Anm: no allo sciopero

 Valentina Stella Dubbio online 11 giugno 2023

 

Non ci sarà nessuno sciopero dell’Anm: è quanto ha deliberato l’assemblea domenica pomeriggio convocata nell’Aula Magna della Cassazione per decidere se prevedere una astensione dopo l’iniziativa del Ministro Nordio di avviare un’azione disciplinare contro i giudici della Corte d’Appello di Milano, ritenendo una “grave ed inescusabile negligenza” l’avere concesso il 25 novembre 2022 gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico ad Artem Uss, evaso il 22 marzo 2023 all’indomani dell’autorizzazione alla sua estradizione verso gli Stati Uniti. In particolare, la Corte d’Appello non avrebbe preso in considerazione alcune circostanze che “se opportunamente ponderate avrebbero potuto portare a una diversa decisione”. Il risultato era quasi scontato, dopo che nei giorni scorsi, anche da questo giornale, i vertici dei gruppi associativi avevano lasciato intendere che non ci fossero i presupposti per una controffensiva di tal genere.

Al termine l’assemblea ha votato all’unanimità una mozione unitaria, promossa, dopo diverse mediazioni, dalle quattro correnti di Magistratura Indipendente, AreaDg, Unicost e Magistratura democratica. Le conclusioni a cui sono giunte le toghe sono le seguenti.  “L’Associazione Nazionale Magistrati:

1.        esprime profonda solidarietà ai magistrati coinvolti in questa vicenda e deplora fermamente l’iniziativa intrapresa dal Ministro della Giustizia, confermando lo stato di agitazione già deliberato dal CDC il 14 maggio 2023;

2.        dà mandato alla GEC di chiedere con urgenza un incontro con il Ministro della Giustizia per interloquire sulle prospettate riforme;

3.        rinnova l’invito al Governo a dedicarsi ai gravissimi e improcrastinabili problemi che affliggono la giurisdizione in Italia, resi oggi ancor più pressanti dall’esigenza di conseguire gli obiettivi del PNRR e che attengono in modo preponderante a carenze di risorse e gestionali di competenza e diretta responsabilità del Ministro della Giustizia;

4.        mantiene alta l’attenzione su tutte le eventuali riforme della Giustizia, rivendicando il ruolo dell’ANM di interlocutrice, in quanto soggetto che da sempre ha come unico, irrinunciabile punto di riferimento l’interesse pubblico all’attuazione della giurisdizione secondo il disegno della Costituzione;

5.        dà mandato alle GES di promuovere iniziative permanenti di confronto e riflessione – anche attraverso la formazione di Osservatori – con la partecipazione paritaria dell’Avvocatura, dell’Accademia e di tutti gli altri operatori della giustizia sui temi delle riforme proposte dalla politica, in vista di un incontro nazionale; dà altresì mandato alla GEC di stanziare le risorse necessarie a sostenere tali attività;

Invita tutti i magistrati a dare lettura del presente deliberato e ad affiggerlo fuori dai locali d’udienza per almeno sette giorni”.

In sostanza ricalca quella della Ges di Milano, approvata dopo l’iniziativa del Guardasigilli.  Magistratura democratica aveva proposto un emendamento (“Chiedere ai Presidenti di Camera e Senato, rappresentanti di tutto il corpo elettorale, di farsi promotori di un incontro fra la GEC dell’ANM e il Ministro della Giustizia, per ribadire la necessità che le iniziative dell’Esecutivo non indeboliscano l’autonomia e l’indipendenza della magistratura). per, come ha detto il Segretario Stefano Musolino, “far emergere che il livello di attenzione si è elevato”. L’emendamento, tuttavia, è stato bocciato.

La mozione unitaria nasce dall’esigenza di far vedere una magistratura unita, dunque ogni gruppo associativo ha rinunciato ad un pezzo della propria mozione per arrivare ad una sottoscritta da tutti e rafforzare il messaggio all’esterno.

