Intervista a Mauro Palma

 Valentina Stella Dubbio 17 novembre 2023

 Ieri sul tavolo del Consiglio dei Ministri si è discusso del pacchetto sicurezza sotto vari aspetti, tra cui il carcere. Ne parliamo con Mauro Palma, Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, quando il Cdm è ancora in corso ma alcuni elementi sembrano esseri certi.

Nel ddl sicurezza Giorgia Meloni riapre le celle per le donne incinte o con un bambino sotto un anno pur se negli istituti a custodia attenuata. Fino a ieri la pena veniva differita, adesso cambia tutto.  

Penso che dopo tanti dibattiti fatti per dire che si sarebbe dovuto superare questo aspetto grave del bambino detenuto, una norma che ce ne porta degli altri mi sembra un punto di arrivo incredibile. Tutto ciò non è alleggerito dal fatto che le detenute saranno collocate in istituti a custodia attenuata.

Perché?

Basti guardare dove sono gli Icam. Ad esempio nel Lazio non ci sono. Pertanto questa previsione normativa comporterà anche uno spostamento pesante dal proprio territorio. Poi c’è un’altra questione.

Quale?

Quella delle donne incinte mette il personale in una difficoltà enorme soprattutto negli ultimi mesi di gravidanza e quindi affida agli operatori una grande responsabilità. Capisco che si vuole intervenire su un problema sociale, ma come sempre c’è il rischio di pensare che la penalità possa intervenire sui problemi sociali. Se si vogliono colpire situazioni come quelle del coinvolgimento dei bambini nell’accattonaggio, che non nego siano gravi, bisognerebbe capire che lo strumento della penalità non aiuta a ridurre questi fenomeni, anzi crea semplicemente delle ulteriori difficoltà. Non dico che non occorra intervenire perché una società ha la responsabilità ad esempio di impedire questo utilizzo grave dei bambini o che talune madri possano utilizzare la propria gravidanza per evitare il carcere e compiere sempre reati, ma non sono questi i metodi giusti per rimediare alla situazione. Quelli giusti sono quelli di intervento sociale. Questi messi in piedi dal Governo invece creano maggiore dolore e distanza dalla vita sociale, non favorendo alcuna forma di ritorno ad una vita più normale.

 Nella scorsa legislatura era quasi un mantra: ‘mai più bambini in carcere’. Oggi si va nella direzione opposta.

Devo dire che sulla questione di evitare che i bambini fossero in carcere ho sentito anche tante dichiarazioni del centrodestra, non solo del centro sinistra, per cui occorreva intervenire. La consapevolezza di questo problema è una consapevolezza che ritenevo ampiamente condivisa. Su altri temi ci si divideva ma su questo credevo ci fosse una volontà comune. Quindi, questi provvedimenti mi sembrano più dei messaggi simbolici di voler far vedere il volto truce che neppure corrisponde alla consapevolezza sociale di quell’elettorato che magari è molto più duro rispetto alla risposta da dare ai reati.

 Anche se non c’è scritto, questa previsione sarebbe pensata per le donne rom. Come legge questo aspetto?

La mia frequenza oramai pluridecennale mi porta a dire che questa presenza dei bambini molto spesso ha riguardato le donne rom.  Quindi credo che questa norma, seppure non esattamente pensata per loro vada inevitabilmente a influire su di loro, creando maggiore esclusione; sicuramente la norma sull’accattonaggio va ad influire su marginalità che hanno a che vedere con il mondo dei campi rom. Questo mi riporta al discorso di prima: c’è una esigenza di integrazione che può avere anche dei momenti di ‘durezza’ ma questa deve essere funzionale all’integrazione e non sono certamente né il carcere né la norma penale ad aiutare.

 Si prevedono fino a 8 anni di carcere per chi organizza e dirige una rivolta in carcere e fino a 5 per chi vi partecipa. Eppure dall’altra parte il Governo vorrebbe modificare il reato di tortura che avviene proprio in carcere.

Distinguiamo i due aspetti. Quello che mi stupisce in maniera grave è che c’è scritto anche: “Chiunque, all’interno di un istituto penitenziario, mediante atti di violenza o minaccia, di resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini impartiti ovvero mediante tentativi di evasione, commessi da tre o più persone riunite, promuove, organizza, dirige una rivolta è punito con la reclusione da due a otto anni”. In pratica viene inclusa anche l’ipotesi di disobbedire ad un ordine. Se passasse così la norma sarebbe paradossale. Quando, ad esempio, si va all’aria in carcere c’è un elemento collettivo di essere più di tre persone; se c’è una volta una protesta anche pacifica può essere interpretata come istigazione alla rivolta, termine peraltro giuridicamente non definito. Quindi mi sembra una norma scritta male, priva del principio di tassatività e a rischio di interpretazione molto estesa. L’espressione non violenta della propria insoddisfazione non può essere elemento di punibilità.

Quanto alla tortura?

Per ora ho visto soltanto qualche iniziativa di singoli parlamentari e non una iniziativa del Governo e mi auguro che non voglia assumerne nessuna.

 Inoltre Meloni accontenta le forze di polizia: pena aumentata di un terzo se un atto di violenza o minaccia è commesso contro pubblico ufficiale.

Diciamo che l’aggravante per la violenza contro un pubblico ufficiale  ha una sua ragionevolezza; simmetricamente è maggiormente punito un atto di violenza compiuto da un pubblico ufficiale. Il problema è capire qual è l’atto di violenza. In carcere siamo in una profonda asimmetria: se viene interpretato come violenza qualunque elemento di opposizione minimamente reattiva la cosa può diventare molto pesante. E poi ancora una volta: non è che queste nuove previsioni affievoliscono il fenomeno delle aggressioni e degli atti di violenza. Faccio l’esempio di quando è stata introdotta  qualche anno fa la norma per cui diveniva reato penale introdurre i telefoni in carcere. Lei ha visto un carcere dove è diminuito il numero di cellulari introdotti? Assolutamente no, aumenta solo questa elefantiasi del carcere.

Insomma nuovi reati e innalzamento delle pene. Tutto il contrario del pensiero di Nordio. 

Devo dire che questa idea che il penale sia la forma risolutiva non è solo di questo Governo. È stata una socialmente idea malauguratamente diffusa da molti anni. Quanti pacchetti sicurezza abbiamo commentato insieme? Quello che trovo non in sintonia è il discorso di due giorni fa del Ministro Nordio e sui cui concordavo per cui ci sono reati gravi ma anche altri frutto di contesti sociali particolari che vanno affrontati in modo diverso dal carcere. Se a 24 ore di distanza vedo quest’altra situazione non riesco a dare più una interpretazione della sua posizione.  


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