Tragedia di Rebibbia, penalisti: responsabile anche visione carcerocentrica

di Valentina Stella Il Meridione 21 settembre 2018

Torniamo a scrivere della tragedia di Rebibbia dove una detenuta ha ucciso i suoi due figli non solo perché ha colpito tutti ma perché non bisogna spegnere i riflettori su quanto accaduto e sul sistema carcere in generale perché è una questione di civiltà, perché ce lo ricorda l’articolo 27 della Costituzione.  Tornando ai drammatici fatti, secondo il direttivo della Camera Penale di Roma quanto accaduto è “una tragedia che poteva essere certamente evitata. Ora si cercheranno i responsabili, si sosterrà che era necessaria una maggiore vigilanza - spiegano i penalisti della Capitale - e che in ogni caso la casa Circondariale Femminile di Rebibbia aveva tutti i requisiti per garantire la serena crescita dei minori senza allontanarli dalla madre. Viene però legittimamente da chiedersi perché una giovane donna, affetta da una seria forma di depressione e con due bambini in tenera età, siano stati di fatto abbandonati al proprio destino e come si sia potuto non cogliere il disagio che caratterizzava la sua detenzione”.  “Continuiamo a pensare che le strutture penitenziarie - aggiunge nella nota la Camera penale - dovrebbero essere un luogo di redenzione e debbano fornire adeguate opportunità trattamentali. Continuiamo a ribadire che all'interno di una struttura penitenziaria debbano essere garantite assistenza e cure. Constatiamo, invece, che le strutture penitenziarie divengono sempre più spesso luoghi di morte”. Secondo i penalisti romani “tra i responsabili di questa incresciosa situazione c'è anche una visione carcerocentrica che una parte della magistratura ha della funzione della custodia cautelare e della espiazione della pena e la mancata interlocuzione con un Governo che, invece di implementare le misure alternative alla detenzione con strumenti atti ad evitare percorsi ed esperienze inframurarie, minaccia provvedimenti legislativi di rigore che tali misure limitino ulteriormente”. Anche la politica non resta a guardare: “Dopo quanto successo nel carcere di Rebibbia, come Partito democratico abbiamo chiesto stamattina in commissione Giustizia del Senato che il Governo ritirasse il decreto legislativo sull'ordinamento penitenziario perché privo di importanti norme sul diritto all'affettività, sulle misure alternative, sulla sanità penitenziaria e agisse in modo serio, responsabile, senza cedere ai richiami della propaganda”: così in una nota i senatori del Pd della commissione Giustizia Valeria Valente, Giuseppe Cucca e Monica Cirinnà: “Abbiamo chiesto - aggiungono - insieme alle altre forze di opposizione che il Governo insieme alla sua maggioranza rivedesse la sua posizione su questo tema, dato che esso non affronta in alcun modo la parte della delega relativa alle misure alternative al carcere, e in particolare quelle per le giovani madri. Attendiamo la risposta del Ministro Bonafede, visto che il suo Sottosegretario questa mattina ha balbettato parole poco chiare”. Viene da chiedersi allora perché proprio l’ex Ministro della Giustizia Andrea Orlando e tutto il Governo precedente, con il sostegno del Pd,  non abbiano approvato proprio a fine mandato la riforma dell’ordinamento penitenziario, frutto di un lunghissimo lavoro di studio degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale!

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