Davigo condannato in primo grado

 Angela Stella Unità 21 giugno 2023

Il tribunale di Brescia ha condannato a un anno e tre mesi (pena sospesa) Piercamillo Davigo, ex componente del Csm ed ex magistrato simbolo del pool di Mani Pulite per rivelazione di segreto d’ufficio nell'inchiesta sulla presunta loggia Ungheria. La sentenza accoglie la richiesta della pubblica accusa che aveva chiesto la condanna per aver preso dalle mani del pm milanese Paolo Storari - assolto in via definitiva al termine del processo abbreviato - i verbali segreti di Piero Amara, in cui l'ex avvocato esterno di Eni avrebbe svelato l'esistenza della presunta associazione massonica. All'imputato la Corte ha riconosciuto le attenuanti generiche, le motivazioni saranno rese note tra 30 giorni. “Faremo appello”: sono le sole parole che Davigo ha riferito - al telefono - al suo avvocato Francesco Borasi che lo ha avvertito della condanna. Le dichiarazioni furono rese da Amara in cinque interrogatori, tra il 6 dicembre 2019 e l'11 gennaio 2020, nell'inchiesta sul cosiddetto 'falso complotto Eni', di cui Storari era uno dei titolari insieme alla collega Laura Pedio. Una consegna avvenuta a Milano nell'aprile del 2020, come da stessa ammissione di Storari, a casa di Davigo a cui fu data una chiavetta con gli atti secretati per poter denunciare la presunta inerzia a indagare da parte dei vertici della procura milanese - in particolare dall'allora procuratore di Milano Francesco Greco e dall'aggiunto Pedio - sull'ipotetica loggia Ungheria di cui avrebbero fatto parte personaggi delle istituzioni e delle forze armate, oltre che due componenti del Csm in carica in quel momento. Quei verbali segreti diventarono pubblici quando arrivarono nelle mani di due giornalisti, dopo che furono mostrati a più componenti del Csm tra cui l'ex vicepresidente Ermini, a due segretarie dell'imputato, all'ex procuratore generale della Cassazione e all'ex presidente della commissione parlamentare Antimafia. Per l'accusa la scelta di divulgare a ex componenti del Csm, e non solo, i nomi presenti in quei verbali, ha costituito un “pericolo grandissimo e concreto” perché “lo stesso Davigo non conosceva i confini della presunta loggia massonica: come poteva Davigo escludere che una delle persone scelte” per ricevere quelle rivelazioni “fosse parte dell’associazione o fosse in contatto con qualcuno?”. Posizione condivisa dall'avvocato Fabio Repici, che tutela gli interessi della parte civile Sebastiano Ardita, ex consigliere del Csm, che ha rimarcato nelle repliche come “l'imputato è reo confesso, ha indotto Storari a rivelare quello che ha rivelato e poi ha mostrato ad altri quei verbali”. Accuse che l’altro difensore del magistrato in pensione, Pulitanò, ha respinto con forza: “dobbiamo guardare i fatti, Davigo non ha fatto violazioni di legge sul divano di casa. Tutti i consiglieri hanno ritenuto legittimo ricevere quelle informazioni, altrimenti avrebbero dovuto presentare una denuncia, ma nessuno lo ha fatto”. “Non una messa in stato di accusa” è stata la scelta dell'imputato, a dire dei difensori, di mostrare quei verbali segreti con tanto di decine di nomi influenti. La scelta di mostrarli a più colleghi del Csm è stata “di mettere in guardia persone che Davigo conosceva e stimava” ma “ha senso cautelare e non accusatorio, così gli interlocutori lo hanno compreso. I rapporti tra Davigo e Ardita erano già inclinati per ragioni di corrente” e “l'onore personale di Ardita non è stato offeso dalle parole di Davigo, significativo è che non lo ha querelato per diffamazione”. “Piercamillo Davigo non ha compiuto nessuna violazione", non sussiste il danno per Sebastiano Ardita, “per questo chiediamo l'assoluzione con la più ampia formula liberatoria", aveva concluso la difesa.

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