Intervista al sen. ALberto Balboni

 di Valentina Stella Il Dubbio 17 novembre 2021

Per il senatore di Fratelli d'Italia, Alberto Balboni, avvocato e vice-presidente della Commissione Giustizia, l'articolo 192 contenuto nella legge di bilancio, che prevede la mancata iscrizione a ruolo della causa se il contributo unificato non è pagato correttamente, «è incostituzionale e mira alla restrizione dei diritti di difesa».

Senatore che iniziativa prenderete in merito all'articolo 192 previsto dal ddl Bilancio?

Abbiamo già preparato un emendamento soppressivo dell'articolo 192 che presenteremo nell'intero pacchetto di emendamenti alla legge di bilancio. Condividiamo le nette prese di posizione da parte dell'avvocatura, compresi i giovani avvocati dell'Aiga.  Esiste una consolidata giurisprudenza in base alla quale nel momento in cui si procede alla trasmissione informatica della richiesta di iscrizione a ruolo, la procedura è già conclusa. C'è proprio una sentenza della Cassazione (n. 9664 del 26 maggio 2020) che, pronunciandosi sull’ammissibilità del deposito dell’atto introduttivo effettuato telematicamente senza la presenza della marca da bollo, ha decretato che il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generate la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata da parte del Ministero della Giustizia. La Cassazione dice che il cancelliere deve iscrivere a ruolo la causa e poi avviare la procedura di recupero della somma; anche perché non è sempre facile per un avvocato riuscire a comprendere in quale categoria di atti rientri la causa che sta iscrivendo.  

Quale pensa sia la ragione di questa modifica della norma proposta dal Governo?

Mi sembra che si stia andando sempre di più verso la creazione di ostacoli di carattere procedurale e burocratico per negare la domanda di giustizia. Purtroppo è un andazzo che abbiamo già constatato con la riforma del processo civile, a cui abbiamo mosso diversi rilievi in relazione all'anticipazione così drastica di tutte le preclusioni e della decadenza, guarda caso sempre a carico delle parti e dei loro difensori, mai nei confronti del giudice. Si va sempre di più verso la restrizione dei diritti della difesa: questo purtroppo è divenuto un costume, quasi un pregiudizio ideologico che sembra affermarsi sempre di più soprattutto da quando è in carica il nuovo Governo. Dall'ex Ministro Bonafede non si poteva pretendere chissà quale competenza, ma con un ministro come la Cartabia atteggiamenti di questo tipo lasciano molto perplessi. Spero che la Guardasigilli, quando si renderà conto di cosa è stato inserito nella legge di bilancio, intervenga immediatamente, anche perché si tratta di una norma incostituzionale che lede il primo comma dell'articola 24 per cui "Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi".

I diritti soccombono all'efficienza?

L'obiettivo di questa misura non è l'efficienza. Si tratta di una modifica ideologica per far sì che il più possibile non venga resa giustizia e per chiudere i processi prima ancora di iniziarli, attraverso tutti i cavilli possibili e immaginabili. Questo nulla ha a che fare con l'efficienza.

La riforma del civile punta a ridurre del 40% la durata dei processi. Forse si vuole evitare di ingolfare ulteriormente la macchina.

L'Europa non ci chiede di non fare i processi, ci chiede di farli in fretta. Con l'introduzione di questa modifica normativa, invece, non avremmo una giustizia che dà risposte rapide, certe, possibilmente molto ravvicinate. Avremmo una negazione della giustizia stessa. Con questa norma, se non viene fatta l'iscrizione a ruolo, occorre rifare tutto dall'inizio: non si abbrevia nulla, si rende invece tutto più complicato, perché l'obiettivo è quello di creare un percorso ad ostacoli dinanzi alla legittima domanda di giustizia. 


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