Responsabilità professionale toghe: il dibattito
di Angela Stella Il Riformista 21 gennaio 2021
Da qualche settimana abbiamo intensificato un dialogo a distanza tra magistratura e avvocatura sui temi di politica giudiziaria più di attualità. Oggi ospitiamo un contributo a firma di Nello Rossi, direttore della rivista "Questione Giustizia"; si parla di responsabilità professionale dei magistrati, questione sollevata lo scorso 6 gennaio dall'Ucpi in un documento pubblico. Secondo i penalisti «la carriera dei magistrati italiani progredisce automaticamente, del tutto a prescindere da una valutazione di merito delle attività in concreto svolte dal singolo magistrato». L'11 gennaio il presidente Anm Santalucia, in una nostra intervista, replica: « Sono certo che le Camere Penali non vogliano una responsabilità dei magistrati sulla base di risultati ottenuti o mancati. Altro discorso è invece dare rilievo a dati abnormi nella conduzione e nell’esito di indagini e di processi. Spingersi al di sotto di questa soglia, con l’illusoria convinzione di sanzionare gli abusi, sarebbe, prima ancora che una minaccia per i magistrati, un pericolo di compromissione della serenità di giudizio e della indifferenza ai risultati». Commentando questa intervista all'Adnkronos, si inserisce nel dibattito Eugenio Albamonte, attuale Segretario di Area: «Dire che i magistrati non rispondono di quanto fanno è una baggianata pazzesca». Il giorno dopo arriva la replica del Presidente dell'Ucpi, Gian Domenico Caiazza, sia a Santalucia: « La risposta del Presidente mi è parsa un po’ elusiva. Per responsabilità professionale intendiamo un recupero delle valutazioni di merito della carriera di ciascun magistrato, nella quale non può non entrare una analisi complessiva dell’esito di alcune indagini o dei provvedimenti giurisdizionali che le hanno acriticamente assecondate»; che ad Albamonte: «È forse una “baggianata pazzesca” che le attuali valutazioni di professionalità dei magistrati sono positive al 99%, dunque non esistono?». Due giorni dopo ad intervenire è l'avvocato Francesco Petrelli, direttore della rivista "Diritto di difesa": « Nel nostro Paese la questione è ancora assoggettata alla cosiddetta “etica dei principi” e non a quella della responsabilità secondo la quale ognuno deve rispondere delle proprie scelte specie quando incidono sulle vite dei cittadini e sono il risultato di un potere così esteso e così spaventoso come quello giudiziario».
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