Salvini: la mattanza sono state le rivolte

 di Angela Stella Il Riformista 2 luglio 2021


L' «orribile mattanza» che si è consumata nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020 resta al centro del dibattito politico. Ieri il leader della Lega Matteo Salvini si è recato al carcere sammaritano dove ha avuto un colloquio con la direttrice Elisabetta Palmieri. All'uscita ha dichiarato: « Chi sbaglia paga, soprattutto se indossa una divisa. Questo non deve significare infamare 40000 agenti della penitenziaria. È evidente che ci sono state delle violenze. Quando ho visto quel video sono rimasto sconvolto. Sono vicino a chi vive in carcere ma anche a chi vi lavora». Ad una giornalista che gli ha chiesto se la ritenesse una mattanza ha replicato: «la mattanza è stata la rivolta c'è stata in questo e altre carceri». E ha proseguito: «Vorrei avere certezza sulla colpevolezza degli indagati. La giustizia faccia il suo corso, se ci sono stati abusi e violenze vanno puniti, ma non accetto minacce di morte, insulti e attacchi, che arrivano anche da parte dei clan della Camorra. Se c'è un 1% di forze dell'ordine che sbaglia va punito, inaccettabile se c'è stato qualche detenuto oggetto di violenza, le scuse alle famiglie sono sacrosante e dovute». Salvini ha parlato anche «disastro e sconfitta dello Stato», e di una vicenda «che serva per nuove assunzioni, nuove divise, nuove telecamere, dotazioni per quelle persone che domani mattina si alzano e fanno servizio a Milano, all'Ucciardone, a Santa Maria, dovendo pure fare gli psicologi», ha concluso il leader della Lega. Ad intervenire ieri con una nota è stato anche il deputato 5 Stelle Vittorio Ferraresi, ex sottosegretario alla Giustizia. Il 16 ottobre 2020, rispondendo ad una interpellanza dell'onorevole di +Europa Riccardo Magi, disse che gli risultava che i fatti accaduti erano stati una «doverosa azione di ripristino di legalità e agibilità dell'intero reparto». Ora sappiamo che non è così. E allora Ferraresi si difende da chi fa notare l'incongruenza tra quanto detto allora e  gli accadimenti reali:  «l’inchiesta risultava in corso e era coperta dal segreto d’indagine. [...] Le informazioni che esposi in quell’intervento provenivano dalle note, prontamente richieste, che ci vennero fornite dal DAP. [...] Feci dunque riferimento a una ‘azione di ripristino di legalità e agibilità dell'intero reparto’ perché quella era la versione dei fatti sulla base degli elementi fino a quel momento conosciuti». Secca la replica di Magi: «Ho riletto e riascoltato più volte la risposta del Ministero a quell’interpellanza e non sono possibili interpretazioni che attenuino l’assurdità di quella definizione “doverosa azione di ripristino della legalità”. Come è stato possibile usarla a sei mesi dai fatti, mentre l’indagine era già in una fase avanzata e sugli organi di stampa veniva descritto il contenuto dei video divenuti pubblici negli ultimi giorni, anzichè dire che, qualora confermate, quelle condotte erano di una gravità inaudita?  Chi ricopre una carica di governo non può e non deve semplicemente leggere in aula le risposte preparate dall’ufficio ministeriale competente. Chi riveste ruoli di governo può e deve chiedere ed esigere dall’Amministrazione informazioni dirette e dettagliate sul suo operato e non riportare “versioni”». Ferraresi ha riferito anche che il Ministero non potè fare nulla «per avviare un’indagine interna perché questo non è consentito in presenza di un’inchiesta della Procura. In più occasioni il DAP ha fatto richiesta agli inquirenti di acquisire atti giudiziari per ‘valutare l’adozione delle iniziative amministrative di competenza non più procrastinabili’. Ma tali sollecitazioni non hanno mai avuto riscontro». Tale circostanza ci è stata confermata dal Procuratore Capo di Santa Maria Capua Vetere, dottoressa Troncone: «Preciso che, stante l’allora sussistenza del segreto d’indagine, non sono stati comunicati né i nomi , né il materiale indiziario acquisito. Peraltro, le comunicazioni seguono il regime di cui all’art. 129 disp. att. c.p.p. e vengono operate solo quando si perviene alla formulazione di richiesta di rinvio a giudizio o all’adozione di provvedimenti cautelari. Nell’attualità, il DAP sta reiterando richieste, che possono essere evase e che sono determinate dal chiaro intento di voler acquisire tutti gli elementi conoscitivi necessari per assumere tutte le determinazioni del caso». Possibile, tuttavia, che il Ministero, che pure spesso negli ultimi mesi con i diversi Guardasigilli ha predisposto ispezioni e inchieste amministrative, non abbia alcuno strumento di indagine interna per verificare per quanto di sua competenza i fatti, sebbene sia in corso una indagine della Procura? La domanda sorge partendo dal fatto che quegli agenti sono rimasti al loro posto  fino a due giorni fa, accanto ai detenuti che avevano subìto le violenza. Sul punto è intervenuto anche il Garante Mauro Palma che ieri ha incontrato il presidente del Consiglio Draghi. Un incontro programmato da tempo, ma che inevitabilmente ha toccato anche gli ultimi fatti di cronaca relativi alle violenze in carcere.  Tra gli «interventi rapidi» da mettere in atto, Palma annovera infatti «la ridefinizione di una catena di trasmissione delle informazioni agli organi superiori tale da evitare in futuro che esponenti del Governo rispondano al Parlamento qualificando quale doverosa operazione di ripristino della legalità un’azione che la documentazione disponibile mostra chiaramente al di fuori di quanto il nostro ordinamento costituzionale possa accettare». Intanto il Pd fa pressione sulla Cartabia affinché riferisca in Aula al Senato: i capogruppo Valeria Fedeli e Franco Mirabelli hanno presentato un'interrogazione alla Ministra «per chiederle quali misure necessarie e urgenti intenda assumere e se non consideri altrettanto necessario riferire in Aula al Senato quanto prima». 


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