Fuori ruolo: manca trasparenza

 Valentina Stella Dubbio 21 giugno 2023

Secondo un elenco presente sul sito del Consiglio Superiore della Magistratura e aggiornato al 2 febbraio 2023 i “magistrati collocati fuori ruolo presso altri uffici o enti” sono in tutto 162. A loro vanno aggiunti quelli collocati fuori ruolo presso organi costituzionali o di rilievo costituzionale e quelli fuori ruolo per incarichi elettivi. Di quei 162, 103 sarebbero dislocati presso il Ministero della giustizia, in vari ruoli. Quindi in una percentuale del 63 per cento. Tra questi il capo di Gabinetto, Alberto Rizzo, la sua vice, Giusi Bartolozzi, il capo dell’ufficio legislativo Antonio Mura e i suoi secondi Pietro Spera e Nicola Selvaggi. Altri tredici andrebbero a comporre il legislativo, quello che in pratica prepara le leggi e scrive le norme volute dal Ministro, risponde alle interrogazioni, prepara gli emendamenti, decide se respingere o meno gli ordini del giorno. Il condizionale è d’obbligo però perché, facendo un riscontro con la pagina “Persone - Dirigenti dell'amministrazione con indicazione di incarichi e strutture di cui sono responsabili” presente sul sito del Ministero della Giustizia e aggiornata al 19 giugno 2023, ci siamo accorti che alcuni nomi dell’elenco del Csm non si ritrovano su quelli di Via Arenula. La domanda quindi è: chi effettivamente è distaccato al Dicastero? E da quando? La conseguenza invece che deduciamo è la seguente: la trasparenza sui fuori ruolo è uno degli ultimi problemi di Ministero e Csm. Ma una fonte interna a quest’ultimo ieri ci ha confermato che effettivamente il problema esiste, tuttavia i sistemi informatici dei due organi hanno cominciato un dialogo affinché non ci siano discrepanze. Sapere effettivamente quanti magistrati sono distaccati al ministero di giustizia non è cosa da poco: servirebbe per esempio a capire se davvero, come sostengono le Camere Penali e Enrico Costa, esiste una vera e propria militarizzazione, soprattutto all’ufficio legislativo, che impedirebbe qualsiasi riforma che vada spesso contri gli interessi dei magistrati stessi. Non dimentichiamoci che qualche settimana fa in Parlamento, il Governo aveva presentato un emendamento, poi ritirato forse a seguito delle polemiche venute fuori sulla stampa, al decreto Pa, che avrebbe portato al ministero della Giustizia altri dieci magistrati fuori ruolo, prelevati da altre istituzioni, per il perseguimento degli obiettivi del Pnrr, e previsto, contro la previsione della riforma Cartabia, la futura riduzione del loro numero (65 massimo da dislocare a Via Arenula) solo a partire dal 2027. Eppure lo scorso dicembre un ordine del giorno del Terzo Polo sulla riduzione del numero dei magistrati fuori ruolo era stato approvato con il voto della maggioranza, il no del M5S e l'astensione di Pd e Avs (184 sì, 43 no, 67 astenuti). Il testo, di Roberto Giachetti e Enrico Costa, impegnava il governo “ad operare una significativa riduzione del numero di magistrati fuori ruolo presso il ministero della Giustizia, con particolare riferimento a quelli che svolgono funzioni amministrative e alle posizioni per le quali non è tassativamente richiesta dalla legge la qualifica di magistrato”. A dimostrazione del potere che hanno i magistrati fuori ruolo basta citare quanto ipotizzato dal Foglio qualche settimana fa; ossia che la vice capo di Gabinetto della Giustizia sarebbe la principale fautrice dell’emendamento che ha rinviato a fine dicembre il termine per emanare i decreti attuativi della riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario. Come ci disse al Salone del Libro di quest’anno il professor Sabino Cassese “Il nostro ordine giudiziario non sarà veramente indipendente fino a che nel Ministero della Giustizia ci saranno dei magistrati. Non possono esserci dei magistrati al vertice del potere esecutivo. E lo stesso vale per gli altri Ministeri”. Lo stesso pensiero del leader dell’Unione Camere Penali Gian Domenico Caiazza: “Nessuna riforma liberale della giustizia è possibile se non si risolve il nodo della presenza abnorme della magistratura nei ruoli chiave del ministero della Giustizia”. Una soluzione intermedia è stata proposta spesso su questo giornale dal Segretario di Area Dg Eugenio Albamonte: invece di mandare via i magistrati, apriamo le porte agli avvocati. Ma su questo come la pensa Nordio? È sempre in una conversazione con Foglio che ha condiviso il suo pensiero, non rassicurante: “Per quanto riguarda la presenza di magistrati al ministero, è vero che nel ministero ci sono molti magistrati e forse troppi. È vero che alcune cariche apicali possono essere per legge ricoperte solo da magistrati. Ma vi è anche una ragion pratica oltre a questa ragion pura, ed è che se un magistrato entra al ministero per incarichi secondari, si trascina lo stipendio di magistrato, che è uno stipendio più che decoroso. Se quel posto fosse occupato da un avvocato o da un professore universitario, questi avrebbe una retribuzione che nessun avvocato o professore universitario accetterebbe, perché nessuno viene per tremila euro al mese a lavorare a Roma se è un avvocato o un professore universitario esperto e bravo. O li paghi o prendi magistrati perché si portano dietro lo stipendio. Questa è una cosa di cui nessuno ha mai parlato, ma quando ti obiettano che il ministero sarebbe infarcito di magistrati, questa è una delle ragioni”.

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