Intervista a Fabio Trizzino

 Valentina Stella Dubbio 23 novembre 2023

«L’agenda rossa di Borsellino era in procura a Palermo». Poi sparì. La testimonianza shock del magistrato Salvatore Pilato è emersa per la prima volta, dopo 31 anni, nel nuovo libro di Vincenzo Ceruso dal titolo “La strage. L'agenda rossa di Paolo Borsellino e i depistaggi di via D'Amelio” (Newton Compton Editori). Ne parliamo con Fabio Trizzino, legale dei figli di Paolo Borsellino.

Avvocato, come commenta questa nuova rivelazione?

Io non ho ancora letto il libro ma quello che mi sento di dire sono due cose. La prima attiene al fatto che la fonte sembrerebbe qualificata, trattandosi del pubblico ministero di turno che intervenne nell’immediato, subito dopo l’esplosione in via D’Amelio. È vero che le anomalie nel corso degli anni che hanno riguardato le indagini sono state tantissime, però ritengo che da qualche parte debba esserci una relazione di servizio rispetto appunto alle attività che il pm di turno ha compiuto a ridosso della strage. Questo è l’unico motivo per cui diciamo che in qualche modo non mi sorprendo del fatto che il dottor Pilato parli dopo trent’anni. Probabilmente ha ritenuto di aver esaurito la sua attività di informazione e comunicazione attraverso una relazione di servizio che però dobbiamo trovare e verificare.

La seconda?

D’altra parte dico anche che, attesa la delicatezza del tema e che la famiglia Borsellino è stanca di tutte le possibili illazioni relative al destino di questa agenda rossa, ho dovuto necessariamente interloquire con l’autore di cui – ripeto – apprezzo il metodo rigoroso e scientifico. Lui mi ha semplicemente detto che ha fatto interviste scritte tramite email a vari magistrati, tra cui il dottor Pilato.

Tuttavia parlando con Repubblica Pilato sembra aver tirato il freno: «Io non ho visto l’agenda rossa di cui mi dissero il giorno dopo la strage. Poi, lessi da qualche parte che Agnese Borsellino aveva detto chiaramente che quella non era l’agenda rossa in cui il marito faceva le sue annotazioni riservate».

Sarà interessante verificare se tra le email e quanto dichiarato successivamente dal dottor Pilato vi sia corrispondenza. Per il momento sospendo il giudizio perché credo che probabilmente nell’intervista scritta vi sia qualcosa che abbia in qualche modo indotto o autorizzato lo scrittore a ipotizzare addirittura che l’agenda rossa sia stata portata in Procura e lì poi eventualmente sottratta. Questo inoltre è in linea con quanto stiamo acquisendo in questi ultimi tempi. Per esempio dalle audizioni in Csm abbiamo scoperto che esisterebbe un verbale di sequestro relativo al contenuto della borsa del dottor Borsellino e tra i vari documenti ci sarebbe dovuto essere il fascicolo Mutolo. Quindi non mi sorprenderei del fatto che la borsa, come è normale, sia stata portata in Procura, lì sia stato fatto un verbale di sequestro e quindi eventualmente un inventario degli oggetti contenuti nella borsa e sicuramente il dottor Borsellino aveva l’agenda rossa con sé. Quindi ora occorre verificare se nell’intervista scritta c’è qualche riferimento più preciso all’agenda rossa, perché altrimenti mi sorprenderebbe molto che lo scrittore si sia in qualche modo avventurato in una ricostruzione di questo tipo.

 

Ma cosa cambia, considerato che il presunto luogo della sparizione dell’agenda rossa si sposta all’interno del Palazzo di Giustizia?

Se fosse confermato quanto scritto nel libro, lo scenario risulterebbe completamente cambiato. Fermo restando che dobbiamo acquisire tutte le informazioni necessarie sulla possibilità di questa ricostruzione, non c’è incompatibilità tra l’eventuale deposito dell’agenda in Procura e poi la gestione della stessa da parte del capo della Squadra Mobile. D’altra parte c’è un dato inquietante che vorrei sottolineare: è la nota del 20 luglio 1992 con cui si chiede di non acquisire ai fini dell’indagine il traffico in entrata dell’utenza del dottor Borsellino. Una nota come quella che è stata richiesta dal funzionario della Criminalpol Pansa e autorizzata dal dottor Carmelo Petralia per esempio si potrebbe giustificare anche sulla scorta di una eventuale analisi del contenuto dell’agenda rossa. Ci muoviamo sempre nel campo delle ipotesi ma potrebbe esserci in tal senso una spiegazione, perché altrimenti non si spiega – ripeto -  la sottrazione alle indagini del traffico in entrata dell’utenza del dottor Borsellino.

 

Secondo lei la verità è più vicina?

Noi abbiamo fiducia nella verità. Lo dobbiamo soprattutto al dottor Borsellino che deve riposare in pace e non deve sentirsi abbandonato da noi e da quella gran parte degli italiani che hanno a cuore la sua storia. Noi stiamo dando il nostro contributo e continueremo ad avere fiducia nelle istituzioni. Certo a 31 anni di distanza tutto diventa più difficile, avremmo voluto avere la serenità di poter avere la possibilità di elaborare questo lutto ma oneri e onori devono essere portati con grandi dignità.

Dopo la sua audizione in Commissione antimafia c’è chi ha accusato lei di fare depistaggi. Come replica?

Nel momento in cui accusano me di depistaggio, stanno accusando i magistrati del Borsellino ter e quater che hanno insistito, accentuato, posto al centro dell’attenzione come possibile causa dell’accelerazione della strage l’interesse del dottor Borsellino per l’indagine mafia e appalti. D’altra parte quell’interesse come ho dimostrato credo attraverso una ricostruzione rigorosa emerge chiaramente proprio dai verbali del Csm e dalle testimonianze qualificate che vi sono contenute. Quindi rispedisco le accuse al mittente. Noi – e vorrei che sia chiaro una volta per tutte – il depistaggio lo abbiamo subito.

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