Intervista esclusiva a Heidi Hjorth

 Valentina Stella dubbio 17 giugno 2023

 

Per la prima volta Heidi Hjorth, la madre di Gabriel Natale Hjorth, condannato per ora a 22 anni di carcere per l’omicidio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega in concorso con Finnegan Lee Elder che materialmente accoltellò il carabiniere, si confessa in questa lunga intervista. Emergeranno sentimenti apparentemente contrastanti: la sofferenza per un figlio in carcere a migliaia di chilometri di distanza e un dolore, senza ipocrisia, per la tragedia che ha investito la famiglia Rega. Ma di una cosa è convinta: mio figlio è innocente e deve tornare a casa.

              Heidi, come ha scoperto cosa era successo quella maledetta notte?

 

Ho ricevuto una telefonata dal papà di Gabriel nella quale mi diceva che lui e i suoi genitori stavano guardando il telegiornale mentre cenavano e hanno visto la foto di Gabriel sullo schermo. Mi disse che Gabriel era stato arrestato in relazione all'omicidio di un ufficiale dei carabinieri. Sono rimasta paralizzata, mi sono fatta mille domande, ero in preda alla paura e a mille emozioni che mi attraversavano la mente. Non riuscivo a ragionare con lucidità e non abbiamo ricevuto ulteriori informazioni su nostro figlio per due giorni. Potevamo solo assistere all'inizio del “processo mediatico” dove mio figlio è stato immediatamente condannato per omicidio.

 

Quando ha rivisto suo figlio per la prima volta e cosa vi siete detti?

 

Dato che il padre di Gabriel era già in Italia, dove era arrivato con lui pochi giorni prima per visitare la famiglia italiana, io non sono venuta subito perché dovevamo coordinare i nostri viaggi e dovevo prendermi cura di mio figlio minore, 15 anni all’epoca. Ho visto Gabriel per la prima volta in carcere ad ottobre, per il suo compleanno. Ha compiuto 19 anni in carcere. È stato un momento estremamente triste. Gabriel era molto giovane, così impaurito, e abbiamo cercato di sostenerlo in ogni modo possibile. Gli tenevo la mano, provavo a pensare ai bei ricordi insieme. Abbiamo parlato di suo fratello e di quanto gli mancava il suo amato cane, abbiamo cercato di parlare delle cose normali di cui parlavamo sempre. Era difficile per noi, e ancora più difficile per Gabriel, capire cosa stava succedendo. Ci ha detto, fin dal primo momento, che lui non aveva commesso alcun omicidio e abbiamo quindi cercato di rassicurarlo che tutto si sarebbe chiarito. Continuava a chiederci perché fosse in prigione dato che non aveva ucciso nessuno.

 

Ha mai dubitato della verità di Gabriel?

 

 No, mai. Gabriel ha un carattere forte, era sicuramente immaturo, ma è sempre stato profondamente onesto. Ha sempre detto la verità ed era per noi quindi naturale credergli. Dopo quattro anni, finalmente, si sta almeno togliendo il peso di non essere stato creduto, malgrado dicesse la verità e malgrado i tanti riscontri, molti dei quali disponibili sin dall’inizio di questa storia. Siamo grati a tutte le persone che stanno contribuendo alla giustizia.

 

Cosa significa per una madre avere un figlio in carcere in un Paese straniero, a migliaia di chilometri di distanza?

 

Non si può spiegare cosa si prova. Se questo non fosse successo a me, alla nostra famiglia, non sarei stata minimamente in grado di capirlo. Pur con tante difficoltà, riusciamo ad assicurargli la migliore assistenza giuridica possibile e siamo grati ai nostri eccellenti avvocati, ma al di fuori di questo noi possiamo fare ben poco, tanto più da così lontano. Saremo per sempre grati allo zio e ai nonni italiani di Gabriel per i loro instancabili sforzi nel visitarlo con regolarità e nel fargli avere i generi alimentari o gli indumenti puliti. Il contatto diretto con la famiglia è fondamentale per Gabriel, il vedersi e ora, dopo il periodo covid, anche il potersi finalmente riabbracciare. Gabriel può farmi tre brevi telefonate alla settimana, sono momenti di grande emozione, ogni volta, e non durano mai abbastanza. Gabriel fa anche 2-3 videochiamate al mese, in alternativa alle visite di persona. Gabriel è così cambiato in questi quattro anni così difficili. È sempre stato un ragazzo affettuoso e premuroso, ma ora si preoccupa, incredibilmente ancor più, lui di noi, di come stiamo noi.

 

Come sono i suoi rapporti con la famiglia di Elder?

 

Non conoscevamo Finnegan né i suoi genitori prima di questa tragedia. Con il tempo, ho stretto un legame molto forte con sua madre . Ci troviamo insieme in questa tragedia e abbiamo bisogno del sostegno reciproco. Un sostegno sincero, colmo di tristezza, ma anche di speranza. Sebbene i nostri figli abbiano avuto ruoli diversi, credo che il quadro generale di questa tragedia richieda grande compassione da parte di tutti.

 

La famiglia di Cerciello Rega potrebbe obiettare: almeno lui è vivo, il nostro Mario è morto. Cosa risponde?

 

La morte di Cerciello Rega è anche per noi un profondo dolore, un'ingiustizia, e non posso immaginare il dolore dei suoi familiari. Penso poi a mio figlio che non ha ucciso nessuno e non merita neanche lui un'ingiustizia e non dovrebbe essere in prigione da ormai quasi quattro anni.

 

Qual è la sua opinione sulla giustizia italiana?

