Tragedia carcere di Rebibbia: morte cerebrale per il fratellino

di Valentina Stella Il Meridione 20 settembre 2018

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha deciso per la “linea dura” dopo quanto accaduto due giorni fa a Rebibbia dove una detenuta ha ucciso sua figlia e ferito gravemente l'altro. Come si legge infatti in un comunicato del Ministero della Giustizia è stata attuata la “sospensione per il direttore della casa circondariale femminile di Roma-Rebibbia, Ida Del Grosso, per la sua vice, Gabriella Pedote, e per il vice comandante del reparto di Polizia penitenziaria, Antonella Proietti. I provvedimenti sono stati adottati dal capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini”. Dal giorno della tragedia è anche in corso un accertamento ispettivo da parte del Dap. Tale decisione è ritenuta “assurda e irragionevole” da Donato Capece, responsabile del sindacato di Polizia penitenziaria Sappe che chiede invece che “il ministro Bonafede e il capo dell'Amministrazione penitenziaria Basentini si devono dimettere dai rispettivi incarichi”. Il sindacalista, infatti, rileva che “ci si dovrebbe chiedere perché a Roma non c'è un istituto a custodia attenuata per mamme detenute con figli come invece esiste in altre parti d'Italia. I bambini in carcere non devono stare, mai!”. Solidarietà alla responsabile Ida del Grosso anche da Rita Bernardini, membro della Presidenza del Partito Radicale: ciò è “nonostante la bravissima direttrice Ida Del Grosso: poco si può fare quando è la legge (e la sua applicazione) ad essere assassina”, riferendosi anche alla mancata approvazione della riforma dell’ordinamento penitenziario sia parte del vecchio che del nuovo Governo, che si sarebbe occupata anche di questo. Per Stefano Anastasia, garante dei detenuti del Lazio bisognerebbe trovare quanto prima risposta ad alcune domande: “quella madre (e quante altre?) non aveva alcuna alternativa alla detenzione? Non si poteva proprio fare a meno di tenerla in carcere con i suoi due bambini? E quanto pesano, e quanto hanno pesato nella sofferenza di quella donna, le difficoltà di comunicazione di chi non parla la lingua del posto in cui si trova? E, infine, la sua sofferenza, e quella di mille altri, come viene presa in carico dai servizi di salute mentale?”. Invece l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza ha lanciato una proposta: “Basta bambini in carcere, subito più case famiglia protette”. Filomena Albano ha incontrato il capo di gabinetto del ministero della Giustizia, Fulvio Baldi, per rinnovare quanto prima il protocollo “Carta dei figli dei genitori detenuti”. "Sono troppo poche in Italia le strutture per madri detenute con figli piccoli - ha detto l'Autorità garante per l'infanzia e l''adolescenza - solo cinque gli istituti a custodia attenuata e addirittura solo due le case famiglia protette. Non possiamo attendere che si ripetano episodi drammatici come quello accaduto a Rebibbia, né possiamo accettare l'idea che dei bambini continuino a vivere dietro le sbarre, in ambienti che non sono adatti a una crescita sana e a un armonioso sviluppo. Bisogna aprire quanto prima altre case famiglia protette: basta bambini in carcere”. Intanto, purtroppo, non ci sarebbe più speranza neanche per l’altro figlio della donna: “le ultime indagini necessarie per la valutazione del quadro clinico hanno confermato la condizione di coma areflessico con elettroencefalogramma isoelettrico", hanno fatto sapere dell'ospedale Bambino Gesù. È in programma l'avvio della procedura di accertamento di morte cerebrale".  Il piccolo sarebbe dunque clinicamente morto dopo una agonia durata più di un giorno.

Commenti

Post popolari in questo blog

Le commissioni di inchiesta in Parlamento

«L’avvocato non può essere identificato con l’assistito»

«Ridurre l’arretrato civile del 90%? Una chimera» Nordio ripensa l’intesa con l’Ue