Nascere a Rebibbia

 di Angela Stella Il Riformista 11 settembre 2021

Nascere a Rebibbia, in un istituto di pena, nel 2021. È quanto è successo ad una bambina, partorita da Amra, 23 anni, italiana di origine bosniaca. La storia ha un lieto fine ma è stata preceduta da tanta paura, secondo quanto raccontato dalla donna a Repubblica: avrebbe partorito solo con l'aiuto di un'altra detenuta rom, anch'ella al quinto mese di gravidanza, in una cella dell'istituto romano di detenzione attenuata,  senza assistenza ostetrica, né medica, né infermieristica, come spetterebbe a qualsiasi madre. Quando finalmente il medico è arrivato, allertato dagli agenti della penitenziaria, il parto si era concluso. La donna poi verrà trasportata all'ospedale Pertini dove vi è rimasta per cinque giorni. Diversa la versione del Dap: «Stando alle prime ricostruzioni, nella notte fra il 30 e il 31 agosto la detenuta si trovava nella propria stanza del reparto infermeria dell’istituto penitenziario, assistita dal medico e dall’infermiera in servizio. Al manifestarsi dei primi dolori e constatata l’urgenza di un ricovero, il medico si sarebbe allontanato per contattare l’ospedale e richiedere l’immediato intervento di una ambulanza. Proprio in quel frangente la detenuta avrebbe partorito». Il capo del Dap, Petralia, ha anche detto «che non posso che essere rammaricato per il fatto che una donna abbia dovuto partorire in carcere. Fortunatamente si tratta di una vicenda che si è conclusa senza alcuna criticità e ora sia la mamma che la neonata stanno bene». Quando è stata arrestata il 23 giugno per furto Amra era già in uno stato avanzato di gravidanza; tuttavia il giudice della IV sezione penale del tribunale di Roma ha disposto comunque per lei il carcere.  Sempre secondo quanto ricostruito fino ad ora dal Dap « la donna in data 1 agosto aveva presentato una istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare. Il 7 agosto l’Autorità Giudiziaria si riservava di decidere in attesa di una relazione dell’Area sanitaria dell’istituto sulle condizioni di salute della detenuta; richiesta che veniva sollecitata nuovamente il 9 agosto. Il giorno successivo, 10 agosto, l’Area sanitaria inviava la relazione alla quale non ha fatto seguito alcun altro provvedimento dell’Autorità Giudiziaria. Il 18 agosto la detenuta veniva inviata per accertamenti urgenti in ospedale, dal quale rientrava in istituto lo stesso giorno». La vicenda è venuta fuori grazie a Gabriella Stramaccioni, garante dei detenuti di Roma che lo scorso 17 agosto, dopo aver fatto visita all'infermeria dell'istituto di pena, aveva scritto al gip affinché Amra fosse scarcerata e tradotta nella Casa di Leda, una struttura protetta per la tutela delle detenute con minori. Il posto c'era ma nessuno ha mai risposto alla richiesta della Garante che ci dice: « il problema è a monte. Non andava indicata la custodia cautelare in carcere per la ragazza. Lei e la sua amica sono state fermate per un reato di bassa pericolosità sociale e in quel momento erano entrambe incinte. La legge prevede che donne incinte o mamme con bambini piccoli debbano entrare in carcere solo per fatti gravi.  Ora Amra  e la sua amica sono libere  in attesa del processo».  In base alle statistiche del Ministero della Giustizia, al 31 agosto 2021 sono 26 i figli al seguito delle madri detenuti, di cui venti stranieri e sei italiani, dislocati in sei istituti: Lauro Icam (provincia di Avellino), Rebibbia (Roma), Bollate e San Vittore(Milano), Le Vallette (Torino), Giudecca (Venezia).  Un anno prima i bambini in carcere erano 57.  Per i deputati dem Paolo Siani e Walter Verini, rispettivamente primo firmatario e relatore della legge sui minori nelle carceri «l’avvenuta scarcerazione delle due donne arrestate per furto, di cui una diventata mamma proprio in questi giorni e l’altra in procinto di partorire, è una buona notizia. All’interno di tali problematiche che rivestono drammatica urgenza, si colloca anche la questione dei minori in carcere. Una vergogna da cancellare. Per questo chiediamo che si compia ogni sforzo per approvare al più presto la proposta di legge tuttora all’esame della Commissione  Giustizia della Camera. Tale approvazione sarebbe un segnale di grande civiltà per l’ Ordinamento Penitenziario e per il nostro Paese».

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