A 30 anni 4 laureati su 10 sono senza lavoro o sottoccupati

di Valentina Stella Il Meridione 23 settembre 2018

L'Italia non è un Paese per giovani laureati: a 30 anni infatti, 4 su 10 sono senza lavoro o sottoccupati. È quanto risulta dai dati dell'Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro secondo il quale nel 2017 degli oltre 1,7 milioni di trentenni con la laurea, il 19,5% (344.000) è privo di occupazione, e un ulteriore 19% (circa 336.000) opera in posizioni professionali che non richiedono laurea. Fra i giovani laureati della Penisola, c’è un 61,5% che riesce a lavorare mettendo a frutto il titolo di studio conseguito. Nel 2017, il tasso di occupazione dei trentenni laureati (81,3%) è superiore di 8 punti percentuali rispetto ai giovani diplomati di pari età ed arriva a 24 punti percentuali rispetto ai trentenni con la sola licenza media. Le prospettive d'inserimento nel mercato occupazionale, spiega quindi lo studio, “migliorano per coloro che hanno raggiunto almeno un titolo secondario superiore”, e si rivelano “massime per chi giunge a conseguire un titolo universitario”. Il vantaggio nel possedere un livello di istruzione più elevato è più marcato  “per le donne trentenni, specie nel Mezzogiorno”. Inoltre come riporta l’Ansa, evidenziando alcuni aspetti del rapporto, il titolo di studio influisce sulla busta paga: la retribuzione mensile media dei laureati dipendenti, infatti, è pari a 1.632 euro, ovvero il 30% in più di un occupato con la licenza media (1.139) e del 20% di un diplomato (1.299). L’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro segnale inoltre come “un trentenne psicologo guadagni mensilmente 1.351 euro (solo 52 euro in più di un coetaneo diplomato), mentre un ingegnere (1.850), un medico (1.869) percepiscono come retribuzione oltre 550 euro in più rispetto ad un diplomato”. Intanto, come annunciato da presidente della commissione Cultura della Camera, Luigi Gallo (M5s) “la commissione cultura nelle prossime settimane avvierà l'esame della proposta di legge che supera il numero chiuso nelle università. Insieme alle tasse universitarie, il numero chiuso negli atenei è una delle cause che impedisce la crescita culturale del nostro paese - ha spiegato Gallo - in Italia abbiamo circa il 20% in meno di laureati rispetto agli altri paesi Ocse, 26% di laureati in Italia e 44% nei paesi Ocse. Molto spesso sottovalutiamo l'impatto negativo sulle motivazioni degli studenti molto preparati che decidono di mettersi al servizio del paese e che si vedono tagliati fuori. Questa battaglia è da combattere insieme agli studenti, anche aumentando la platea per la No tax area universitaria, e in sede di legge di stabilità si dovranno trovare le risorse necessarie per invertire la rotta e ridistribuire le risorse alle università che hanno subito più tagli degli altri”, ha concluso l’onorevole Gallo. 

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