I magistrati al Ministero pronti a sabotare riforma del Csm

 Valentina Stella Dubbio 3 giugno 2023

A via Arenula comanda il Ministro Carlo Nordio o la sua corte di magistrati assegnati ai vari uffici? La domanda è lecita se si mettono insieme un po’ di elementi. Primo: fonti del Ministero ci hanno riferito che mentre Nordio nei primi quattro mesi dalla nomina andava in giro a sbandierare le sue riforme liberali sulla giustizia, all’ufficio legislativo del Dicastero nessuno si stava preoccupando di prendere appunti e di trasformarle in atti normativi. Tanto è vero che il pacchetto di riforme garantiste – abuso di ufficio, traffico di influenze, misure cautelari, limiti all’appello del pm, informazione di garanzia –, che arriverà forse a metà giugno in Cdm, sconterà in parte, come filtra sempre dal Ministero, il ritardo con cui è stato elaborato. Secondo: mentre si ricorderà che a presiedere la commissione per elaborare proposte di interventi per la riforma dell’ordinamento giudiziario l’ex Guardasigilli Marta Cartabia aveva messo un professore e avvocato come Massimo Luciani, fino ad ora sarebbe stata, paradossalmente, la magistratura ad attuare o tentare di attuare a proprio modo la riforma Cartabia. Al Csm, attraverso l’adeguamento degli emolumenti e in Parlamento con la presentazione di un emendamento, poi ritirato forse a seguito delle polemiche venute fuori sulla stampa, al decreto sulla Pa che avrebbe portato al Ministero altri dieci magistrati fuori ruolo, e prevedendo sì una futura riduzione del loro numero complessivo, passando dall’attuale soglia di 200 (di cui 65 a via Arenula) a 180, ma solo a partire dal 2027. Terzo: come riferito ieri da un articolo del Foglio, ci sarebbe la vice capo di Gabinetto, la magistrata fuori ruolo Giusi Bartolozzi, dietro l’emendamento che ha rinviato a fine dicembre il termine per emanare i decreti attuativi della riforma Cartabia del Csm e dell’ordinamento giudiziario. La magistrata, si sostiene, avrebbe una forte influenza su Nordio tanto da assumere un ruolo più politico che tecnico. «L’obiettivo ultimo  - scrive Antonucci – sarebbe quello di far decadere la riforma». In pratica significherebbe fare un grosso favore all’Anm perché salterebbe il fascicolo di professionalità dei magistrati, così come il voto degli avvocati nei Consigli giudiziari nel momento di valutazione delle toghe, i limiti alle porte girevoli tra politica e magistratura, la riduzione dei magistrati fuori-ruolo. Tutte quelle questioni che portarono il sindacato delle toghe a scioperare lo scorso anno contro la Cartabia. Non dimentichiamo che sulla riforma del Csm e ordinamento giudiziario entro giugno sarebbero dovuti essere approvati i decreti attuativi ma tutto è slittato di sei mesi, con la motivazione ufficiale che c’erano altre priorità da gestire al Ministero ma col sospetto che sia stata proprio la volontà dei fuori-ruolo a procrastinare il tutto, come ipotizzato più volte dall’onorevole e responsabile giustizia di Azione Enrico Costa. Interpellata dal Dubbio, la Bartolozzi ha preferito non commentare: «sono al lavoro come sempre» ci ha scritto. Mentre un’altra fonte di via Arenula smentisce l’indiscrezione del sabotaggio della riforma e dichiara addirittura che Nordio «ha istituito una Commissione di approfondimento composta da diverse professionalità che sta già lavorando con grandissimo impegno e con riunioni molto frequenti per elaborare un testo che sarà quello su cui verranno svolte ulteriori riflessioni e che costituiranno la premessa per l’attuazione della legge delega». Da chi è composta tale commissione? E quanti riunioni ha fatto fino ad ora? Sarebbe utile se il Ministero facesse un comunicato per smentire le voci che si rincorrono in questi giorni. Considerazioni opposte ci giungono invece da un’altra persona ben informata sui lavori a Via Arenula: «credo che quanto riportato dal Foglio non sia una speculazione. C’è il rischio che possa saltare tutto. Questo perché penso che ci siano all’interno del Ministero dei frenatori. Se la loro manovra di sabotare la scrittura dei decreti attuativi riuscisse nello scopo sarebbe davvero folle». Il problema è sempre lo stesso, come pure denuncia da anni Gian Domenico Caiazza, leader dei penalisti italiani: se al Ministero sono distaccati solo magistrati è facile che si innestino ragionamenti corporativisti molto forti. Sarebbe forse il caso di cominciare a prendere in considerazione la proposta dell’ex presidente dell’Anm Eugenio Albamonte: non cacciare i magistrati dal ministero ma aprire le porte agli avvocati. Quarto: sulla riforma della separazione delle carriere, filtra sempre dal Ministero, «deve esserci la volontà politica. Non c’è alcuna difficoltà tecnica perché per scriverla ci vuole davvero poco, avendo già il testo base dell’Unione Camere Penali Italiane. Ma la volontà politica in questo momento sostiene che ci dobbiamo occupare di altro; allora fin quando non si raggiunge l'obiettivo del presidenzialismo sarà difficile vedere questa riforma sul tavolo». E Nordio in tutto questo quadro così confuso come si pone? Assumerà il ruolo di un ministro consapevole e rassegnato o quello di uno stratega che cerca al momento giusto di andare alla controffensiva, grazie anche ad una sponda dell’avvocatura che non dovrà mai mancare? 


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