Recensione: La ricerca del diritto

 di Valentina Stella Il Dubbio 17 luglio 2021

Che cos'è il diritto? Un prodotto esclusivo della legislazione e autonomo dal divenire sociale o un fenomeno dalla dinamiche evolutive? Sono le domande che si pone Fabrizio di Marzio, professore ordinario di Diritto privato presso l'Università G. D'Annunzio  di Chieti - Pescara, componente del comitato direttivo della Scuola Superiore della Magistratura, nel libro 'La ricerca del diritto' (Editori Laterza 2021, pag. 200, euro 23). L'autore scrive: «Incontriamo il diritto tutti i giorni. Sembra a disposizione nei corsi universitari, nelle aule di giustizia, nei codici e nelle leggi, nelle regole che ci aiutano a muoverci nella società e a stabilire relazioni personali come il matrimonio, economiche come il contratto, politiche come l’iscrizione a un partito. Ma in questo essere ostentatamente a disposizione, avvertiamo che qualcosa sfugge. Le leggi sono spesso poco chiare, e non di rado sembrano contraddirsi. Capita che le sentenze dei giudici suscitino sorpresa. Nuove pretese si affermano in uno spazio sociale in cui fatichiamo a scorgere la stabilità del diritto. Nuove idee di persona, di famiglia, di cittadinanza attendono di ricevere una tutela giuridica che le vecchie idee di persona, di famiglia, di cittadinanza non riescono ad offrire. Il corpo immenso del diritto si muove impercettibilmente secondo un disegno non prestabilito, che si completa cancellandosi a tratti». E allora il libro si trasforma in una ricerca del diritto su diverse direttrici che danno il nome ai diversi capitoli, tra cui 'Diritto e storia', 'Diritto e morale', 'Diritto e arte', 'Diritto e scienza'. In riferimento, ad esempio, a questo ultimo capitolo l'autore crede che «se vogliamo discutere di possibili sviluppi e conquiste della tecnoscienza ponendoci il problema del governo giuridico della conoscenza scientifica, dobbiamo sottoporci la preliminare domanda se sia fondata la posizione di chi ritiene che tali prassi siano senz'altro assoggettabili alla decisione giuridica; vi siano cioè subordinate». Le pagine dell'autore sono ricche più di domande che di risposte, viene disegnata una cornice all'interno della quale ognuno di noi può interrogarsi. «Non siamo noi a decidere quali domande porci; affrontiamo le domande che incontriamo sulla via. Il nostro domandare deriva dall’esperienza del percorso, e si modifica nel procedere del viaggio. Un po’ come capita al contadino immobile davanti alle porte della legge nel racconto di Kafka. Passa la vita nell’ansia di una risposta, e non si stanca di interrogare il guardiano della Legge, che chiacchiera elusivamente e alla fine dice al contadino morente fuori dal portone: «Qui non poteva avere accesso nessun altro, perché questo ingresso era destinato solo a te. Adesso vado a chiuderlo». Ma, diversamente dal contadino, noi non rimaniamo fermi e non pensiamo che il diritto sia chiuso dietro un ingresso sorvegliato. Sappiamo che è presso di noi: ci appartiene e gli apparteniamo».

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