Riforma del Csm, Santalucia: «Non si può valutare una toga su un singolo provvedimento»

 Valentina Stella Dubbio 17 gennaio 2024

 

Ieri mattina in Commissione giustizia della Camera è intervenuto, tra gli altri, in audizione Giuseppe Santalucia, Presidente Anm, nell'ambito dell'esame dello Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di riforma ordinamentale della magistratura (Atto n. 110). Tra i diversi aspetti toccati si è soffermato anche su quello che riguarda i consigli giudiziari.  L’articolo 2 del decreto legislativo, che regolamenta il cosiddetto diritto di tribuna degli avvocati dentro i consigli giudiziari, riconosce un diritto di voto alla componente avvocati oltre al diritto di assistere e partecipare alle deliberazioni che ineriscono alle valutazioni di professionalità dei magistrati. Ha sostenuto Santalucia: «Questo sta in delega, quello su cui si può ragionare è che questo diritto di assistenza e di partecipazione viene arricchito e rafforzato dal diritto al previo accesso alla documentazione necessaria, cioè l’accesso al fascicolo personale. Questo in delega non c’è: probabilmente è eccessivo. Se si tratta solo di un diritto di assistere e di partecipare ad una discussione, che ovviamente viene preparata dal relatore del fascicolo, consentire un accesso ad un fascicolo personale così ricco, come delineato dalla delega e dal decreto legislativo, è forse eccessivo se si tratta non di votare – sul diritto di voto nessun dubbio, se c’è stata una segnalazione del Consiglio dell’Ordine e la componente avvocati deve esprimere il voto nessun dubbio che debba farlo – ma che ci sia un diritto di accesso e magari poi non seguito da una effettiva partecipazione questo probabilmente è un punto che la Commissione potrebbe rivedere». Proviamo a spiegare cosa ha voluto dire il presidente Santalucia: se il Coa deve esprimere, come previsto, un voto unitario in merito ad una valutazione di professionalità del magistrato positiva, non positiva o negativa è chiaro che debba avere accesso al fascicolo del magistrato stesso. Nulla quaestio. Ma se invece si trova nella fase solo di ipotetica partecipazione alla discussione è eccessivo che acceda al materiale. Santalucia si è fermato a queste considerazioni. È ipotizzabile però da parte nostra che la ragione sottesa al rifiuto di questa previsione è che, ad esempio, in piccoli distretti, dove spesso possono esserci scaramucce o attriti tra avvocati e toghe, l’accesso al fascicolo potrebbe concedere troppa libertà al legale di spulciare nella vita del magistrato e casomai far uscire all’esterno qualche dettaglio. Il presidente dell’Anm si è poi concentrato sul «cuore» della faccenda: «le valutazioni di professionalità e il tentativo del decreto legislativo di definire le cosiddette ‘gravi anomalie’». La legge delega ha detto che bisogna valutare la capacità anche in relazione all’esito degli affari nelle successive fasi e nei gradi del procedimento. Per Santalucia «il decreto legislativo tenta una definizione di grave anomalia ma a me pare che in questo non colga perfettamente nel segno». Per il Consigliere di Cassazione «quello che è importante sottolineare è che le gravi anomalie possono essere date da una valutazione complessiva dell’esito degli affari. Se io su un numero ampio di esito nei gradi successivi ho un dato  numerico particolarmente importante allora la grave anomalia c’è. Ma non posso valutare la grave anomalia su una singola campionatura. Nella definizione di grave anomalia devi comunque tener conto dell’andamento statistico. È l’andamento statistico anomalo che può significare la spia per cui il Consiglio giudiziario e il Csm devono attivarsi a verificare cosa c’è dietro» ma non ci si può focalizzare «sul singolo procedimento perché questo significa falsare totalmente la capacità di valutazione del lavoro del magistrato»

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