siamo lì per fare la guerra»

 Valentina Stella 24 gennaio 2024


Magistratura indipendente per adesso ufficialmente non intende replicare all’articolo di ieri in cui, attraverso le voci di Area, Magistratura democratica e Unicost, la si accusava di essere collaterale al governo, dopo non aver sottoscritto due documenti di critica a Nordio e al vice presidente del Csm Fabio Pinelli, elaborati durante l’ultimo parlamentino dell’Anm. Stasera ci sarà una riunione del comitato direttivo, la prima con i nuovi vertici ossia Claudio Galoppi, segretario generale, e Loredana Miccichè, presidente. Si deciderà la linea politica e anche quella comunicativa. Occorrerà dunque attendere. Ma qualcosa in via ufficiosa è trapelata da varie fonti. Mi non avrebbe firmato il documento una “Relazione problematica”, riferito all’informativa di Nordio al Parlamento, in quanto la frase con cui lo si chiudeva, e cioè che l’Anm «si riserva ogni necessaria iniziativa a tutela dell’essenza della giurisdizione», è a detta di qualcuno una espressione che pone il “sindacato” delle toghe «sempre sul piede di guerra rispetto al governo e al Parlamento. Perché fare questo processo alle intenzioni?». Non avrebbe sottoscritto invece “Parole ed equilibrio”, dedicato alle dichiarazioni del numero due di Piazza Indipendenza, per questa ragione: «Avendo Magistratura democratica trasmesso sabato sera alla stampa un comunicato che poi si è rivelato essere il testo quasi identico del documento contro Pinelli, Mi ha ritenuto di non condividerlo perché avrebbe significato trascinarci a forza. Nei Cdc siamo soliti riunirci più volte tra gruppi e contrattare i punti per la stesura dei testi, ci sono molte mediazioni e alla fine nessun gruppo associativo può vantare la paternità del documento. In questo caso sarebbe stato diverso». E poi un’altra fonte smentisce che «tra il sabato e la domenica i componenti del Cdc si sarebbero consultati con il vertice per cambiare la linea» e di essere stati prima d’accordo con il documento unitario per poi smarcarsi. «Galoppi era malato, nessuna dietrologia, semplicemente non si è condiviso il metodo e parte del merito». La corrente conservatrice è comunque consapevole che in questo momento è in minoranza in Anm, «nessuno vuole disconoscere la democraticità della decisione dell’ultimo Cdc». Però chi ci parla vuole sottolineare un problema, a livello comunicativo: «Area ed Md sono una minoranza ma parlano di più, sia in televisione che sui giornali. Basti pensare all’intervento della presidente di Md Silvia Albano qualche sera fa nel programma di Lilli Gruber, Otto e mezzo, su La7. Quello che purtroppo il pubblico non capisce è che certe persone non parlano a nome di tutta la magistratura. È come chiamare il Partito democratico, che è in minoranza in Parlamento, ad intervenire in un consesso internazionale». Ma chiediamo: se avessero chiamato Mi, ci sarebbe andata? «Certo – ci risponde la fonte –, ma la stampa chiama certe persone perché le inquadra come opposizione al governo. Alla stampa serve che ci sia una magistratura schierata e chi lo è in questo momento sono proprio le correnti di Area e Md». Tuttavia se loro

vengono inquadrati come opposizione, Mi di fatto è al governo. Basti pensare al potentissimo sottosegretario Alfredo Mantovano, che aveva aderito a Mi e che pare abbia commissariato Nordio, e al fatto che esponenti della stessa corrente sono nei gangli del legislativo di Via Arenula. «Per quanto ne so io - continua la toga -, Nordio ha scelto le persone più affini a lui culturalmente, non ha chiamato la corrente e si è fatto indicare i nomi. Non posso dire che sia avvenuto lo stesso quando a via Arenula c’era il ministro Orlando e a dominare c’erano quelli di Area». La differenza appare ontologica, ci spiega un altro magistrato: «Noi riteniamo che non spetti alla magistratura scegliere tra diritti in conflitto». Allora Mi rappresenta il modello di magistrato bouche de la loi? «Ma no, neanche Montesquieu era convinto di questa definizione. Noi difendiamo la nostra indipendenza ma allo stesso tempo crediamo che non spetti a noi fare politica, la scelta definitiva spetta al legislatore. Apostolico, ad esempio, avrebbe dovuto inviare gli atti alla Corte di Giustizia europea, non disapplicare la normativa italiana. E credo che le Sezioni Unite il prossimo 30 gennaio prenderanno questa strada. A me è dispiaciuto che la stampa si sia soffermata sulla vita privata della collega e non sulle motivazioni del provvedimento che non è della singola magistrata, ma frutto di una riflessione dell’intera sezione del Tribunale di Catania». Però, ad esempio, sul fine vita alcuni magistrati si prendono la responsabilità di rimandare gli atti in Corte costituzionale perché si rendono conto che la politica è inadempiente rispetto ai passi avanti della società: «I vuoti creati dalla politica che di certi argomenti non vuole proprio occuparsi per noi rappresentano un problema - sottolinea il magistrato -. Ma sa qual è la differenza tra noi e Area e Md? È che noi subiamo il fatto di dover sopperire con nostre decisioni a certe mancanze del legislatore, mentre i colleghi progressisti rivendicano il fatto di poter dare una risposta alle rivendicazioni di nuovi diritti nella società». Infine un passaggio sul Consiglio superiore della magistratura: «Mi è in maggioranza relativa, è un Csm mutevole. La realtà è che dopo lo scandalo dell’Hotel Champagne Area e Unicost si sono ricompattate, ora le correnti progressiste hanno perso potere. E in tutto questo scenario c’è un consigliere ( Andrea Mirenda, ndr) che mostra solo una “identità contro” che non può bastare. Non si può solo distruggere, bisogna saper anche costruire».

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