Intervista a Emilia Rossi
Angela
Stella Unità 25 giugno 2023
Quest’anno la
consueta Relazione al Parlamento del Garante Nazionale dei diritti delle
persone private della libertà personale è stata quella conclusiva del mandato
del primo Collegio (Presidente Mauro Palma, membri Daniela De Robert, Emilia
Rossi). Cosa è accaduto in questi sette anni. Ne parliamo proprio con l’avvocata
Emilia Rossi.
Che
bilancio fa di questi sette anni?
Abbiamo
costruito l’Autorità di Garanzia sia nei suoi statuti, sia selezionando e
formando il personale, sia nella creazione dei suoi valori fondanti. Ma la cosa
principale che abbiamo fatto è stata quella di aver costruito il metodo di
azione di una Autorità di garanzia, che necessita di una assoluta indipendenza
e autonomia dal potere politico.
In cosa
consiste questo metodo?
Parte
dall’osservazione concreta delle situazioni e finisce con l’interlocuzione con
le autorità responsabili, in stretta cooperazione. Il Garante nazionale è
innanzitutto un organismo di prevenzione delle possibili violazioni dei diritti
delle persone private della libertà e a questo si è orientato il nostro lavoro,
anche nell’interesse del Paese rispetto a possibili censure del nostro Paese da
parte degli organi sovranazionali. Queste le fondamenta che abbiamo costruito e
tutto questo lavoro ha fatto acquisire al Garante una autorevolezza tale da
dare concretezza all’interlocuzione con le Istituzioni, che ci ascoltano, e di
vedere recepite le nostre linee-guida, i nostri pareri, nelle pronunce delle
più alte Corti di giustizia, la Corte
costituzionale e la Cedu.
Però c’è
un periodo in cui la Lega voleva sopprimere la figura del Garante.
Si è trattato
di un dibattito politico, a cui una Autorità di garanzia rimane esterna. Noi
non abbiamo avuto alcun tipo di ricadute nelle nostre interlocuzioni neanche
con esponenti di questa o di altre forze politiche.
Non ha
percepito negativamente neanche che quest’anno alla presentazione della
Relazione annuale mancassero i vertici delle Camere o i loro vice?
La scomparsa
di Silvio Berlusconi ha riscritto l’agenda parlamentare. Noi abbiamo potuto
mantenere la data scelta dall’inizio ma lo slittamento di impegni parlamentari
e di governo ha determinato alcune assenze. In ogni caso erano presenti
parlamentari delle varie forze politiche, rappresentati dei ministeri e,
soprattutto, c’era la Presidente della Corte Costituzionale, Silvana Sciarra:
un segno di riconoscimento di altissimo rilievo.
In
questi sette anni cosa è cambiato in merito alle nostre carceri?
Noi abbiamo
mantenuta viva l’attenzione su un mondo che altrimenti poteva rimanere ai
margini. Lo abbiamo portato all’attenzione della politica e di tutta la società
civile, guardandolo dall’interno, con modalità e ampiezza di poteri di cui non
dispone nessun’altra Istituzione dello Stato. Credo sia per questo che il
magistrato Riccardo De Vito in un suo articolo pubblicato su Questione
Giustizia, ha scritto che il Collegio “ha costruito un patrimonio indiscusso
della Repubblica”. Sicuramente il nostro sguardo e l’ordine dei valori che
abbiamo costruito hanno contribuito al cambiamento, anche a quello che ha
determinato alcune riforme del sistema delle pene e della sua esecuzione, come
le pene sostitutive, l’ampliamento delle misure alternative, i percorsi di
giustizia riparativa.
Però sono
accaduti fatti come quelli di Santa Maria Capua Vetere. Il vostro sguardo ha
mai dato fastidio alla polizia penitenziaria?
