Bizzoca non doveva stare in quella lurida cella

 di Angela Stella Il Riformista 7 settembre 2021

Sarà una autopsia a stabilire le cause della morte di Fedele Bizzoca, 41enne di Barletta, deceduto nel pomeriggio di venerdì 3 settembre nella cella del carcere di Trani in cui era detenuto dal gennaio di quest'anno per spaccio di stupefacenti. Si tratterebbe di un decesso per arresto cardiocircolatorio ma bisognerà attendere per conoscere i dettagli: il pm della Procura di Trani Giovanni Lucio Vaira ha infatti aperto un fascicolo per omicidio colposo e disposto l'esame autoptico per sciogliere ogni dubbio e individuare eventuali responsabili. Il caso è finito sotto la lente di ingradimento anche del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale che si costituirà parte offesa nell'eventuale processo. «La morte di Fedele Bizzoca - scrive il collegio del Garante -  pone seri interrogativi all'Amministrazione penitenziaria, ai servizi socio-sanitari e alle Autorità giudiziarie: interrogativi che richiedono risposte concrete e indifferibili». L'uomo soffriva di una grave patologia psico-fisica: «l’incompatibilità con la detenzione in carcere era stata valutata e dichiarata da tempo dalle Autorità sanitarie del carcere e dalla stessa Direzione». Eppure nulla era cambiato: allora il Garante nazionale è intervenuto a verificare le condizioni di vita detentiva di Bizzoca, su segnalazione del difensore e della Garante del comune di Trani, Elisabetta de Robertis, nel corso della visita regionale condotta in Puglia nello scorso mese di luglio, incontrandolo personalmente all'interno della stanza di pernottamento in cui era collocato. Tutte le circostanze riscontrate sono state portate all'attenzione della Magistratura di Sorveglianza di Bari, con la quale il Collegio del Garante nazionale ha tenuto un incontro al termine della missione.  «Si è dovuta riscontrare l'assoluta inadeguatezza di tale collocazione - si legge ancora nella nota del garante -  in una sezione a gestione esclusivamente penitenziaria in cui non era predisposta alcuna assistenza sanitaria adeguata alla cura e al trattamento delle particolari condizioni di sofferenza della persona. Tutto era soltanto rimesso, insieme con la gestione complessiva dei bisogni quotidiani, al solo impegno degli agenti della Polizia penitenziaria». Come aggiunge Emilia Rossi al Riformista«l'uomo giaceva su un materasso lurido, e i servizi sanitari erano sporchissimi. Le condizioni materiali e igieniche in cui lo si è ritrovato, si presentavano molto oltre ogni parametro di minima decenza e salubrità. E restava in quella cella - dove non sarebbe dovuto stare -   per tutto il giorno». La sezione di appartenenza, inoltre, era la nota “Sezione Blu” di cui era stata definita la chiusura nel mese di novembre 2020: «il Garante nazionale ha dovuto constatare non soltanto la sua riattivazione, ma anche l'improprio utilizzo per la gestione di casi problematici, in particolare di natura psichiatrica». Quella sezione, ci spiega la garante cittadina Elisabetta De Robertis, «è stata chiusa  dopo 45 anni perché inadeguata sotto il profilo strutturale: celle molto piccole e bagni a vista, ad esempio. Un tempo era destinata ai detenuti di massima sicurezza. La sezione era stata riaperta durante l'emergenza pandemica per farvi alloggiare temporaneamente alcuni detenuti. Ad esempio chi era in attesa dell'esito di un tampone. Invece Bizzoca vi è sicuramente rimasto più di un mese». Fedele Bizzoca era in attesa di entrare nella Residenza socio-sanitaria della quale era stata reperita la disponibilità dal mese di luglio: attesa determinata dalla ricerca di un soggetto che potesse far fronte al pagamento della retta. Infatti, come ci spiega sempre Emilia Rossi del Collegio nazionale del Garante, «bisogna fare attenzione: Bizzoca non era destinato ad una Rems, in quanto pienamente capace di intendere e volere. Ma appunto ad una Residenza socio-sanitaria di cui si fa carico delle spese la Asl per il 50%, mentre la restante parte tocca al detenuto. Ma in questo caso l'uomo non disponeva della somma necessaria. Questo è il sintomo di una falla del sistema: chi si fa carico delle persone fragili e povere? Dov'è la rete dei servizi sociali che dovrebbe prendere in carico queste difficili situazioni? Bizzoca, o chi come lui, sarebbe dovuto essere assegnato a strutture adeguate: o a gestione sanitaria come le articolazioni per la tutela della sanità mentale, o in sezioni integrate da un adeguato servizio sanitario».  


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