Anm boccia riforma Cartabia

 di Angela Stella Il Riformista 17 luglio 2021

A quattro giorni dal deposito dei sub-emendamenti al pacchetto di emendamenti della Ministra Marta Cartabia alla riforma del processo penale e ad una settimana dell'approdo in aula, la massima convergenza tra tutti le parti coinvolte sembra davvero difficile. Prova ne sono le audizioni tenute ieri in Commissione Giustizia della Camera. Il nodo centrale resta sempre il nuovo istituto dell'improcedibilità dopo la sentenza di primo grado, su cui sarà decisivo il prossimo incontro di lunedì tra il premier Draghi e Giuseppe Conte. Lo ricordiamo: 2 anni per finire l'appello, 1 per la Cassazione. Se non si rispettano i tempi, il processo muore ma il reato non si estingue. Partiamo dall'avvocatura: «dire no all'imputato a vita e difendere il diritto pieno al secondo grado di giudizio sono le priorità dei penalisti italiani che appaiono nel complesso recepite dagli emendamenti governativi»: così Gian Domenico Caiazza, Presidente dell'Unione Camere Penali.  Tuttavia, sul terreno scivoloso dell'improcedibilità, si legge in un documento della Giunta che « la prima proposta della Commissione Lattanzi, modellata -in senso per di più migliorativo- sulla riforma Orlando, sarebbe stata a nostro avviso preferibile, ma l’obiettivo politico è tuttavia inequivocabilmente raggiunto». Per quanto concerne le impugnazioni, accolgono «con soddisfazione l’abbandono dell’idea, da sempre propugnata dalla magistratura italiana ed in un primo momento fatta propria dalla bozza Lattanzi, di trasformare l’appello penale in un giudizio cosiddetto “a critica vincolata”, così trasfigurandolo da giudizio sul fatto a giudizio sull’atto. Debbono però essere stigmatizzate le residue proposte che mirano ad ostacolare l’accesso al giudizio di appello». Infine «sulla riduzione dei tempi del processo, occorre più coraggio sui riti alternativi, ma soprattutto investire in strutture, personale, magistrati».  In pratica per i penalisti « le ambizioni riformatrici della cultura penalistica liberale non vedono certo qui realizzata una autentica e coerente riforma del processo penale». Critiche anche dalla magistratura associata: la nuova prescrizione processuale «non sembra sia un istituto di accelerazione del processo. L'obiettivo di una riduzione dei tempi dei processi è da noi condiviso ma questo non è uno strumento adatto, non accelera ma elimina i processi». Quanto alle deroghe ai tempi previste per i reati più gravi, a giudizio di Santalucia «si tratta di un catalogo poco ragionevole, che va implementato» perché «esclude e dimentica alcuni reati di grande allarme sociale». D'accordo al doppio binario anche Armando Spataro, ex procuratore della Repubblica di Torino, che ha suggerito di aggiungere a quelli già previsti contro la pubblica amministrazione anche «quelli relativi alle morti sul lavoro». Spataro si è poi detto contrario alla possibilità che al Parlamento vengano attribuiti i criteri di scelta dell'azione penale, seppur in termini generali. Insomma delle criticità ci sono ma a difendere l'impianto della riforma ci ha pensato il professore avvocato Vittorio Manes, Ordinario di Diritto penale presso l'Università degli Studi di Bologna, tra i componenti della stessa Commissione Lattanzi: «a me sembra che il dibattito si stia concentrando solo su un aspetto  - la prescrizione - . Si rischia di guardare il dito e non la luna, ossia l'intero impianto di riforma meritevole di apprezzamento sotto vari punti di vista: filtrare i procedimenti che meritano di essere portati avanti, considerare il carcere come extrema ratio, rivitalizzare l'udienza preliminare e il patteggiamento, così come le pene pecuniarie». A titolo personale, poi, il professor Manes ha ammesso di preferire l'ipotesi A per intervenire sulla prescrizione, quella sostanziale, evidenziando, peraltro, che «la proposta inserita negli emendamenti ha cura di precisare che in caso di risarcimento del danno per la parte civile, una volta arrivata l’improcedibilità, il giudice penale può trasmettere gli atti al giudice civile. È una giusta preoccupazione sia per le vittime che per l’imputato, ed andrebbe ulteriormente chiarita, specificando che la condanna in primo grado poi divenuta improcedibile non può lasciar residuare effetti, ad esempio sul piano della confisca o sul piano extrapenale e disciplinare: altrimenti significherebbe lasciar residuare un’ombra di colpevolezza - per citare le parole della Corte EDU - sul soggetto, in spregio della presunzione di innocenza». Infine, il professor Manes auspica che si possa ripristinare «l'archiviazione meritata e il potenziamento di altri riti speciali», come l’abbreviato condizionato.  Date tali premesse, si potrebbe davvero aprire la strada alla fiducia, per evitare di andare oltre l'estate. 


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