Se le condizioni meteo o una partita di football possono riuscire a influenzare le sentenze

 di Valentina Stella Il Dubbio 13 settembre 2021

Daniel Kahneman, psicologo israeliano e docente a Princeton, tra i fondatori della finanza comportamentale e premio Nobel per l'economia 2002, già noto a livello mondiale per il bestseller Pensieri lenti e veloci, torna in libreria con Rumore, Un difetto del ragionamento umano (Utet 2021, pagine 443, Euro 22,80) scritto insieme a Olivier Sibony, professore all'Ecole des hautes études commerciales di Parigi e associato dell’università di Oxford, e Cass R. Sunstein, tra i più autorevoli studiosi di razionalità e irrazionalità dei comportamenti economici, docente alla Harvard Law School. Al centro del saggio l'obiettivo di rispondere a domande del tipo: perché «di fronte allo stesso paziente, medici diversi esprimono giudizi diversi sull’eventualità che il paziente abbia un tumore alla pelle o al seno»? Perché a un richiedente asilo viene concessa l'ammissione negli Stati Uniti e a un altro no? «Da uno studio - scrivono gli autori - di casi assegnati a giudici diversi in maniera casuale è emerso che un giudice aveva ammesso il 5% dei richiedenti, un altro l’88%. Il titolo dello studio è di per sé molto eloquente: La roulette dei rifugiati».


La variante dietro questa indeterminatezza di giudizio è il “rumore” che, insieme ai “bias”, è alla base del nostro modo di ragionare e (pre)giudicare. Per gli autori anche la giustizia penale è affetta da questi due elementi e ne discutono, tra l'altro, nel capitolo 'Delitto e rumoroso castigo': «Poniamo che qualcuno venga condannato per aver commesso un reato – taccheggio, possesso di eroina, violenza privata o rapina a mano armata - . Quale pena dovrà scontare? La risposta a questa domanda non dovrebbe dipendere dal giudice a cui viene assegnato il caso, dalle condizioni meteorologiche di quel giorno o dal risultato di una partita di football giocata il giorno prima. Sarebbe vergognoso se tre persone condannate per lo stesso reato ricevessero una pena radicalmente diversa: libertà vigilata per il primo, due anni di reclusione per il secondo, dieci anni per il terzo ». Eppure questo avviene in molte nazioni, e non solo nel passato, ma ancora oggi, come dimostrano gli autori partecipando alcune ricerche e statistiche. «Uno studio condotto su migliaia di sentenze di tribunali minorili ha riscontrato che quando la squadra di football locale perde una partita nel fine settimana, i giudici prendono decisioni più dure il lunedì (e, in misura minore, per il resto della settimana). Gli imputati neri sono decisamente i più penalizzati da questo incremento di severità.


L’analisi di sei milioni di sentenze formulate da giudici francesi nell’arco di dodici anni ha dimostrato che questi sono più clementi con gli imputati nel giorno del loro compleanno». Infine « I giudici possono


essere influenzati perfino da un fattore irrilevante come la temperatura esterna. Da una rassegna di 207 000 decisioni prese dal tribunale dell’immigrazione in quattro anni si evince che le variazioni giornaliere della temperatura possono avere un effetto significativo: con il caldo, è meno probabile che venga concesso l’asilo ».


Questo rumore va ridotto e come? Con delle linee guida standard, si era previsto nel tempo. Ma questa soluzione è stata poi abbandonata negli Usa per evitare una inaccettabile meccanizzazione del processo decisionale che però ha riportato disparità e discriminazioni nelle sentenze, troppo spesso influenzate dai valori personali dei giudici. La questione è molto complessa, richiede uno sforzo collettivo di analisi soprattutto perché riguarda molti settori: l'ingegneria, l'insegnamento, l'editoria, le produzioni cinematografiche. Ovunque insomma debba esprimersi un giudizio.


Ma chi è il soggetto più impermeabile ai rumori e ai bias? Gli autori lo spiegano nel capitolo 'Giudici migliori per giudizi migliori': «I giudizi sono meno affetti da rumore e da bias quando chi li esprime è molto preparato, è più intelligente e ha il corretto stile cognitivo. Detto in altri termini, la bontà di un giudizio dipende da ciò che sai, da quanto ragioni bene e da come ragioni. I buoni giudici sono tendenzialmente brillanti e competenti, ma hanno anche una grande apertura mentale e sono disposti a imparare dalle nuove informazioni».


Ma che succede quando diversi professionisti del settore mostrano idee diverse su una questione? Ad esempio come è accaduto in questo periodo tra scienziati in merito alla pandemia in corso? Di chi fidarsi? Gli autori distinguono tra esperto di rispetto ( la fiducia che riponiamo nei loro giudizi è del tutto basata sul rispetto tributatogli dai loro pari), e gli esperti i cui giudizi sono verificabili rispetto a valori reali. Poi subentrano altri fattori: l'intelligenza ad esempio ma anche la capacità di ragionamento. E in Italia? Nel testo non viene presa in considerazione nello specifico la nostra realtà, ma potremmo dire che in materia di giudizio penale spesso si crea un frastuono, più che un rumore, fuori dalle aule e riguardo ai processi. Ve ne abbiamo parlato più volte: si tratta dell'annoso problema del processo mediatico. Esso può mettere in pericolo la virgin mind dei nostri giudici? La diffusione al di fuori del processo degli atti di indagine costituisce certamente un ostacolo all’esercizio del diritto di difesa a causa del forte pregiudizio che arreca all’indipendenza psicologica del giudice. Quest'ultimo dovrebbe conoscere il materiale probatorio solo durante la sua formazione nella dialettica tra le parti. Qualche giurista sostiene che in realtà i giudici sono strutturati in modo da non farsi condizionare,


tuttavia ci sono due “ma”. Il primo: cosa accade invece per la giuria popolare, molto spesso composta da persone prive delle adeguate conoscenze giuridiche e facilmente influenzabili? Se la risposta è che in fin dei conti decidono i giudici togati, allora discutiamo seriamente affinché vengano soppresse. Se, invece, il loro giudizio ha un peso allora pensiamo a come metterli al riparo dall'influenza della stampa colpevolista. Il secondo “ma”: una volta un famoso avvocato, durante una cena, partecipò ai commensali che un giudice gli aveva confessato che in realtà si lasciano in parte influenzare, soprattutto quando sono tante e ben mediatizzate le parti civili.

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