La mattinata di lavori era iniziata con la relazione del Presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia: “In gioco è un bene collettivo, di cui al più i magistrati possono essere custodi, attenti custodi che avvertono il dovere di lanciare l’allarme ove si avvedano che quel bene viene messo in pericolo.  Il bene a cui alludo, lo si è ben compreso, è l’indipendenza dei magistrati, come singoli e come ordine, dal Potere politico, e ciò senza disconoscere o voler noi mettere in discussione le attribuzioni costituzionali che conferiscono al Ministro della giustizia il potere disciplinare nei confronti dei magistrati stessi”. Ha poi ribadito che “l’ho già detto tante altre volte e lo ripeto: l’Associazione nazionale magistrati non cerca e anzi rifugge lo scontro, ma chiede, con ferma volontà, attenzione”. E ha specificato: “L’Assemblea non si tiene per imbastire un processo al processo disciplinare che è stato promosso;  e non può essere neanche il luogo in cui si anticipa il processo disciplinare che ha il suo giudice naturale nella sezione disciplinare del Csm. Non è dunque il merito di quella vicenda che possiamo affrontare, per dire se quel collegio della Corte di appello di Milano abbia fatto bene o male.  Lo dirà il Csm, e nutriamo fiducia nel suo giudizio. Quello che invece ha destato diffusa preoccupazione tra i magistrati è il non essere riusciti a collocare l’iniziativa del Ministro, l’incolpazione che ha elevato, entro gli ambiti che le sono propri, e ciò al di là della fondatezza\infondatezza.  Non siamo in allarme perché riteniamo l’azione del Ministro infondata; ovviamente, se fosse solo questo, non ci ritroveremmo una domenica di giugno in un’assemblea generale.

 

Siamo in allarme per qualcosa di più radicale, perché dalla lettura per quanto attenta della iniziativa ministeriale – in uno con il provvedimento cautelare oggetto della incolpazione – non abbiamo rinvenuto, nella prospettazione dei fatti sì come articolata nell’addebito, gli indici che possano ricondurla, quanto meno in astratto, sul terreno della rimproverabilità dei comportamenti dei magistrati”.

All’assemblea era stato invitato anche il Ministro Nordio, la cui presenza per i magistrati, sarebbe “stata un bel segnale”. Ha preferito inviare un messaggio in cui tra l’altro ha detto: “chi, come il sottoscritto, ha avuto per 40 anni il privilegio di indossare la toga conserva – incise nella propria forma mentis – le parole nitide della Costituzione: ‘la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro pretore’. E ha aggiunto “affinché le mie parole non appaiano un esercizio di retorica, desidero rispondere subito alle preoccupazioni di quest’assemblea: non c’è stato e non ci potrà mai essere alcun atto ministeriale che possa mettere in discussione l’indipendenza e l’autonomia della magistratura, patrimonio irrinunciabile della nostra democrazia”. Il Guardasigilli ha portato come giustificazione, criticata off the record da alcuni presenti, il fatto che “saranno dunque il Procuratore generale della Cassazione – ed eventualmente il Csm a verificare il rispetto delle regole di deontologia giudiziaria”.

Dopo ha replicato Stefano Musolino di Md nel suo intervento: “l’azione disciplinare avviata dal Ministro si svolge all’esito fallimentare di un giudizio prognostico. È chiaramente un atto intimidatorio e ascoltando le parole del Ministro, espresse in maniera elegante e sobria, nei suoi indirizzi di saluto si capisce chiaramente che non ha colto affatto la gravità di quello che ha fatto”.  Secondo il pm della DDA di Reggio Calabria “la realtà è che non si vuole sottoporre una serie di azioni al controllo della magistratura. Dobbiamo pertanto alzare lo stato di allerta, coinvolgendo anche l’avvocatura e l’accademia”.

Ha parlato anche Eugenio Albamonte di Area: “c’è una chiara distonia: l’iniziativa disciplinare di Nordio nasce perché i colleghi di Milano non hanno adottato la cautela massima ossia il carcere, che dovrebbe essere una extrema ratio. Ciò è in contraddizione con il Ministro e la maggioranza che si professano garantisti e liberali. Poi il Ministro nella sua riforma propone per decidere sulle misure cautelari di passare dal monocratico al collegiale, ma la decisione oggetto dell’assemblea odierna era stata presa proprio da un collegio”. E ha concluso: “Abbiamo il diritto-dovere di partecipare al dibattito pubblico. Noi non rimarremo in silenzio”.

