Cartabia: improcedibilità sia extrema ratio

 di Valentina Stella Il Dubbio 11 novembre 2021

«L'improcedibilità che tanto ha suscitato discussioni deve rimanere un'extrema ratio, possibilmente da non attivare mai e perché questo possa accadere abbiamo previsto questo osservatorio sul processo penale che stiamo istituendo a giorni. È di imminente attuazione proprio per accompagnare una riforma che sappiamo essere sconvolgente, che ha bisogno di essere testata nella sua sperimentazione e che vogliamo accompagnare con tutti i supporti e le correzioni che si dovessero rendere necessari». A dirlo a Palermo è stata ieri la ministra Marta Cartabia, nella nuova tappa del suo viaggio nelle Corti di Appello. Lo stesso concetto che ci espresse il sottosegretario Sisto in una intervista: «se la sperimentazione ci dirà che il nuovo istituto non funziona,  il Parlamento potrà sempre intervenire, come accade normalmente».  La Guardasigilli ha voluto quasi sicuramente rispondere con quelle sue parole al presidente dell'Anm Santalucia che nell'ultimo Comitato direttivo centrale ha detto: «Non abbiamo notizie della costituzione del Comitato tecnico-scientifico per il monitoraggio sull’efficienza della giustizia penale, previsto dalla legge di riforma, e credo si possa tutti convenire nell’auspicarne la rapida costituzione, perché gli uffici giudiziari non possono essere lasciati soli nell’affrontare una riforma, per dire eufemisticamente, complicata». Forse la professoressa Cartabia ha voluto anche replicare alle critiche arrivate negli ultimi mesi da certa magistratura, dall'Accademia, e in ultimo il 3 novembre dall'Ufficio del Massimario della Cassazione: «Non si fa una riforma della giustizia con un tratto di penna, ma è un processo che deve essere continuamente rivisto. Tutte le grandi riforme, non solo quella della giustizia, mostrano la loro efficacia e i loro limiti sono nel momento dell'applicazione. Quando si disegna una riforma si cerca di immaginare tutte le criticità, di attingere a tutte le esperienze e i contributi che possano mettere in campo il disegno più vicino alla perfezione, ma è un processo da attuare per tappe successive». Ha tenuto anche a fare una precisazione sull'Ufficio per il processo che  «è una componente fondamentale delle riforme che stiamo portando avanti, ma non è l'unico elemento su cui si sta puntando, anche se, a mio parere, è un elemento portante. È un aiuto nell'immediato, ma è anche un investimento per i futuri colleghi, è un patto intergenerazionale». È una Ministra Cartabia diversa dal solito che forse sente il peso di una riforma «sconvolgente» capita però da pochi, sebbene sia ispirata dai principi costituzionali del giusto processo e della durata ragionevole dei procedimenti. «Si sta cercando di portare avanti una riforma organica   - ha concluso la Ministra - con uno sguardo olistico, sistematico, comprensivo di tutti i problemi della giustizia. Nessuno ha la bacchetta magica, non promettiamo una palingenesi della giustizia da un giorno all'altro, ma stiamo cercando di intervenire con gradualità. Un passo dopo l'altro con il contributo di tutti». Forse la Ministra è alla ricerca di una tregua, chiede tempo per comprendere il lavoro svolto a partire dai disastri del fine processo mai di Bonafede. Le ragioni della Ministra sono  giuste, come abbiamo sempre raccontato da questo giornale, ma come ha detto il giurista Tullio Padovani in un convegno del 2012, parlando di carcere ma non solo, «l'extrema ratio nella realtà operativa vera non conta assolutamente nulla, perché è un appello alla buona volontà, una sorta di invito rivolto con parole alate a chi poi non è vincolato all'ascolto se non nella misura in cui decide di ascoltare». 

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