 

Sono stata terrorizzata dal primo processo. Ho assistito a come il giudizio emotivo rendeva sordi alle evidenze che emergevano sempre più chiare. Quella non era Giustizia, non è “La Legge è uguale per tutti”. Con molta fatica, abbiamo comunque continuato a cercare di far emergere la verità. Per quanto triste sia la storia, credo che la giustizia debba venire dall’analisi obiettiva dei fatti e delle prove. È stata fatta luce su molte anomalie e adesso sembra che le prove presenti sin dall’inizio ci stiano conducendo, purtroppo molto lentamente, alla verità e alla comprensione della vicenda.

 

Come viene trattato Gabriele in carcere?

 

Per fortuna, le prigioni in Italia, per la nostra esperienza, sono notevolmente migliori di quello che ho letto o visto sulle prigioni negli Stati Uniti. Quando Gabriel era a Regina Coeli ci diceva di non aver mai visto nessuno in prigione che fosse giovane come lui ed io ero molto preoccupata per la sua incolumità. Adesso, quattro anni dopo, in carcere ci sono ragazzi più giovani di lui, ma lui è sempre tra i giovanissimi. Fortunatamente, la vita quotidiana sembra piuttosto calma. Il fatto che possa cucinare i pasti insieme ad altri detenuti e creare legami con alcuni di loro è qualcosa di cui sono estremamente felice. A Gabriel piace cucinare e si tiene occupato leggendo, studiando e prendendosi cura di se stesso e questo ci dà molto sollievo, ci rassicura un po’.

 

Chi era Gabriel prima di quella notte?


Un adolescente come tanti, un ragazzo diciottenne che si affacciava alla vita di adulto, che studiava all’Università in un’altra città, che passava il tempo libero con gli amici e voleva divertirsi. Un carattere forte, con un grande cuore e molto consapevole delle persone meno fortunate di lui. Ricordo che una volta eravamo in auto ed ha notato una persona in sedia a rotelle a cui era caduta la spesa per terra. Gabriel mi ha chiesto di fermarmi ed è corso a raccogliere la spesa per questo signore e gli ha chiesto se potevamo aiutarlo a tornare a casa. Mi piace molto ricordare con lui quest’episodio.

 

Come genitore, si rimprovera qualcosa nella sua educazione?

 

Il mestiere di genitore, si sa, non viene insegnato, noi genitori ci ispiriamo alla nostra stessa esperienza da bambini, a quello che abbiamo letto, alle riflessioni che abbiamo fatto sul rapporto genitore-figlio. Poi, ogni bambino, ogni persona ha la sua personalità. È naturale e inevitabile sbagliare, nessuno di noi è perfetto, ma i valori fondamentali, quelli devono essere un caposaldo. Quello che ho fatto con entrambi i miei figli è stato parlare apertamente con loro di tutti gli argomenti. Ho cercato di insegnargli l’onestà, la gentilezza, il valore della famiglia e di metterli in guardia dai pericoli della vita. Abbiamo sempre parlato di tutto e cercato di creare un rapporto di fiducia e di ascolto reciproco.

 

Quale messaggio vorrebbe rivolgere ai nuovi giudici di appello?

 

Mio figlio è cresciuto nel rispetto delle istituzioni e, nonostante quello che sta passando e quello che inevitabilmente ha perso e continua a perdere ogni giorno della sua gioventù, vuole ancora credere nella giustizia. Quello che chiediamo è un processo giusto, il rispetto delle prove, un giudizio secondo giustizia. Non deludete un ragazzo innocente che ha già passato un inferno di ingiusta privazione della libertà e che trova ancora la forza di credere nella Giustizia.

 

Ha mai provato a contattare la famiglia di Cerciello Rega? Cosa vorrebbe dire loro?

 

La perdita violenta di un familiare è una tragedia così profonda e inimmaginabile che merita discrezione e rispetto commosso. Il loro dolore inestinguibile è inimmaginabile. Prego per il compianto Vice Brigadiere Cerciello Rega e per tutti i suoi familiari, specie per la giovane moglie e la madre. È vero: nel processo siamo seduti su banchi opposti, ma spero che possano credere alle mie parole, prive di qualsiasi ipocrisia, quando dico che sento una vicinanza verso di loro.

 

Come hanno trattato i media questo caso?

 

All'inizio male, con qualche eccezione di pochi giornalisti veramente interessati alla verità che hanno subito compreso che, al netto dell’emotività, diversi tasselli del puzzle non tornavano. I media hanno cavalcato l'immane tragedia in modo sensazionalista, l’opinione pubblica era quindi orientata all’indignazione e la ricerca della verità passava in secondo piano. Era più importante sbattere in prima pagina due ragazzi come mostri e fare un processo mediatico con condanna sommaria piuttosto che contribuire a cercare la verità. In Tribunale sono poi emerse tante anomalie nel racconto di alcuni carabinieri e le cose hanno iniziato a chiarirsi, anche grazie al lavoro dei nostri avvocati. Oggi, dopo la sentenza della Corte di Cassazione che ha annullato la condanna di mio figlio, diverse testate giornalistiche offrono finalmente una prospettiva più equilibrata e ed obiettiva della situazione e paiono finalmente intenzionate a comprendere i fatti e le responsabilità di ognuno.

 

Che finale immagini di tutta questa storia?

 

Immagino che ci sia Giustizia. E che mio figlio tornerà quindi finalmente a casa. È forte, ma non può continuare a essere detenuto per un crimine che non ha commesso. Quattro anni della sua giovane vita gli sono stati sottratti ingiustamente. Avrà bisogno di grande supporto per ricominciare la sua giovane vita, non sarà facile, ma non vedo l’ora che questo momento arrivi. Immagino e desidero con tutto il cuore il coraggio di giudici che fanno Giustizia. Immagino mio figlio libero che al mattino fa colazione cercando il latte nel frigo di casa.

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