No, mai. La
polizia penitenziaria che abbiamo incontrato durante le nostre visite è stata
collaborativa e partecipativa. E ci siamo dati il compito di costruire insieme
una cultura pienamente rispettosa dei diritti delle persone private della
libertà, anche partecipando alla formazione dei diversi corpi delle Forze di
polizia. È chiaro che non si può immaginare che espressioni di una incultura antica
scompaiano di colpo. La differenza, oggi, è che emergono subito, come è
successo a Santa Maria, e che le Istituzioni, nel loro complesso, reagiscono. E
che nei Tribunali si giudichino fatti come quelli di Santa Maria, di San
Gimignano, di Torino, per citarne alcuni, nella loro effettiva dimensione,
contestando il reato di tortura.
Fratelli
d’Italia vorrebbe modificarlo o addirittura cancellarlo.
Io non ho
ancora letto una proposta normativa, preferisco esprimermi quando c’è un testo.
Certo è che il reato di tortura va mantenuto: è un caposaldo della civiltà
dello stato di diritto perché riguarda i confini legittimi del potere più forte
dello Stato nel rapporto con i cittadini e ne previene l’abuso nel momento
nevralgico in cui lo Stato ha la persona nelle proprie mani.
A
proposito di persone di cui lo Stato ha responsabilità: i suicidi continuano.
Dove si sbaglia?
Gli 85 morti
dello scorso anno e i 30 di quest’anno interrogano tutti. Premettendo che su
una scelta così drammatica il giudizio di chi osserva da fuori deve essere
molto cauto, la questione che interroga più di tutti sono quei suicidi che
avvengono a poche ore o giorni dall’inizio della detenzione o a pochi giorni
dalla fine della pena, magari lunga. Non dipendono dalle condizioni materiali
del carcere: magari esse possono avere qualche incidenza su chi è entrato da
poco ma non su chi vi ha vissuto a lungo, che ha toccato con mano il degrado
anche per decenni. Queste morti ci danno la sensazione precisa dello sgomento
di chi entra in carcere, di colui che ha la sensazione di essere finito in un
buco nero e di essere lì abbandonato. E di chi sta per terminare di scontare la
pena senza prospettive fuori da quelle mura, nell’assenza di riferimenti e
sostegno. Rispetto a questi due momenti nessuno di noi è assolto.
In sette
anni avete costruito molto. La scelta del nuovo Collegio dovrà ricadere su
persone all’altezza della vostra eredità.
È importante,
ma noi siamo convinti che accadrà, che il nuovo Collegio mantenga l’ordine
dello sguardo sulle cose che raccontavo all’inizio e mantenga quella indipendenza
e autonomia di azione cooperativa vigile e attenta che abbiamo costruito noi.
Palma
nell’illustrare la sua ultima Relazione al Parlamento ha detto: “è avviata la
procedura per indicare un nuovo Collegio che prenderà il nostro posto e che
garantirà la continuità, pur nelle differenze che il carattere e le culture di
ognuno di noi può porre, del cammino avviato; proprio perché non si tratta di
esprimere una posizione politica, bensì di adempiere a una funzione di
garanzia. La politica aiuta, coopera, ma non detta regole alle Istituzioni di
garanzia”. Lei teme che ci possano essere interferenze politiche comunque nella
scelta?
La politica
nel nostro Paese interviene sempre, da qui la raccomandazione del Presidente
Palma.
Lei cosa
consiglierebbe al Ministro della Giustizia in tema di esecuzione penale?
Non amo dare
consigli, in genere. Suggerirei, caso mai, di leggere le nostre Relazioni al
Parlamento.
Qualche
settimana fa Riccardo Magi di +Europa ha convocato una conferenza stampa per
denunciare l’abuso di psicofarmaci nel Cpr. Anche voi ne avete visitati molti.
Grazie
all’azione del Garante finalmente c’è un regolamento nazionale nei centri di
rimpatrio. Detto questo, la società civile viene molto poco investita della
situazione, anche perché il dibattito pubblico e politico sui migranti è molto
tormentato. Quello che abbiamo messo in evidenza è che lì il tempo è
assolutamente e inutilmente vuoto.
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