Intervista a Silvia Albano

 di Valentina Stella Il Dubbio 30 novembre 2021

 

Autonomia e indipendenza della magistratura sono stati il fil rouge degli ultimi discorsi di Mattarella, Ermini, Cartabia.  A tal proposito per Silvia Albano, membro del Comitato direttivo centrale dell'Anm e componente dell'esecutivo nazionale di MD, « le trincee che devono essere tutelate sono sia la garanzia  dei principi evocati dai vertici del Csm e dalla Ministra sia il compito della magistratura di difendere i diritti dei cittadini nell'alveo della Costituzione. Il richiamo all'etica del Capo dello Stato va sicuramente raccolto, soprattutto da parte della magistratura associata che deve avere l'obiettivo di ritornare alle origini, ossia all'associazionismo come luogo di aggregazione di idee e di dibattito culturale».  Eppure sembra che questo cammino non sia stato intrapreso, perché per qualcuno la dura punizione di Palamara sembra estinguere il problema: «c'è una parte della magistratura che sembra accontentarsi dei giudizi disciplinari nei confronti di Palamara e degli altri coinvolti in quel famoso scandalo. Ma questo non basta. Abbiamo bisogno di una rivoluzione culturale al nostro interno che al momento non vedo: è assolutamente necessaria per un recupero di credibilità, anche all'interno dell'Anm. Quest'ultima dovrebbe aprirsi all'esterno, dialogare non solo con la politica ma anche con l'Accademia e l'avvocatura». Bisognerebbe passare altresì per una modifica degli incarichi semidirettivi e direttivi: «la riforma del 2006 ha prodotto alcuni mutamenti culturali dentro la magistratura che hanno portato a credere che ci fosse una magistratura di serie A e una di serie B e che hanno costituito terreno fertile per chi ha coltivato il "carrierismo"»; modificando il compito della magistratura perché, ad esempio, il sostituto potrebbe essere più portato ad assecondare il 'capo' che ad amministrare la giustizia: «certamente ci sono dei rischi da questo punto di vista perché è il dirigente che fa  il rapporto di valutazione di professionalità. Penso che debba essere in primo luogo assicurata una effettiva temporaneità degli incarichi  semidirettivi e direttivi. Non si può avallare una situazione nella quale si comincia da un incarico semidirettivo o direttivo, senza abbandonarlo mai, quasi fosse disdicevole  il ritorno alle ordinarie funzioni giudiziarie. Ed è poi importante abbandonare l'idea per cui chi riveste funzioni organizzative si senta “capo” di qualcosa e qualcuno. Inoltre sono del parere che l'apertura all'avvocatura nei Consigli giudiziari, anche per quanto concerne le valutazioni, sia importante. Ciò non intaccherebbe l'indipendenza del magistrato ma anzi la rafforzerebbe». A proposito di valutazioni di professionalità, in molti, anche da sinistra, ne chiedono una modifica:  «Bisogna essere cauti: la giurisprudenza si è evoluta anche grazie a provvedimenti coraggiosi dei giudici di merito che hanno contribuito all'evolversi del diritto vivente e all'attuazione della Costituzione. Non possiamo pensare che la giurisprudenza debba automaticamente uniformarsi al precedente, altrimenti il ruolo del magistrato diventerebbe prettamente burocratico. Certo, se un provvedimento viene riformato perché scritto male è un conto, se l'imputato viene assolto, nonostante sia stato rinviato a giudizio, è un altro conto. La valutazione di professionalità è senza dubbio un giudizio complesso dentro il quale occorre evitare automatismi». Infine, sul rapporto tra politica e magistratura, Albano conclude:  «credo che la classe politica che ha una solida cultura costituzionale abbia ben presente che l'autonomia e indipendenza della magistratura sono un baluardo dello Stato democratico. Credo che il rapporto debba essere quello di rispetto e ascolto reciproco, fondato anche sull'autorevolezza della magistratura che in questo momento ha perso. C'è per questo l'impressione che la politica ascolti meno la nostra voce ma questo è un problema che la magistratura si deve porre».


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