Arretrato in calo? In pochi si affidano ai giudici

 Valentina Stella Dubbio 27 gennaio 2024

 

Durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario la Prima presidente di Cassazione, Margherita Cassano, ha sottolineato che le pendenze sia nel civile che nel penale sono diminuite. Ma al netto dei dati qual è la percezione che gli avvocati hanno del sistema giustizia? Lo abbiamo chiesto ad Antonio de Notaristefani, presidente dell’Unione Nazionale Camere Civili: «ero presente in Cassazione e ho apprezzato la relazione della Prima presidente. Credo che sia necessario precisare alcune cose. Innanzitutto la percezione degli avvocati rispetto agli effetti della riforma Cartabia è assolutamente negativa. Questo però non è smentito dai dati forniti dalla Cassano, per due ragioni che è facile sintetizzare. La prima: la riforma Cartabia è entrata in vigore il 28 febbraio 2023. Quindi ipotizzare che un arco di dieci mesi potesse produrre un impatto significativo dal punto di vista statistico è francamente irrealistico. La seconda: se lei legge con attenzione la relazione della Presidente, vedrà che viene indicato un abbattimento dell’arretrato civile, egualmente viene indicato un abbattimento di quello penale. Ma viene indicato il saldo: nel settore civile le pendenze sono diminuite dell’8,2% e del 9,8% nelle Corti d’appello. È chiaro che se questa diminuzione dipendesse da un incremento del numero delle decisioni avremmo il segnale di una maggiore efficienza della giustizia. Se invece le pendenze diminuiscono perché arrivano meno iscrizioni a ruolo significa che la gente non ha più fiducia nella giustizia. Allora è evidente che il dato della riduzione delle pendenze è sicuramente un dato utile ma in assenza della spiegazione della riduzione delle pendenze è chiaro che può essere un dato che si presta a interpretazioni diverse. Per quello che risulta a me la riduzione delle pendenze dipende prevalentemente, se non esclusivamente, dalla riduzione dei nuovi giudizi. La gente non ha più la voglia o i soldi per chiedere giustizia. Questo con esclusione della Cassazione dove c’è un incremento importante delle definizioni». Quindi ha ragione il presidente del Cnf quando sostiene che «Le recenti riforme del rito civile hanno, di fatto, chiuso le porte dei Palazzi di Giustizia agli avvocati e, quindi ai cittadini, costruendo il paradosso di un “processo senza il processo”»? «Sono assolutamente d’accordo con il presidente Greco», ha concluso De Notaristefani. Abbiamo chiesto un parere anche a Carlo Foglieni, Presidente dell’Aiga: «sull’effettiva efficienza del processo, riteniamo che ci siano ancora molte criticità da superare, su due profili in particolare. Il primo riguarda la digitalizzazione: ad oggi, siamo ancora un po' in ritardo. È necessario investire più risorse sia nell’adeguamento delle infrastrutture tecnologiche degli uffici giudiziari sia nella formazione del personale. Pensiamo al processo penale telematico: è stato necessario rinviare al 31/12/2024 l’obbligatorietà del deposito degli atti in attesa della piena operatività del sistema. Pensiamo anche agli uffici del Giudice di Pace: dal 30 giugno è stato introdotto il processo telematico ma, di fatto, non tutti gli uffici sono stati attrezzati sotto un profilo tecnologico. È necessario poi prevedere una piattaforma unica per tutti i processi. A ciò si aggiunge la carenza di personale amministrativo e giudicante. Si tratta di un dato che la stessa Presidente Cassano ha ben evidenziato nel suo discorso inaugurale. Come Aiga lo diciamo da tempo che le sole riforme del rito non sono di per sé sufficienti a migliorare l’efficienza del sistema giustizia, ma è necessario investire risorse assumendo più personale, anche mediante la stabilizzazione degli addetti all’Upp, prevendendo inoltre la gestione manageriale dei Tribunali». Foglieni, rispetto alle parole del Presidente Greco, ha dichiarato: «come Aiga condividiamo le parole del presidente del Cnf: effettivamente sul civile si sta andando troppo verso una cartolarizzazione del processo. È invece fondamentale che gli lavvocati possano, nel pieno rispetto del contraddittorio, rappresentare le proprie istanze dinnanzi al Giudice, guardandolo negli occhi, anche al fine di agevolare una definizione bonaria della vicenda con conseguente deflazione del contenzioso. Si metta anche nei panni del cittadino: c’è il rischio che non vedendo mai in volto il proprio giudice naturale e precostituito, come dice la nostra Costituzione, senta la giustizia sempre più distante e, quindi, rafforzi ancora di più quel clima di sfiducia nell’intero sistema. Dietro ad ogni processo e ad ogni fascicolo c’è infatti sempre un risvolto umano, una storia di vita, e questo non lo dobbiamo mai dimenticare». Per quanto concerne la mancata soppressione dei limiti interposti all’appello dall’art. 581 c.p.p., ha concluso: «anche in questo caso condivido le parole del presidente Greco perché è un limite molto forte imposto alla difesa». Infine per Francesco Petrelli, Presidente dell’Unione Camere Penali «come abbiamo scritto nel titolo della nostra inaugurazione la percezione è che il processo venga oramai inteso come un ostacolo posto all’accertamento della verità, un intralcio da evitare in ogni modo; se una volta ai tempi del varo del codice Vassalli i riti alternativi erano visti come soluzioni volte alla valorizzazione del dibattimento, ora sembra che le cosiddette “vie di fuga” dal processo abbiano una funzione dissuasiva. Il dibattimento che avrebbe dovuto avere una posizione centrale nel modello accusatorio è visto come un luogo sinistro da evitare.  Se dunque il numero delle pendenze in genere è diminuito occorrerebbe analizzare il dato disaggregato e valutare con attenzione quali siano le vere cause della deflazione, e se essa non coincida con una caduta delle garanzie». Sul problema dei limiti all’appello, conclude il leader dei penalisti, «Si tratta di una delle questioni poste al centro della nostra delibera di astensione, che opportunamente il presidente Greco ha ricordato nel suo intervento. La compressione del diritto di impugnazione del difensore incide in maniera gravissima sulla dignità stessa della funzione difensiva in quanto interpone alla impugnazione di una sentenza una serie di irragionevoli formalismi imposti a pena di inammissibilità con il risultato davvero inaccettabile che una sentenza ingiusta acquisti efficacia di giudicato con conseguenze drammatiche per l’imputato condannato ed una serie di effetti negativi collaterali per l’intero ordinamento. In caso di esecuzione di quelle sentenze, infatti, si otterrà un ulteriore incremento del sovraffollamento carcerario ed una moltiplicazione successiva dei possibili rimedi rescissori previsti dalla legge. Una soluzione davvero irrazionale». 


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