Giulia Cecchettin: attacco all'avvocato difensore

 Valentina Stella Dubbio 21 novembre 2023

Era inevitabile che la drammatica uccisione della giovane Giulia Cecchettin mettesse in moto il solito corto-circuito mediatico-politico-social(e) intorno alla figura del presunto assassino, Filippo Turetta e del suo legale Emanuele Compagno. Prima ancora che la macchina della giustizia italiana possa compiere i primi passi, è partita la mostrificazione del giovane, l’attacco al suo diritto di difesa, e il processo mediatico parallelo. In un batter di ciglia siamo diventati tutti investigatori, psichiatri, sociologi. Ma quasi nessuno davvero ha cercato di indagare sulla complessità delle ragioni che avrebbero spinto il ragazzo a commettere il gesto, così come su quelle del fenomeno in generale di uomini che uccidono le donne, e altresì sulla consapevolezza che il nostro Stato di Diritto offra a chiunque la garanzia per difendersi in un’aula di giustizia sono state tempestivamente sacrificate sull’altare della rabbia, della vendetta, dell’incitamento alla ghigliottina, e dell’ignoranza dei principi costituzionali. A fare da contraltare la dignità e compostezza del padre della vittima che ha detto «Non provo odio. Spero viva a lungo in modo da capire quello che ha fatto». Invece il primo ad infiammare il popolo è stato il Ministro Matteo Salvini: «Per gli assassini carcere a vita, con lavoro obbligatorio. Per stupratori e pedofili - di qualunque nazionalità, colore della pelle e stato sociale - castrazione chimica e galera. Questo propone la Lega da sempre, speriamo ci sostengano e ci seguano finalmente anche altri. Ovviamente, come prevede la Costituzione, dopo una condanna stabilita in Tribunale augurandoci tempi rapidi e nessun buonismo, anche se la colpevolezza di Filippo pare evidente a me e a tutti». E da lì tutta una scia di commenti feroci: «A me spiace ma non riesco a trovare il motivo per continuare a mantenere in vita questi vermi schifosi», «Le cinghiate in piazza sono troppo?», «Non lo mettere in galera in Italia, troppo lusso!!! Lapidazione in Afganistan sarebbe la sua pena». Ma attacchi verbali sono giunti anche al legale di Filippo Turetta, l'avvocato Compagno, che ha dichiarato in una trasmissione televisiva: « Per 22 anni un ragazzo modello» e comunque «in ogni caso fino al terzo grado di giudizio non possiamo considerarlo colpevole». Non l’avesse mai detto. «Aveva ragione P Pio che gli avvocati eccetto qualcuno vendono l'anima al diavolo», si legge tra i commenti e ancora: «Mettete dentro anche l’avvocato cosi la finisce di dire caz… te!», c’è anche chi scomoda un bel vecchio film « “L’Avvocato del Diavolo” », « Avvocato...... Ma mi faccia il piacere Stia zitto ... Fa' più figura!», « Si adesso difendiamolo anche e diciamo che non ci stava con la testa», « Alcuni avvocati, al di là della professione, andrebbe proprio radiati dall'albo per mancanza di etica morale. Esiste una linea sottilissima che non bisogna mai oltrepassare, soprattutto quando si parla di omicidi, e il modus operandi compiuto per la sua efferatezza», «Con quale coraggio un avvocato difende questo soggetto! Si, tutti hanno diritto alla difesa ma se fossi in lui (l’avvocato) rifiuterei senza esitare! Per questi tipi di reato ci vorrebbe l’applicazione di una legge in vigore molti anni fa: dare questa gentaglia in mano alla pubblica piazza!» Ma qualcuno se la prende anche con chi andrà a giudicare il ragazzo nel processo: «È questa magistratura che ci ritroviamo che mi spaventa visto i precedenti poi le parole del suo avvocato dicono tutto». Alla base di tutto c’è dunque un problema culturale che riguarda i soggetti a rischio – vittime e carnefici – ma anche a chi tocca interpretare la realtà. E tutto dovrebbe  - ma forse è banale dirlo – partire dalla scuole per promuovere corsi sull’affettività ma anche sul concetto di legalità e di diritto di difesa. Purtroppo una ricerca condotta nel 2016 ci disse che il 61,9% dei diplomati aveva affermato di aver affrontato in classe lo studio della Costituzione in modo superficiale o di non averlo affrontato affatto; in generale, un diplomato su 5 (20,5%) disse di non aver mai letto la Costituzione durante il percorso di studi e il 54,2% ne ha letto solo qualche articolo. 

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