Penza senza condanna, ad Agrigento focus sul processo di prevenzione

 Valentina Stella Dubbio 

Oggi il Governo dovrà dare alla Cedu risposte sulle misure di prevenzione dopo il ricorso della famiglia Cavallotti. Anche per questo il Coa di Agrigento ha dedicato un focus formativo alla “Confisca senza condanna”. «Abbiamo ritenuto indispensabile – ha detto la presidente Vincenza Gaziano - un confronto serio e franco tra avvocati e magistrati,  volto non soltanto a sviscerare i tanti vulnus del processo di prevenzione, tra cui certamente la probatio diabolica che la difesa è chiamata a fornire per scardinare il “sospetto” della provenienza illecita del patrimonio del proposto, ma soprattutto perché appare cruciale in questo momento storico che l’avvocatura dia il proprio contributo in una prospettiva di rinnovamento della  disciplina. Abbiamo il dovere di interrogarci sul tema, soprattutto per rappresentare al legislatore il nostro punto di vista che dovrà certamente puntare a raggiungere un sistema della prevenzione patrimoniale che non tradisca le garanzie costituzionali e che scevro da una impostazione dogmatica ben si inserisca nel contesto giuridico europeo». Per il prof. avv. Mario Zanchetti«nate nel contesto della lotta contro la criminalità organizzata di stampo mafioso, le misure di prevenzione patrimoniale sono uscite dall’alveo originario e sono sempre più utilizzate anche nei confronti di criminalità “dal colletto bianco”. È indiscutibile che esse, nella forma attuale che prescinde da una condanna penale e inverte l’onere della prova rispetto alla legittimità della provenienza del patrimonio, pongano seri dubbi di legittimità costituzionale rispetto agli artt. 1, 2, 3, 24, 25, 27, 41, 42, 111 e 117. La Cedu chiede al legislatore di dire con chiarezza se debbono essere considerate sanzioni di tipo penale, nel qual caso dovranno essere rispettate tutte le garanzie previste dalla Convenzione, o se invece sono considerate una misura di ripristino della “legalità patrimoniale”, che mira a sottrarre dall’economia le risorse di provenienza illecita. Anche in questo caso devono essere rispettate le garanzie Convenzionali e Costituzionali in materia di tutela del patrimonio e della libertà di iniziativa economica. In primis quella del principio di legalità-tassatività, sul piano sostanziale e processuale. Interi patrimoni, comprensivi di imprese attive sul mercato, non possono essere sottratti ai proprietari sulla base del sospetto, senza il riferimento a parametri precisi di prova, che non pongano un carico eccessivo sulla difesa»Luigi Miceli, membro di Giunta Ucpi: « I chiarimenti della Cedu sintetizzano le ragioni della contrarietà che da sempre l’Ucpi esprime verso il procedimento di prevenzione: ha del tutto abbandonato la propria vocazione inibitoria di fonti di pericolo, rappresentando ormai un sistema punitivo fondato sulla repressione di stati soggettivi di pericolosità ricostruiti su base inquisitoria e svincolato dalle garanzie. La natura sanzionatoria di tipo penale della confisca, ove riconosciuta dalla Cedu, impedirebbe l’applicazione della misura ablatoria in assenza dell’accertamento di un reato. Anche nell’ipotesi in cui l’applicazione della confisca di prevenzione rimanesse svincolata dalla sussistenza di uno fatto reato, il relativo procedimento dovrebbe essere dotato delle garanzie tipiche del giudizio penale: individuazione, in maniera tipica e determinata, dei soggetti destinatari, formulazione di una specifica “contestazione”, applicazione delle regole di acquisizione e valutazione della prova, previste per il processo di cognizione. Al fine di evitare l’irrazionale confisca del patrimonio di un soggetto assolto. Bene la proposta di legge “Pittalis”. Occorrerebbe pure prevedere il superamento del modello inquisitorio, con l’inserimento di un procedimento autonomo di formazione della prova, idoneo a: garantire il diritto di difesa, individuare riscontri alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ampliare i termini per le impugnazioni». Per Antonio Balsamo, Sostituto pg in Cassazione, «l’affermazione delle più evolute forme di “confisca senza condanna” è stata considerata l’espressione di un percorso di ripensamento delle tradizionali categorie giuridiche che prefigura un vero e proprio passaggio storico: la costruzione di un diritto penale di stampo postmoderno, capace di superare il vecchio modello individualistico fondato su un orizzonte stato-centrico e sul primato della pena detentiva, per indirizzarsi decisamente verso la diversificazione dei metodi di prevenzione e di contrasto della natura collettiva e della dimensione economica dei più gravi fenomeni criminali nel quadro di una regolamentazione non solo interna ma anche europea e internazionale. Viene così promossa una giustizia penale dal “volto umano”, aliena da ogni furore punitivo e capace di apprestare una risposta efficace alle sfide della modernità. In tale prospettiva può essere fondamentale l’impulso di magistratura, avvocatura e mondo scientifico alla costruzione di un “giusto procedimento di prevenzione”, riempiendo i vasti “spazi interstiziali” lasciati vuoti dalla scarna disciplina attualmente contenuta nel Codice antimafia, attraverso una efficace attuazione delle garanzie processuali previste dall’art. 6, § 1 Cedu: è un percorso che assume una valenza decisiva sia per assicurare il rispetto dei principi costituzionali e convenzionali, sia per internazionalizzare le strategie di contrasto alle basi economiche delle organizzazioni criminali». Per la magistrata Luisa Bovitutti «le misure di prevenzione sono uno strumento finalizzato a limitare nell’interesse pubblico la libertà e i diritti fondamentali del soggetto destinatario, indipendentemente dalla commissione di un reato e al fine specifico di evitarne la commissione. Questa categoria di istituti venne coniata nel ‘56 per fronteggiare una situazione emergenziale per poi ampliarsi negli anni successivi. La necessità di intervenire con prontezza ha indotto il legislatore a stabilire per l’applicabilità della confisca requisiti non troppo stringenti, in particolare a ritenere sufficiente una piattaforma non costituita da solide ‘prove’ quanto da ‘sufficienti indizi’, definizione la cui evanescenza non può sfuggire. Visto che la confisca viene irrogata indipendentemente dalla commissione di un reato, è indispensabile che tale nozione venga delineata con rigore e chiarezza: l’esigenza di prevenzione del crimine deve essere soddisfatta senza perdere di vista i diritti fondamentali del singolo. In assenza di parametri certi di valutazione, le misure di prevenzione si potrebbero trasformare in ingiuste e devastanti ‘pene per il sospetto’, impiegabili laddove le ordinarie norme di diritto penale non potrebbero trovare applicazione per mancanza dei normali presupposti probatori».

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