Riforma della giustizia penale: tutti i paradossi

 di Valentina Stella Il Dubbio 24 luglio 2021

L'interlocuzione va avanti serrata, si cerca un punto di caduta per uscire indenni dalla prova fiducia sulla riforma penale. La mediazione prosegue tra la ministra Cartabia, il premier Draghi e il capo politico in pectore del M5S Conte, per individuare quei miglioramenti tecnici, in particolare sull'improcedibilità, che consentirebbero il voto compatto della maggioranza senza spaccare un Movimento in fibrillazione. Proprio ieri infatti, come vi avevamo preannunciato, sul dl semplificazioni si è registrata la prima defezione: il deputato Vianello ha votato contro la fiducia. Con la riforma Cartabia almeno una trentina di deputati sarebbero pronti a seguirne l'esempio, «numeri destinati a salire vertiginosamente», ha riferito una fonte parlamentare all'Adnkronos. Proprio ieri la Ministra, intervenuta al Congresso del CNF, ha (r)assicurato che il dialogo prosegue:  «La riforma è stata oggetto della richiesta di un voto di fiducia ma questo non esclude che si possano apportare aggiustamenti tecnici su alcuni dei punti che hanno destato maggiore preoccupazione. Nonostante la proposta sia stata approvate dal governo io non smetto di ascoltare, non smetto di vagliare attentamente tutte le ragioni che sono state esposte e cercare di capire, laddove davvero segnalano una criticità, se è possibile rimediarvi». Intanto ieri in Commissione giustizia si è registrato uno scontro a distanza tra FI e Pd: Zanettin ha chiesto di «allargare il perimetro» del ddl di riforma del processo penale, così da far rientrare gli emendamenti sull'abuso d'ufficio, dichiarati inammissibili per estraneità di materia dal presidente Perantoni. Il capogruppo dem in commissione, Alfredo Bazoli, dissente perché ciò «comporterebbe una istruttoria aggiuntiva. Il Pd si opporrà senza dubbio, perché condividiamo l'esigenza rappresentata dal presidente Draghi di approvare la riforma nei tempi stabiliti». Su questo punto la Commissione deciderà lunedì mattina.  Comunque c'è da constatare che la riforma della giustizia penale si sta via via caratterizzando per una serie di paradossi. Il primo riguarda l'atteggiamento dei Ministri del M5s. La ministra grillina Dadone, intervenendo ieri ad Agorà Estate, alla domanda se potrebbe esserci un passo indietro dei ministri pentastellati se non si trova l'intesa sulla riforma della giustizia ha risposto: «è un'ipotesi che dovremo valutare insieme a Giuseppe Conte». A cosa stavano pensando i Ministri grillini quando due giorni fa hanno dato l'ok a Draghi e Cartabia per porre la fiducia al testo governativo? La perplessità non è solo nostra ma anche della base e di alcuni parlamentari grillini, soprattutto perché è la seconda volta che capita: proprio l'8 luglio gli stessi ministri avevano dato il loro placet sempre in Cdm al testo di mediazione Cartabia; poi il giorno dopo il M5s ha alzato un polverone, come se i Ministri non fossero stati presenti al tavolo di Palazzo Chigi. Il secondo paradosso riguarda il Csm: come ha scritto l'onorevole di Azione, Enrico Costa, « il Csm, questo autorevolissimo CSM, si è espresso contro la riforma Cartabia perché assegna un tempo troppo breve per celebrare gli appelli, ma anche perché contrasta con la ragionevole durata dei processi. Due argomenti tra loro in conflitto. Confusione o malafede?». Intanto il parere approvato due giorni fa dalla Sesta commissione di Palazzo dei Marescialli, limitatamente all’istituto dell’improcedibilità, non è stato inserito nell’ordine del giorno ordinario del prossimo plenum per consentire al Csm di esprimersi sull’intera riforma del processo penale. Lo ha comunicato il vicepresidente Ermini, recependo in tal modo le indicazioni del presidente Mattarella contenute nell’assenso all’ordine del giorno ordinario predisposto per il plenum. La ministra della Giustizia, ha spiegato Ermini, «ha infatti chiesto al Csm il parere su tutti gli emendamenti governativi presentati in Parlamento, e dunque - ha proseguito, riferendo quanto precisato dal capo dello Stato – è necessario che il Consiglio non ometta di esprimersi su tutti gli aspetti della proposta del governo». Il terzo paradosso riguarda l'efficacia della riforma: nel Pnrr si legge che auspicando «l'impatto sulla durata dei procedimenti potrebbe verosimilmente stimarsi alla fine del 2024». Come si concilia questo con la proposta del Pd di prevedere un periodo transitorio con periodi più lunghi per terminare secondo e terzo grado? Soprattutto non si comprende l'allungamento ad un anno e sei mesi per la Cassazione dove vanno in prescrizione solo l'1,7% dei procedimenti e dove la loro durata media è pari a 167 giorni (dati 2019). L'Europa non ci ha chiesto una accelerazione? Il quarto paradosso concerne la circostanza per cui questa proposta di riforma porta innanzitutto la firma di due ex presidenti della Consulta, Cartabia e  Lattanzi ma per alcuni esponenti della lotta alla criminalità organizzata essa sarà di «ostacolo alla lotta alla Mafia» (Nino di Matteo), «mina la democrazia» (Cafiero De Raho), « le conseguenze saranno, in termini concreti la diminuzione del livello di sicurezza per la Nazione visto che certamente ancor di più conviene delinquere (Nicola Gratteri).  Su questa direttrice arriva in soccorso del Governo la Presidente di Italia Viva Senatrice Teresa Bellanova: «Vedo un pezzo di magistratura che sulla riforma della giustizia si accoda alle posizioni espresse, con parole indegne, da Marco Travaglio. E francamente me ne stupisco molto.Come si può immaginare che una giurista di altissimo livello, prima donna Presidente della Corte Costituzionale, lavori per annullare i processi per mafia? E come si può criticarla, quando di fronte alle riforme giustizialiste annunciate da Bonafede si è preferito stare zitti?».

 

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