Carriere separate Sì «Le toghe hanno troppo potere: occorre bilanciare senza toccare l’autonomia»

 di Valentina Stella Il Dubbio 6 gennaio 2021

Se la separazione delle carriere in Italia non c'è è perché i pubblici ministeri hanno paura di perdere quel grandissimo potere che hanno acquisito in tutti questi anni, grazie anche ad una politica estremamente debole: è la tesi dell'avvocato Rinaldo Romanelli, Responsabile dell’Osservatorio Unione Camere Penali sull’ordinamento giudiziario.

Avvocato, che fine ha fatto la proposta di legge di iniziativa popolare sulla separazione delle carriere proposta dall'Ucpi? Dopo una discussione nel plenum della Camera è stata rinviata in Commissione Affari Costituzionali. Sostanzialmente è stata anestetizzata: a questo servono i rinvii. Si tratta di un tema molto delicato dal punto di vista degli equilibri politici: ci sono più o meno in tutti i partiti dei consensi trasversali favorevoli, che però vengono richiamati all'ordine secondo le logiche di partito. Toccare gli equilibri della magistratura in Italia potrebbe produrre effetti tali da far cadere un Governo.

Perché in Italia magistratura e politica non vogliono attuare questa riforma?

C'è sicuramente una fortissima incidenza della magistratura nella vita politica del Paese. Il potere giudiziario in Italia ha assunto un peso che ha in qualche modo alterato gli equilibri che il Costituente immaginava nel rapporto tra il potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Quest'ultimo difende gelosamente le prerogative, i privilegi e gli spazi di potere che nel tempo, complice una politica estremamente debole, È corretto dire che la separazione serve a porre un limite al potere incontrollato delle Procure?

Certamente. Quello che noi immaginiamo attraverso la separazione delle carriere è di realizzare l'effettiva indipendenza del giudice, che sia terzo anche dal punto di vista ordinamentale, ossia che dipenda da un Csm che si occupi solo dei giudici. Ce ne dovrebbe essere un altro solo per i pm. Il limite non può che essere affidato ad un effettivo controllo da parte del giudice dell'operato del pm: affinché sia così, il giudice deve essere qualcosa di diverso dal pm.

Quindi due Csm?

Sì, con criteri di autonomia ed indipendenza essenzialmente paritetici. Chi dice che la nostra proposta porterebbe il pm alle dipendenze dell'Esecutivo o non ha letto la nostra proposta o è in malafede. E in più dobbiamo dire che forse non conosce il tema del quale parla. L'unitarietà della magistratura e l'indipendenza da un potere esecutivo sono due aspetti che non hanno nulla a che fare l'uno con l'altro. Basta guardare il sistema francese dove vige ancora il codice inquisitorio, che noi abbiamo abbandonato nell' ' 89, rispetto al quale è logicamente coerente un sistema in cui i magistrati dipendono tutti dallo stesso organismo e il pm risponde al Ministro della Giustizia. Esiste dunque un timore da parte dei pm verso la possibile approvazione? Non c'è dubbio che sia così. Non ricordo a chi sia riconducibile la citazione, ma credo che sia di un generale romano, ' soltanto gli stupidi cedono il potere, agli altri bisogna toglierlo'. È ovvio nel nostro sistema che il pm, contrariamente a quello che è scritto nella Costituzione, esercita l'azione penale in maniera assolutamente discrezionale, per non dire arbitraria. Questo gli conferisce un potere enorme, superiore a quello di qualsiasi altro magistrato, anche grazie alla ribalta mediatica.

I detrattori della vostra proposta sostengono che il pm andrebbe sotto il controllo dell'esecutivo.

Assolutamente no, basta leggerla per rendersene conto.

Giancarlo Caselli ha scritto sul Fatto Quotidiano che ' l’indipendenza della magistratura verrebbe affossata' da questa riforma e aggiunge ' giudici e pm hanno già ruoli diversi. Anche se bevono il caffè insieme'. Come replica? Anche questa osservazione sull'indipendenza è semplicemente falsa, come ho detto già prima. Denota una mancanza di comprensione della proposta o di conoscenza del tema. Noi proponiamo la separazione delle carriere, non quella delle funzioni. Separare le carriere significa che il giudice e il pm dal punto di vista ordinamentale rispondono a due Csm diversi. Una volta che la separazione è realizzata, nulla vieta che un giudice attraverso un concorso o tramite altri criteri di selezione eventualmente passi a fare il pm. Anzi sarebbe un arricchimento per tutti noi: è quello che avviene in ogni Paese

a democrazia evoluta. L'Italia è l'unico Paese europeo in cui non vige la separazione delle carriere. In Europa siamo in compagnia di Romania, Bulgaria e Turchia. Invece, come dicevo, l'unico altro Paese che è una democrazia evoluta nel quale la separazione non c'è è la Francia dove, lo ribadisco, il Pm dipende dall'esecutivo: è un modello sicuramente arretrato tra le democrazie evolute europee e non solo. Anche gli Stati Uniti, il Giappone, il Canada sono tutti Paesi dove la separazione delle carriere è una cosa ovvia e scontata perché il giudice deve essere lontano dall'avvocato come dal pm, per essere non solo imparziale, ossia indifferente all'esito della causa, ma anche terzo cioè estraneo ad ogni rapporto con le parti del giudizio.

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