Toh, il condannato Davigo dà lezioni alla Camera: ora valga per tutti

 Errico Novi, Valentina Stella Dubbio 27 giugno 2023

Oggi pomeriggio alle 14:30 la commissione Giustizia della Camera avvierà un ciclo di audizioni informali, in videoconferenza, nell’ambito dell’esame delle proposte di legge di Enrico Costa, Pietro Pittalis e Ciro Maschio su “Modifiche al codice penale in materia di prescrizione del reato”. Tra gli esperti che verranno sentiti, compaiono i professori Gianluigi Gatta e Mitja Gialuz, chiamati dal Pd, il segretario dell’Unione Camere penali Eriberto Rosso, indicato da Enrico Costa, i vertici dell’Anm Giuseppe Santalucia e Salvatore Casciaro voluti dal Movimento 5 Stelle, il quale ha richiesto anche la presenza di Piercamillo Davigo, magistrato in congedo, condannato pochi giorni fa, in primo grado, a un anno e tre mesi per rivelazione di segreto d’ufficio. Nulla quaestio sulla sua audizione: una persona è innocente fino a sentenza definitiva, e anche qualora la sua condanna passasse in giudicato chi lo dice che non potrebbe essere audito come ex magistrato? Sono sempre suonati stucchevoli i discorsi sulle “questioni di opportunità” riguardanti incarichi per politici anche solo indagati, suonerebbero altrettanto fuori luogo per Davigo. Certo colpisce che a volere alla Camera l’ex pm del “pool” siano i pentastellati, i quali sembrano abbandonare così quella presunzione di colpevolezza da cui sono stati sempre sedotti: come “uno valeva uno”, fino a qualche tempo fa, persino un avviso di garanzia valeva, ad esempio, dimissioni subito da qualsiasi carica. Adesso, e ne siamo lieti, il paradigma sembra cambiato. Ma perché da parte dei 5S su Davigo non esiste imbarazzo laddove, per esempio, il Movimento difende ancora la legge Severino, che sancisce la sospensione per gli amministratori locali in caso di condanna di primo grado?

Valentina d’Orso, capogruppo 5S in commissione Giustizia, risponde che «la richiesta di audizione del dott. Davigo è precedente alla notizia della sua condanna» ma che «in ogni caso è stata da noi confermata in quanto non c’è alcun imbarazzo, nemmeno dopo la condanna in primo grado. Non stiamo parlando di una candidatura a una carica elettiva o di una nomina a incarico pubblico: qui si sta chiedendo un contributo tecnico a una persona che per decenni ha svolto incarichi di primo piano nella magistratura e per questo accumulato grande conoscenza della materia, dimostrando sempre notevole preparazione e un non comune rigore nelle argomentazioni».

Del resto, conclude D’Orso, «non è nostra abitudine andare a controllare la fedina penale delle tante persone audite in commissione su richiesta di tutte le forze politiche. Piuttosto, è paradossale e fa francamente sorridere che l’obiezione giunga dal sedicente fronte politico garantista: evidentemente sono loro a usare due pesi e due misure, ricorrendo a un garantismo di comodo con gli amici e a un giustizialismo d’occasione contro quelli che ritengono avversari».

In realtà nessuna polemica è stata sollevata da un presunto fronte garantista: a porci la domanda siamo stati semplicemente noi. E dalle parole della deputata possiamo dedurre due considerazioni. La prima: finalmente i 5 Stelle non legano la credibilità di una persona alla mera assenza di scocciature con la giustizia. La seconda: è discutibile tuttavia il loro ragionamento nella parte in cui di fatto sancisce che una persona indagata, o imputata o addirittura condannata in primo grado e comunque presunta innocente possa essere ritenuta attendibile come esperta da audire in commissione ma non possa essere ritenuta degna di una candidatura o di restare in carica come amministratore locale.

Ci chiediamo, o meglio chiediamo loro: la presunzione d’innocenza non dovrebbe essere un principio assoluto, di civiltà liberale, che non si misura col lumicino?

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