Inchieste ad orologeria elettorale

 Valentina Stella dubbio 19 gennaio 2024

L’inchiesta sul governatore della Sardegna Christian Solinas a poco di più di un mese dalle elezioni riapre la ben nota questione dell’indagine ad orologeria. Di avvisi di garanzia arrivati a candidati a ridosso degli appuntamenti con le urne  ce ne sono diversi. Prendiamo il caso dell’ex governatore della Calabria Mario Oliverio: nel 2018 per una inchiesta coordinata dalla procura di Catanzaro, rinunciò alla ricandidatura per la guida della Regione. Oliverio accusò la procura di agire ad orologeria: «Caratterizzare questa fase immediatamente a ridosso delle elezioni regionali significa condizionare oggettivamente quelle che sono le vicende politiche - commentò all’epoca -. Però se i processi non si fanno se non dopo anni e magari si fissa anche al punto giusto una udienza per condizionare le scadenze, credo che debba fare riflettere ai fini della sostanza democratica. Ovviamente poi su assolto. Sempre nel 2018 toccò al sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, essere iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Rieti per il crollo di una delle tre palazzine di piazza Sagnotti in seguito al sisma del 24 agosto 2016. Allora disse: «Sono estraneo rispetto ai fatti contestati, ma mi preme osservare che tale atto mi è stato notificato casualmente a 22 giorni dalle elezioni regionali del Lazio», alle quali era candidato. Il 6 aprile 2023 fu assolto. Nel 2022, mentre Giorgia Meloni era in piena campagna elettorale, finì ai domiciliari la sindaca di FdI Roberta Tintari, accusata di reati di turbata libertà degli incanti e falso nella gestione dell'arenile comunale, poi tornata in libertà dopo un mese in quanto la misura sarebbe stata «illegittima». La richiesta dei pm al gip era stata presentata il 23 febbraio del 2021, con la preghiera di applicare in via «urgente» le «misure cautelari coercitive» per «interrompere le condotte criminose».Ma gli arresti sono arrivati due anni dopo, due giorni prima della caduta del governo Draghi. «Il modello Terracina evocato più volte da Giorgia Meloni come esempio di riscatto ed efficienza è stato infangato mentre il partito è in testa ai sondaggi, l'obiettivo era quello di sporcare un simbolo e di sporcare anche me, che in passato sono stato portavoce della leader di Fratelli d'Italia. È un'inchiesta ad orologeria? Le prove non le avremo mai, ma i fatti parlano chiaro», aveva commentato Nicola Procaccini, eurodeputato di Fratelli d'Italia coinvolto nella stessa inchiesta. E come non dimenticare il caso di Luca Morisi, ideatore della bestia social di Matteo Salvini: vero che non era candidato ma alla vigilia delle Amministrative nel 2021 fu indagato per detenzione e cessione di stupefacenti dopo che i Carabinieri, su segnalazione di due giovani escort romeni con i quali aveva trascorso una notte a base di sesso e droga, avevano scoperto nella sua casa di Belfiore una piccola quantità di cocaina. La sua posizione fu archiviata ma la campagna elettorale del leader del Carroccio fu profondamente penalizzata dalla marcia indietro del suo fedele collaboratore.  «È una vicenda meschina, attaccano lui per attaccare me», tuonò il leader del Carroccio. Fu più fortunato Vincenzo De Luca, governatore della Campania riconfermato alla guida della Regione a febbraio 2021. La grana, casualmente, era scoppiata a due settimane dal voto, in programma a settembre 2020, un’elezione che i sondaggisti davano già in mano allo stesso De Luca, superfavorito con più di 10 punti di vantaggio sullo sfidante di centrodestra, Stefano Caldoro. La procura di Napoli gli contestava l’ipotesi di abuso d’ufficio, falsità ideologica e truffa, ipotesi che, a pochi mesi dalla rivelazione di Repubblica - nonostante la notizia fosse ancora coperta da segreto -, venne archiviata. L’indagine era in corso da tre anni ma «lo straordinario scoop giornalistico», ironizzò il governatore su Facebook, venne reso pubblico solo a pochi giorni dal voto. «Nel frattempo si comunica che l'organizzazione dell'Ufficio di segreteria della Presidenza attuale, rispetto a quella precedente, ha comportato un risparmio di 84.000 euro l'anno - aveva evidenziato il governatore col solito piglio -. Buon lavoro a tutti. E per il resto, non perdere tempo e non farsi distrarre». A maggio 2019 era toccato invece a Lara Comi, candidata di Forza Italia alle Europee e accusata di finanziamento illecito, accusa poi archiviata. «Su di lei un grande equivoco», la difese Silvio Berlusconi. Ma l’inchiesta aveva colpito anche altri esponenti del partito dell’ex presidente del Consiglio, come Pietro Tatarella, vicecoordinatore regionale lombardo di Forza Italia e candidato alle elezioni europee. A venti giorni dal voto, toccò anche il governatore leghista Attilio Fontana, accusato di abuso d’ufficio per un incarico al socio di studio Luca Marsico, rimasto senza posto in consiglio regionale. «Vergognosi attacchi all’uomo, all’avvocato, a un sindaco e a un governatore la cui onestà e trasparenza non sono mai state messe in discussione in tanti anni, né mai potranno esserlo oggi o in futuro», aveva tuonato Salvini. E anche nel caso del governatore l’inchiesta si chiuse con un’archiviazione, arrivata a marzo del 2020. I casi non finirebbero qui ma lo spazio è terminato.  


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