Agenti indagati, Bonafede sapeva ma non li trasferì

 di Angela Stella il Riformista 3 luglio 2021

Minaccia querele l'ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede verso chiunque gli attribuirà la responsabilità di essere rimasto in silenzio e inerme dinanzi alle violenze accadute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020: «Sui giornali di oggi (ieri, ndr) si leggono alcuni titoli e ricostruzioni totalmente falsi sui gravissimi fatti di Santa Maria Capua Vetere,  - ha detto Bonafede, attualmente portavoce alla Camera del MoVimento 5 Stelle -  con particolare riferimento all’attività svolta al tempo da me e dal Ministero della Giustizia. Preciso, come è già evidente e documentalmente provato, che il Ministero si è mosso immediatamente nel pieno rispetto delle prerogative e dell'indipendenza dell'autorità giudiziaria che ha portato avanti le indagini per accertare i fatti. Ogni altra speculazione è totalmente infondata e per tale ragione adirò le opportune vie legali contro ogni falsità e strumentalizzazione nei miei confronti». Cosa significhi 'immediatamente' e in cosa si sia concretizzata la solerte mossa non è dato sapere. Però nella risposta che l'ex sottosegretario alla giustizia Vittorio Ferraresi diede all'interpellanza dell'onorevole Magi leggiamo:  «Orbene, con riferimento agli agenti del Corpo attinti dagli avvisi di garanzia e da decreti di perquisizione, si evidenzia che, con nota 3 luglio 2020, il locale provveditore ha trasmesso al DAP l'elenco del personale del Corpo nei confronti del quale è stata data formale comunicazione dell'avvio di procedimento penale da parte della procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere». Quindi al Ministero e al Dap erano noti i nomi degli indagati? Se sì, perché non si è provveduto a trasferirli in via cautelare in altri istituti? Abbiamo posto la stessa domanda al Dap, al Ministero e all'onorevole Ferraresi ma nel momento in cui andiamo in stampa nessuna risposta. Aspetteremo. Quello che è certo è che, come ricostruito da una interpellanza dell'onorevole di + Europa Riccardo Magi,   «nei giorni successivi» al 6 aprile, «con il supporto dell'associazione Antigone e dei garanti dei detenuti della Campania e di Napoli, decine di detenuti hanno denunciato le violenze subite; il 9 aprile 2020 il Governo rispondeva in Aula [...] nulla veniva detto a proposito di quanto accaduto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere; l'11 giugno 2020 viene emesso un decreto di perquisizione nei confronti di 57 agenti della polizia penitenziaria; lo stesso giorno, in una nota, il Dap esprimeva «un rispettoso riconoscimento al Corpo della Polizia Penitenziaria e a ogni singolo operatore che in esso e per esso svolge quotidianamente, con convinzione, dedizione e sacrificio, un compito non facile e al servizio del Paese», conclude l'interpellanza. Poi, come ormai sappiamo, il 16 ottobre arriverà la replica dell'ex sottosegretario Ferraresi che qualificò quegli accadimenti come una 'azione di ripristino della legalità'. Nel mentre, l'ex Ministro Bonafede, andava ripetendo che non poteva entrare nel merito dell'inchiesta giudiziaria. Nessuna parola di vicinanza ai detenuti.  Comunque nei prossimi giorni ci sarà una ispezione, disposta dal Dap, nel carcere sammaritano, dopo il via libera dall'autorità giudiziaria. Lo si apprende da fonti di via arenula, che riferiscono che a capo della commissione ispettiva è stato indicato il direttore generale detenuti e trattamento. Un fatto eccezionale, un segnale, rilevano le stesse fonti, del fatto che il Dap vuole seguire in modo diretto le attività ispettive, visto che il direttore generale riferisce direttamente ai vertici Dap. Sta di fatto che, come ci disse Luigi Manconi in una intervista, «il carcere e la caserma sono istituzioni totali, secondo la classica definizione di Erving Goffman: sono strutture chiuse, sottratte allo sguardo esterno e al controllo dell’opinione pubblica e della rappresentanza democratica». E in questi anni il carcere davvero è sfuggito al controllo dello Stato e alla salvaguardia dei principi costituzionali: rivolte, morti, feriti, strutture devastate, torture. Santa Maria Capua Vetere non è un pisodio isolato. Prendiamo il caso del carcere di Melfi. Il 16 e il 17 marzo 2020, in occasione di un'operazione di trasferimento, alcuni detenuti sarebbero stati picchiati e lesionati da agenti di polizia penitenziaria: «Gli agenti ci hanno legato i polsi con fascette da elettricista, lungo il tragitto che ci portava al pullman ci urlavano di tenere la testa bassa, avevano formato un cordone umano e alcuni di loro ci colpivano con calci nel sedere e in altre parti del corpo». Per questo episodio, l'avvocato Simona Filippi di Antigone si è opposta alla richiesta di archiviazione.  Invece è un capitolo forse chiuso quelle delle rivolte di Modena: nove detenuti morirono per overdose. Dalle ricostruzioni parrebbe che i reclusi abbiano avuto accesso al metadone che era nel penitenziario e ne abbiano abusato. Il gip ha archiviato ma proprio ieri i legali delle famiglie e l'associazione Antigone hanno annunciato che ricorreranno alla Cedu. Tuttavia,  secondo il rapporto sulla tortura inflitta a una o più persone detenute in Italia, reso noto sempre da Antigone lo scorso 25 giugno, i procedimenti attualmente aperti in Italia riguardano le carceri di Ferrara, San Gimignano, Firenze, Torino, Palermo, Milano Opera, Melfi, Pavia, e SM Capua Vetere appunto.  Ieri intanto si è venuto a sapere che cinque agenti penitenziari sono stati rinviati a giudizio per i reati di lesioni aggravate, falso, calunnia, violenza privata, abuso d'ufficio e omessa denuncia a danno di U.M. un uomo detenuto, all'epoca dei fatti, nel carcere di Monza.  Ma resta comunque difficile fare una stima di quanti episodi di violenza siano avvenuti nelle carceri negli ultimi tempi,  spesso perché la vittima ha paura di denunciare, soprattutto se sa poi che i presunti aguzzini non vengono trasferiti in via cautelare.  

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