L' anno giudiziario, cioè la fiera dell'ipocrisia

 di Angela Stella Il Riformista 30 gennaio 2021

Il fantasma di Luca Palamara aleggiava ieri nell'Aula Magna della Corte di Cassazione durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2021, alla presenza delle massime autorità, prima fa tutte il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. I massimi vertici dell'ordine giudiziario non hanno potuto infatti non fare i conti con lo scandalo che ha devastato la magistratura in questo ultimo periodo. A sentire gli interventi i buoni propositi ci sono tutti per risalire dopo aver toccato il fondo. Ma ai bei discorsi seguirà una vera riforma della giustizia e della magistratura? «Gli ultimi anni sono stati difficili per il CSM e per l’associazionismo giudiziario - ha scritto nella sua relazione il primo presidente Pietro Curzio  - La magistratura italiana ha le risorse per superare questo periodo travagliato, anche se non è facile. Bisogna avere l’umiltà di ascoltare ciò che ci hanno insegnato i migliori tra noi. Rosario Livatino lasciò scritto nel suo diario di uomo di fede “non ci sarà chiesto se siamo stati credenti ma credibili”. Forse il segreto è semplicemente, per ogni scelta che operiamo, di chiederci quanto siamo credibili». Di credibilità ha parlato anche il Procuratore Generale di Cassazione, Giovanni Salvi: «Il coraggio di tanti colleghi ci dà oggi la forza per ricostruire la credibilità della magistratura, duramente scossa dalle indagini che hanno portato a emersione un sistema diffuso di asservimento del governo autonomo a logiche di interessi di gruppo, che ha consentito anche condotte di assoluta gravità, alcune delle quali in precedenza mai verificatesi. La reazione sanzionatoria è stata pronta ed efficace. Essa però non può che essere parte di un impegno ben più vasto, nel quale la sanzione non sia che l’aspetto residuale». E infatti a chiedere una «rifondazione morale che coinvolga tutta la magistratura» è il vice presidente del CSM, David Ermini: «il doveroso accertamento delle responsabilità di singoli magistrati non deve trasformarsi in un modo per liquidare fatti dolorosi e inquietanti all’interno di una spiacevole parentesi da archiviare e dimenticare in fretta». In altre parole, non trasformiamo Palamara in un capro espiatorio, come qualcuno vorrebbe, amnistiando tutta la corte che per anni gli ha chiesto favori.  Del discorso di Ermini c'è sicuramente da ricordare un altro passaggio molto importante che riguarda la valutazione professionale dei magistrati, tema a cui questo giornale sta dedicando da giorni pagine di approfondimento: «auspico vivamente – sostiene Ermini –  con riguardo ai procedimenti di valutazione di professionalità dei magistrati, che dovranno prevedere controlli sulla qualità e sulla tenuta dei provvedimenti, in modo da consentire quella necessaria differenziazione dei giudizi (oggi spesso indebitamente uniformati in incolori e ripetitive espressioni  di generica positività) che costituisce il presupposto indispensabile dell’affermazione del merito e del rilievo delle diverse attitudini». Tale proposito ha raccolto il plauso dell'Unione delle Camere Penali Italiane che hanno aperto il fronte della discussione: «La riforma dell’ordinamento giudiziario non potrà prescindere dalla separazione delle carriere e da percorsi professionali che valorizzino merito e qualità. L’esigenza di nuove regole per le valutazioni di professionalità dei magistrati finalizzate all’affermazione del merito è risuonata nell’intervento del Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura; finalmente un nuovo approccio, che valorizza prospettive di riforma da sempre indicate dall’UCPI». Alle dichiarazioni di Ermini si legano sicuramente le parole di ammonimento del Procuratore Salvi verso certe Procure mediatiche e forse verso chi, come il Procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, non è in grado di rispettare il libero dispiegamento della giurisdizione: «Non sempre al clamore delle indagini e degli arresti  - dice Salvi - ha però corrisposto pienamente la conferma nelle fasi successive. Questa discrasia, quando significativa, dovrà essere oggetto di attenta analisi in sede di ricerca dell’uniformità nell’esercizio dell’azione penale e quindi anche nelle indagini preliminari». Sempre Salvi ha parlato di carcere come questione di gravità strutturale, che la pandemia ha solo messo sotto i riflettori: «L’esecuzione penale ha tuttavia rappresentato, nell’anno trascorso, il di- stretto penalistico di maggiore delicatezza ed importanza: e, pertanto, su di esso la Procura generale ha inteso profondere attenzione massima e notevole impegno di coordinamento. La pandemia, quale piaga sociale, ha infatti rivelato, in tutta la drammaticità, altre piaghe mai guarite ed altre emergenze mai davvero superate: in primo luogo, quella delle carceri italiane. Come noto le comunità chiuse sono un contesto in cui il diffondersi di infezioni può avvenire in modo particolarmente rapido; quelle più numerose nel nostro Paese sono costituite dagli istituti penitenziari i quali hanno, oltre a quella dell’affollamento, tre ulteriori caratteristiche che li rendono particolarmente meritevoli di specifica, massima attenzione»: essere aperti alla comunità esterna, ospitare molti reclusi in condizioni di salute precarie, dipendere da struttute sanitarie esterne. Infine, siccome il nostro Paese soffre, tra l'altro, del brutto male del panpenalismo è bene ricordare a chi chiede nuovi reati e aumenti delle pene che, come ha precisato sempre Salvi, « è significativa la tendenza alla diminuzione degli omicidi volontari. Nel 2020 essi sono infatti stati 268, con un calo del 13,5%, rispetto all’anno precedente in cui erano stati 315. [...] L’Italia vede, dunque, un numero di omicidi in rapporto alla popolazione molto inferiore alla media europea e tra i più bassi al mondo»; tuttavia «è però drammatico il fatto che gli omicidi in danno di donne permangono pressoché stabili, molti di tali delitti sono consumati nel contesto di relazioni affettive o domestiche». Presente all'inaugurazione anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che nel suo intervento ha chiarito di essere «in carica per gli affari correnti» e, pertanto, «non potrò che attenermi all’esposizione generale dell’attività portata avanti nel 2020 esimendomi, per doveroso rispetto dei rapporti istituzionali, da qualsiasi considerazione di indirizzo politico». 

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