Intervista ad Alessandro Diddi

 Valentina Stella Dubbio 18 novembre 2023

Nuovo pacchetto sicurezza: ne parliamo con l'avvocato Alessandro Diddi, Professore di Diritto Processuale Penale Università della Calabria.

Partiamo dal fatto che vengono riaperte le porte del carcere alle madri incinte e con bambini piccolissimi.

Credo che si tratti di un provvedimento pensato per un caso singolo relativo ad una persona disagiata che ha commesso diversi reati e ha potuto usufruire di questa norma di grande civiltà giuridica prevista nel codice del 1930. Una norma che si calibra su un caso sostanzialmente la trovo davvero ingiusta. Le norme devono avere carattere generale, anche perché credo che lo Stato abbia gli strumenti per poter rispondere a casi isolati, senza emanare norme che vadano a ledere fasce deboli. Si tratta di una norma nociva anche rispetto a convenzioni internazionali sottoscritte dal nostro Paese per la tutela della maternità e del fanciullo. E la questione non è attenuata dal potere riconosciuto al magistrato di poter decidere in relazione al singolo caso se disporre o meno il differimento dell'esecuzione della pena.

Una previsione che sta facendo discutere è la seguente: Chiunque, all’interno di un istituto penitenziario, mediante atti di violenza o minaccia, di resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini impartiti ovvero mediante tentativi di evasione, commessi da tre o più persone riunite, promuove, organizza, dirige una rivolta è punito con la reclusione da due a otto anni. In pratica viene inclusa anche l’ipotesi di disobbedire ad un ordine.

Credo che questa sia una delle tante misure straordinariamente punitive. Penso che ci sia un filo conduttore dietro questo nuovo progetto normativo: la consapevolezza – errata – che l'inasprimento del trattamento sanzionatorio e l'efficacia intimidatoria della pena potessero risolvere tanti problemi. Io assisto molti detenuti che protestano per la mancata tutela dei loro diritti in carcere, oramai strutture sempre più degradanti. Togliere la possibilità ai detenuti di protestare è inaccettabile. La polizia penitenziaria potrà scrivere di comportamenti e i detenuti non avranno alcun tipo di difesa. Sarà un modo anche questo per rendere ancora più invivibile la quotidianità carceraria.

Il Governo praticamente ha messo in campo misure solo a favore delle forze di polizia.

Sì, ma non è stato abbastanza sottolineato un aspetto inquietante: ossia la disposizione che prevede che i servizi di sicurezza possano stipulare convenzioni con esercenti di servizi di pubblica utilità. Cosa si nasconde dietro questa norma? Che i nostri servizi di intelligence potranno ottenere dai gestori telefonici i nostri tabulati? Che potranno intercettare i cittadini senza alcun controllo da parte della magistratura? Io sono molto preoccupato per questa norma. Chiunque avrà una visibilità nel suo lavoro potrà essere catturato – in senso metaforico – dai controlli dei servizi. Questi ultimi fanno un lavoro preziosissimo ma il controllo sul loro operato è praticamente nullo.

Guardando anche ai procedimenti precedenti di questo Governo è ormai chiaro che si vuole risolvere tutto con il diritto penale.

Sì, scaricando sul processo, già lento e macchinoso, l'incapacità di risolvere i problemi di ordine pubblico. Questo è tipico degli Stati di polizia.

In tutto questo il Ministro Nordio che responsabilità ha? Perché queste norme sono contrarie al suo pensiero. Come ha detto l'ex Ministro Orlando “sarei curioso di conoscere gli interventi del Ministro Nordio in Cdm, ogni volta che in quel consesso si introduce un nuovo reato e si aumentano le pene edittali”.

Penso che il Guardasigilli, a cui va tutto il mio apprezzamento perché ha avuto il coraggio di mettersi in gioco, sia stato troppo ingenuo nel pensare di poter fare il garantista in un Governo le cui anime già in passato si erano manifestate con atteggiamenti lontani dal garantismo. Purtroppo non si potrà essere garantisti perché la stessa Presidente del Consiglio, nel giorno del suo insediamento, ha ribadito concetti come 'sicurezza dei cittadini', 'certezza della pena', 'rafforzamento delle carceri'. E' quello che sta avvenendo.

Secondo lei il Ministro dovrebbe dimettersi?

Questo ognuno deve valutarlo con la propria coscienza. Per usare una terminologia che piace ai penalisti 'ha lavorato veramente con il dolo eventuale' e la riprova l'ha avuta con il decreto sull'ergastolo ostativo dello scorso autunno. Lui dopo poco tempo dall'insediamento del Governo già sapeva a cosa sarebbe andato incontro.

Lei ieri ha partecipato a Bari alla presentazione del Libro bianco sulle carceri durante il panel “L’ordinamento penitenziario italiano sotto la lente del primo Osservatorio sulle Carceri guidato da AIGA”. Cosa ne viene fuori?

Ringrazio l'Aiga per l'iniziativa: hanno affrontato con entusiasmo il tema delicatissimo della situazione delle carceri in Italia, toccandola con mano durante diverse visite. Abbiamo potuto testimoniare che è quello che è contenuto nella legge italiana del 1975 sull'ordinamento penitenziario in realtà è solo un grande libro dei sogni. Se qualcuno avesse voglia di leggere testimonianze del primo Novecento possiamo dire che non è cambiato nulla da quell'epoca a oggi, in una totale assenza da parte della politica di idee per risolvere il problema. Se guardiamo alle statistiche del Ministero della Giustizia troveremo che, ad esempio, in carcere ci sono 3900 detenuti con reati contravvenzionali. Mi chiedo a cosa serve loro il carcere. Si tratta di una delle piccole grandi distorsioni del nostro sistema penitenziario.

Lei ha parlato di Stato di Polizia. Dall'altro lato non esiste anche una grossa influenza della magistratura antimafia nelle scelte legislative del Governo?

Sì, c'è stato in altri interventi un forte rafforzamento delle Procure distrettuali antimafia, attraverso l'utilizzo di un codice di procedura penale diverso rispetto a quello applicato per gli altri cittadini. Pensiamo alle intercettazioni telefoniche che possono essere effettuate solo con sufficienti indizi, le proroghe senza contraddittorio degli indagati. Ci sono una serie di misure che permettono di operare con un bassissimo tasso di garanzie. Quindi potenziare le Ddn significa potenziare questo micro codice nato per la criminalità organizzata ma che nel corso degli anni è stato applicato a tantissime altre fattispecie.

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