Il leader di Magistratura Indipendente, Angelo Piraino, ha aperto il suo intervento con “una richiesta pubblica di scuse ai due colleghi che nel 2006 subirono un procedimento disciplinare e furono poi ‘ammoniti’ per aver concesso la semilibertà ad Angelo Izzo (uno dei tre condannati per l’omicidio del Circeo e che uccise due donne durante la semilibertà, ndr). Quell’azione disciplinare non fu avviata per i motivi alla base del provvedimento ma per quanto accadde ex post. Dopo quella condanna si diffuse terrore nel concedere permessi” e si diede vita “ad una giurisprudenza difensiva”. Ha poi terminato: “la lettera del ministro non dipana le nostre preoccupazioni”, auspicando “una mozione unitaria”.

Come pure ha fatto la presidente di Unicost Rossella Marro sostenendo che occorre “piantare il seme di una rinnovata identità collettiva”.

Tra i vari interventi anche quello della neo presidente della Camera Penale di Milano, Valentina Alberta: “La formulazione dell’addebito da parte del ministro nei confronti dei magistrati milanesi (poi giustificata come un atto di semplice impulso) ci ha lasciato perplessi e abbiamo ritenuto di stigmatizzare, in particolare, il fatto che tale iniziativa vada contro un principio che è proprio del nostro sistema in generale e della normativa sugli illeciti disciplinari dei magistrati in particolare. Il principio è quello per cui ogni restrizione della libertà personale è una deroga alla sua inviolabilità”. “Noi crediamo – ha proseguito -  che sia particolarmente importante che l’avvocatura penalistica sia al vostro fianco nel momento in cui paventate il rischio di una ‘giurisprudenza difensiva’, rispetto a tutti i magistrati che ogni giorno sono chiamati al delicato bilanciamento di interessi fra libertà personale, esercizio della potestà punitiva, strumenti di cautela e scelta fra questi, o più in generale di un clima, di una cultura, che svilisca il principio di inviolabilità della libertà personale. Un clima, una cultura, che vanno a danno dei cittadini” e ha concluso con una richiesta, quella di “un percorso comune, quindi, ma con la capacità di confrontarsi anche quando non siamo d’accordo”.

Il Presidente dell’Unione Camere Penali, Gian Domenico Caiazza, ha inviato un messaggio. Nella prima parte ribadiva lo stesso pensiero dell’avvocato Alberta rispetto all’iniziativa ‘inopportuna’ del responsabile di via Arenula ma ha terminato: “L’indipendenza della magistratura, e particolarmente l’indipendenza del Giudice, deve essere da tutti noi, avvocati e magistrati, difesa come il bene più prezioso, a prescindere dalle contingenze politiche, o dalle convenienze mediatiche. Abbiamo assistito a gravissimi attacchi -politici e mediatici- nei confronti di Giudici dopo sentenze assolutorie, o Magistrati di Sorveglianza dopo provvedimenti concessori di benefici carcerari, senza che ad essi siano seguite prese di posizioni così determinate come quella che state giustamente adottando in questo caso. Per non dire di incredibili dichiarazioni di illustri Procuratori della Repubblica, pronti addirittura ad indicare a sospetto di collusioni mafiose collegi di merito o di legittimità, per avere questi adottato provvedimenti non in linea con le tesi accusatorie poste a fondamento delle proprie indagini giudiziarie. L’indipendenza e la terzietà del Giudice va difesa sempre, senza eccezioni, deroghe o ragioni di convenienza”.

Volendo tirare le conclusioni: assemblea partecipata, magistratura unita anche se con sfumature, fermezza nel non restare in silenzio mentre il Governo potrebbe approvare riforme a dire delle toghe pericolose non tanto per loro quanto per i cittadini, come la separazione delle carriere e l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale.

C’è un neo però: quasi tutti hanno detto che occorre parlare con i cittadini. Ma non è fissando un cartello fuori dall’aula o facendo qualche intervista che si arriva a partecipare alla cittadinanza i problemi della giurisdizione. Occorrerebbe una azione capillare delle Ges nei territori per intervenire laddove dei gruppi di cittadini sono già formati sotto altri vessilli. Altrimenti la magistratura rimarrà sempre confinata in una bolla a cui nessun può accedere se non gli addetti ai lavori. 


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