Intervista ad Enrico Costa

 Valentina Stella Dubbio 22 giugno 2023

Magistrati fuori ruolo: ne parliamo con il responsabile giustizia di Azione, l’onorevole Enrico Costa che lancia una proposta che farà molto discutere: “bisognerebbe affiancare al nome del magistrato anche l’indicazione del politico che lo ha designato nel suo Gabinetto. Aggiungerei anche il riferimento alla corrente a cui è iscritto”.

Il Ministro Nordio al Foglio ha detto: “chi entra al ministero, se è un magistrato, cessa di essere magistrato e diventa braccio esecutivo dell'organo politico che è il ministro”. Mentre il presidente del Cnf Greco denuncia “Magistrati fuori ruolo: così rischiamo il cortocircuito istituzionale”. Che ne pensa?

Ha ragione Greco. Ci sono tanti temi sui quali è naturale emerga un conflitto tra l’essere magistrati e fornire il parere su norme che riguardano le loro carriere, le responsabilità, le condizioni del fuori ruolo, per fare qualche esempio. Come pensiamo scriverebbero le norme sulla Separazione delle Carriere alla quale i sindacati e le correnti a cui appartengono sono contrarissimi? Come declineranno il fascicolo per la valutazione del magistrato?

Cosa glielo fa pensare?

L’Anm e le correnti hanno fatto uno sciopero contro la riforma Cartabia sul CSM e ordinamento giudiziario, che prevede sia la riduzione dei fuori ruolo, la presenza degli avvocati nei Consigli giudiziari per le valutazioni di professionalità delle toghe, il fascicolo per la valutazione dei magistrati. Entro giugno andavano scritti i decreti attuativi che sono stati rinviati di sei mesi. Perché? L’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia non era pronto, impegnato con altre priorità. E non scordiamo il recente episodio di una bozza di emendamento del Governo al decreto Pa, con la relazione introduttiva scritta dal legislativo, circolata, ma non presentata, che non solo avrebbe aumentato i magistrati fuori ruolo a Via Arenula ma avrebbe posticipato la riduzione, prevista dalla riforma Cartabia, al 2027.

Altri esempi?

Non conto più le volte in cui mi sono sentito dire dai vari esponenti del Governo che avrebbero anche espresso parere favorevole ad un mio emendamento, ma la scheda redatta dal legislativo sosteneva che invece l’emendamento andasse respinto. Tempo fa presentai un emendamento, in tema di reddito di cittadinanza, perché erano spariti i reati che punivano chi commetteva degli abusi. Mi venne risposto ufficialmente dal Governo che ci avrebbe pensato l’Ufficio legislativo, che peraltro aveva preso un buco sul decreto creando il vuoto normativo. Questo dimostra una sfiducia nei confronti dell’attività del Parlamento. Comunque le spiego come funziona in generale.

Prego.

Pensiamo ad un qualsiasi provvedimento parlamentare su cui si registri una apertura del Governo a prendere in considerazione gli emendamenti delle varie forze politiche. Tutto parte da una griglia che viene fornita dall’Ufficio legislativo del Ministero al Guardasigilli e ai Sottosegretari. Ci sono provvedimenti molto tecnici, sui quali quel parere è dirimente. Inoltre spesso quelle griglie vengono consegnate ai sottosegretari la mattina stessa in cui devono andare in Commissione, senza fornirgli il tempo di ragionarci adeguatamente. Quindi il rappresentante del Governo si rimette interamente a quei pareri. Questo è per far capire il potere che ha l’Ufficio legislativo nel procedimento normativo parlamentare. Poi accade un’altra cosa.

Ci dica.

Il parere del Governo diventa anche quello del relatore della maggioranza. Quasi sempre il Governo si confronta con lui e quest’ultimo mantiene le stesse posizioni dell’Esecutivo, a meno che non siano provvedimenti meno tecnici e più politici, allora casomai in quei casi si agisce diversamente con un confronto maggiore. Quindi, in pratica, il potere giudiziario si insinua nella pancia dell’Esecutivo che va poi a condizionare il potere legislativo. Poi è chiaro che i Ministri leggono e studiano alcuni pareri, ma solo quelli significativi, dandosi così la possibilità di orientare il lavoro dell’Ufficio legislativo.

Nordio ha sostenuto anche: “se un magistrato entra al ministero per incarichi secondari, si trascina lo stipendio di magistrato, che è uno stipendio più che decoroso. Se quel posto fosse occupato da un avvocato o da un professore universitario, questi avrebbe una retribuzione che nessun avvocato o professore universitario accetterebbe”. Quindi è solo una questione di soldi?

Il meccanismo funziona così: il Ministro ha a disposizione un budget per il suo gabinetto, compreso l’ufficio legislativo. Se lui prende delle persone interne all’amministrazione dello Stato, paga solo l’indennità di diretta collaborazione, e scalfisce poco il budget. Se invece prendesse degli esterni, come gli avvocati per esempio, il suo budget verrebbe scalfito quasi interamente. Questa è la ragione per cui è molto più comodo per tutti i Ministri avvalersi di personale interno all’apparato statale. Avevo posto questo problema già ai tempi della riforma Cartabia, proponendo di rimodulare la norma ma non è stata accolta la proposta. Le conseguenze sono due: si tolgono magistrati ai tribunali e si crea conflitto tra potere giudiziario ed esecutivo. Ma poi oltre al legislativo ci sono molti magistrati assegnati a ruoli amministrativi: è davvero necessario?

Abbiamo notato una discrepanza tra l’elenco dei magistrati fuori ruolo pubblicato sul sito del Csm e quello del personale pubblicato sul sito del Ministero. Ci sarebbe bisogno di più trasparenza?

Sicuramente sì. Penso anche che nell’albo dei magistrati fuori ruolo che si sono succeduti nel tempo bisognerebbe affiancare al nome del magistrato anche l’indicazione del politico che lo ha designato nel suo Gabinetto. Ad esempio: Giuseppe Santalucia – Andrea Orlando. Aggiungerei anche il riferimento alla corrente a cui sono iscritti per studiare il fenomeno anche lungo i decenni. Anzi, farò una proposta in merito.

Perché questo?

Un giorno quei magistrati ritorneranno nei tribunali e sarà interessante conoscere bene il loro curriculum, ad esempio quando faranno un commento su una proposta di legge o una conferenza stampa. Visto che l’autonomia ed indipendenza sono valori sacri, ma lo è anche l’imparzialità.

L’ex presidente dell’Anm, Eugenio Albamonte, dice: invece di chiudere le porte ai magistrati apriamole agli avvocati. Sarebbe una giusta soluzione o lei ne ha un’altra?

La cosa migliore sarebbe far ricoprire quei posti da professionisti che studino e passino un concorso solo per svolgere quei ruoli.

Altro da aggiungere?

Noi adesso abbiamo in mano la delega della Cartabia che prevede anche una diminuzione degli anni fuori ruolo, attualmente fermi a dieci. Vorrei fare uno studio sui casi di aggiramento della norma per capire se questo limite è stato superato ad esempio attraverso interpretazioni del Consiglio della giustizia amministrativa o del Csm. Un altro aspetto importante sono gli incarichi extra-giudiziari: mi chiedo come si fanno a svolgere bene contemporaneamente due funzioni, quella in tribunale, e ad esempio una in un organismo sportivo.

 

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