Intervista ad Antonio De angelis

 di Valentina Stella Il Dubbio 30 settembre 2021

Da oggi al 2 ottobre si terrà a Roma il XXVI Congresso ordinario dell'Aiga - Associazione Italiana Giovani Avvocati. Si discuterà delle riforme appena approvate e di quelle che verranno con i principali protagonisti del dibattito: il Primo Presidente di Corte Cassazione Pietro Curzio, i sottosegretari alla Giustizia Francesco Paolo Sisto e Anna Macina, il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia, il vice presidente del Csm David Ermini,esponenti dell'Accademia come Paolo Ferrua e Adolfo Scalfati, il tesoriere del CNF Giuseppe Gaetano Iacona, il prof. avv. Franci Coppi che l'ultimo giorno incontrerà i giovani avvocati in un confronto sulle prospettive future della professione forense.Ne parliamo con il presidente dell'Aiga, l'avvocato Antonio De Angelis.  

Una sessione è intitolata 'La Riforma della Giustizia e il ruolo dell'Avvocatura'. Cosa può anticiparci su questo?

Il ruolo che ha assunto fino a questo momento l'avvocatura nelle riforme purtroppo è stato marginale. La voce dell'avvocatura non è stata ascoltata in modo adeguato. Il contributo che nostro malgrado abbiamo potuto dare come avvocatura è stato minimo. Le riforme del processo civile e penale sono state ideate nelle stanze del Ministero della Giustizia da Commissioni dove la presenza dell'avvocatura era ridotta.  È un dato di fatto incontrovertibile tanto che, se per la riforma del processo penale comunque il risultato può far bene all'avvocatura, per quanto riguarda il processo civile invece le obiezioni dell'avvocatura sono numerose.

Secondo Lei ha influito il fatto che, per rispettare le tempistiche europee, si è dato vita a riforme poco efficaci?

Si tratta senza dubbio di riforme poco incisive, che difficilmente consentiranno di raggiungere gli obiettivi, soprattutto la riduzione del 40% dei tempi del contenzioso civile. Ci saremmo aspettati non solo più coraggio in queste riforme, ma anche una consapevolezza maggiore nel rendersi conto  che il principale problema dei lunghi tempi della giustizia deriva dal numero esiguo di magistrati. Siamo tra gli ultimi in Europa per rapporto tra magistrati e popolazione.

A tal proposito come giudica la novità relativa all'Ufficio per il processo? Secondo Lei i giovani laureati saranno all'altezza del compito?

L'idea dell'Ufficio del processo è una buona idea. Se il contributo arriva dai giovani è un bene. La criticità risiede in altro, e cioè nel fatto che i contratti siano a tempo determinato, e ciò lo rende poco appetibile. Il numero dei soggetti che hanno partecipato al bando infatti è esiguo appunto per questo, soprattutto in un momento storico in cui ci sono già diversi concorsi pubblici a tempo indeterminato.

A proposito di concorsi pubblici Lei era stato tra i primi ad evidenziare il fenomeno della cancellazione dagli albi per intraprendere concorsi. Si tratta una fotografia che ci è stata confermata anche da diversi presidenti dei Coa. Com'è la situazione adesso?

Si tratta di un fenomeno in aumento e secondo me continuerà a crescere fino a che verranno banditi concorsi pubblici. È vero che gli avvocati sono tanti ma l'elevata cancellazione dagli albi non è un buon segnale.

Davigo e Pignatone hanno scritto che il numero eccessivo degli avvocati è la fonte dei più grandi problemi del sistema di giustizia. Inoltre alcuni magistrati accusano gli avvocati di non avere la giusta preparazione per fornire un apporto nei consigli giudiziari. Che ne pensa?

Si tratta di due ragionamenti errati. Il motivo vero per cui i magistrati non ci vogliono nei consigli giudiziari è perché temono che la nostra presenza potrebbe far abbassare il livello alto di valutazioni di professionalità positive, vicine al 100%. Gli avvocati sono tra i soggetti più qualificati per dare una valutazione effettiva e reale dei magistrati, perché li vivono sul campo ogni giorno. Noi crediamo fermamente che gli avvocati debbano esprimere il diritto di voto nei mini-Csm di Corte di Appello. Pensare, come fa qualche magistrato, che gli avvocati in quella sede possano vendicarsi di qualche giudice che qualche giorno prima ha emesso una sentenza negativa offende la nostra categoria.  

Ora bisogna guardare con attenzione alla riforma dell'ordinamento giudiziario.

La riforma che noi riteniamo necessaria è sicuramente quella della separazione delle carriere. È un tema per il quale siamo scesi anche in piazza a giugno. Una riforma che non affronti questo tema, che non getti almeno le basi per una futura riforma costituzionale, è una riforma monca. Per dare un segnale in tal senso noi abbiamo aderito al pacchetto referendario promosso da Partito radicale e Lega: la soluzione delle separazioni delle funzioni per noi è un punto di partenza importante. Così come, riguardo la Commissione Luciani, per noi rappresenta una criticità il fatto che non si preveda il diritto di voto per noi avvocati nei consigli giudiziari.

Due giorni fa la Ministra Cartabia si è espressa a Bari sul problema dell'edilizia giudiziaria.

Apprezziamo molto il suo impegno su questo tema. Bene ha fatto il Governo a prevedere dei fondi nel Pnrr perché c'è davvero bisogno di una svolta in tal senso. Molti Tribunali italiani sono ubicati in luoghi assolutamente inidonei ad ospitare spazi moderni di giustizia.

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